A 31 anni: 1918 |
Il
2 febbraio 1918 una sorella di Nina Campanile cadde malata.
Lamentandosi di dolori
al fegato diventò comatosa. Il medico che la esaminò disse che il
fegato era molto danneggiato e c’erano anche gravi
lesioni interne.
Il medico disse che il caso era
senza speranza. Non c’era nient’altro da fare che aspettare la morte.
Nina corse da Padre Pio. Egli le
disse di non preoccuparsi e che la sorella sarebbe guarita in breve
tempo.
Quella sera la sorella ancora non
rispondeva a nessun stimolo. Nella stanza con la malata, insieme a Nina
c’era anche un’amica.
All’improvviso l’amica disse “Padre
Pio è qui.”. Nina non sapeva niente di bilocazione, ed era perplessa.
Dopo dieci minuti l’amica disse che Padre Pio se ne stava andando.
Nina guardò l’orologio: erano le 8
di sera. Il mattino dopo Nina andò da Padre Pio e gli chiese: “A che ora
siete venuto a casa mia ieri sera?” Padre Pio: “Era intorno alle 8.”
Intanto la sorella era
guarita. (Ruffin, Padre Pio, 144-5)
Nina Campanile
Padre Pio
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Ti mandiamo a morire
a casa: 16 marzo 1918, congedo definitivo
Il 5 marzo 1918,
Padre Pio, finita la licenza di quattro mesi, si ripresentò all’Ospedale
militare di Napoli. Colto da febbre, fu ricoverato nella Prima Clinica
Medica. La febbre arrivava fino a 48 gradi. Sottoposto a visita
collegiale, il collegio medico, visto anche l’esito dell’esame
dell’espettorato, fece diagnosi di tisi. Gli diedero non più di 15
giorni di vita, e, brutalmente, gli dissero: «Ti rimandiamo a morire a
casa».
Il 16 marzo venne esonerato, riformato per broncoalveolite doppia.
Lo stesso giorno scrisse a padre Agostino: «Sono lietissimo della grazia
divina che Gesù mi ha accordata col liberarmi dalla milizia
completamente. Io partirò questa sera stessa e mi preme di arrivare
presto, perché sono pieno di insetti fino ai capelli».
(Epistolario I,
1006)
Si recò prima a
Pietrelcina, dove, pieno di parassiti, poté finalmente liberarsene.
Dopo due giorni, tornò a San Giovanni Rotondo.
L'Ospedale Militare della Trinità in
Napoli ai tempi di Padre Pio
Prima Clinica Medica dell'Università
di Napoli
Sintesi del servizio militare di Padre Pio:
Francesco Forgione, classe 1887, matricola 12094, chiamato alle armi per
mobilitazione del 22 maggio 1915, giunge al distretto militare di
Benevento il 6 novembre 1915.
Il 6 dicembre 1915 è assegnato alla 10a compagnia di Sanità in Napoli,
nell'ospedale militare principale della Trinità.
Il 18 dicembre 1915 è inviato in licenza straordinaria di convalescenza
per un anno.
Il 18 dicembre 1916 rientra nel Corpo.
Il 30 dicembre 1916 riceve una seconda licenza straordinaria di
convalescenza di sei mesi, fino al 30 giugno 1917.
Il 5 novembre 1917 riceve una terza licenza di convalescenza di quattro
mesi, sino al 5 marzo 1918.
Il 16 marzo 1918 è riformato in seguito a rassegna per bronco-alveolite
doppia, dall'ospedale militare di Napoli, con la dichiarazione di aver
avuto buona condotta e di aver servito con fedeltà e onore.
(Fernando da Riese, Crocifiaao, pag. 118-9)
Padre Pio vestito da militare ultimo a destra
nella foto, nel cerchietto.
Fine del servizio militare: 15 marzo 1918
Il servizio militare di Padre Pio, specie quello svolto indossando la
divisa militare, fu breve. Trattasi però di una dolorosa esperienza che
ci mostra un uomo come tanti altri, avendo fatto di tutto per evitare il
fronte.
I periodi di servizio militare da lui prestati comprendono un
totale di 147 giorni:
dal 6 novembre al 18 dicembre 1915,
dal 18 dicembre 1916 al 2 gennaio 1917,
dal 19 agosto al 5 novembre 1917 e
dal
6 marzo al 15 marzo 1918.
Se non vengono contati i 43 giorni del primo
periodo, durante il quale Padre Pio normalmente alloggiava presso una
pensione senza mai indossare la divisa militare, rimangono 104 giorni.
Padre Pio, parlando del suo servizio militare, scherzosamente diceva :
«I miei cento giorni».
(Luigi Peroni, Padre Pio, nota 1 di p. 182) (Il
dr. Emanuele Giannuzzo, nel sesto capitolo del suo libro "Padre Pio", ha
fatto la minuziosa appassionata ricerca di tutto il materiale riguardo
al servizio militare di Padre Pio. Pagg. 90-121) |
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Foglio Matricolare di Francesco Forgione divenuto Padre Pio,
incorniciato e consegnato nelle mani di Padre Marciano Morra, dei
Frati Cappuccini di San Giovanni Rotondo il 22 febbraio 2012 dal
colonnello Luciano Iannetta, Comandante dell' ex Distretto militare di
Caserta. |
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San Marco la Catola aprile - maggio1918
Padre Pio uscì ancora una volta da San Giovanni Rotondo, e fu questa
l’ultima volta.
A metà di aprile, si doveva riunire il definitorio
provinciale a San Marco la Catola, dove padre Benedetto aveva dislocato
la sede della Curia.
In quella occasione, padre Benedetto, con lettera
datata 8 aprile 1918, lo aveva invitato a venire, desiderando avere con
lui un colloquio a quattr’occhi. Nella lettera fra l’altro era scritto:
«Checché dica e faccia il tentatore, Dio va attuando in te il suo
mirabile fine, che è di completare la tua piena trasfigurazione in Lui.
Non credere ai sussurri e alle ombre avverse del nemico e tieni ferma la
verità contenuta in questa dichiarazione che fò in piena autorità e
sicurezza di coscienza».
(Epistolario I, 1018)
Il chiostro del convento di San Marco La Catola
Padre Agostino
Padre Benedetto
Si rompe l'autobus il 16 maggio 1918
Padre Pio ubbidì e si recò a San Marco la Catola, dove incontrò anche padre Agostino, cappellano militare che,
nella circostanza, ottenne una breve licenza.
Padre Pio si trattenne a
San Marco la Catola un mese e rientrò a San Giovanni Rotondo la notte
tra il 15 e il 16 maggio.
Durante il viaggio di ritorno, a metà strada
tra Foggia e San Giovanni Rotondo, si ruppe una ruota della corriera e il
Padre, con tutti gli altri passeggeri, fu costretto a trascorrere la
notte in una baracca, in aperta campagna.
Non mancò di scrivere a padre
Benedetto per informarlo dell’incidente d’auto: «Mio dovere era di
scrivervi e ringraziarvi di tutto appena fui qui di ritorno e se nol
feci fu perché rimasi scosso pel doloroso incidente avvenutomi lungo il
viaggio da Foggia a qui. A metà strada si guastò l’automobile e per
l’impressione provata in sul momento e per il pernottare di tutta
l’intera notte in aperta campagna, rimase così alterato il sistema
nervoso, che appena adesso comincia a sistemarsi».
(Epistolario I, 1025)
Questo fu l’ultimo
viaggio di Padre Pio, poiché, arrivato a San Giovanni Rotondo, vi rimase
definitivamente fino al giorno della sua morte.
Notte dell'anima: 30 maggio 1918
Il 30 maggio 1918 era la festa del Corpus Domini. Durante la messa che
stava celebrando nella chiesetta di Santa Maria delle Grazie, propose a
Dio l'offerta di se stesso. Subito il suo spirito venne a trovarsi in
una situazione di estrema desolazione, che egli stesso descrisse in può
lettere ai padri spirituali e alle figlie spirituali, come per esempio
in quella scritta il
27 luglio 1918, a Padre Benedetto : "All'offertorio della santa messa mi
sentii tutto scuotere, fui ripieno di estremo terrore, e poi subentrò una calma
completa da me non mai sperimentata per l'addietro. Durante questo avvenimento
ebbi tempo di offrirmi tutto intero al Signore per lo stesso fine che aveva il
Santo Padre nel raccomandare alla Chiesa intera l'offerta delle preghiere e sacrifizi. E non appena ebbi finito di
ciò fare mi sentii piombare in questa sì dura prigione che mi si rinchiuse dietro. Mi sentii stretto da durissimi
ceppi, e mi sentii subito venire meno alla vita. Da quel momento mi sento
nell'inferno, senza alcuna sosta nemmeno per un istante. (Epistolario I, 1053-4) |
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Transverberazione il 5 agosto 1918.
Secondo gli studiosi di mistica, Padre Pio il 5 agosto 1918 ebbe la «transverberazione
dell’anima con ferita fisica al costato». Padre Agostino, nel suo Diario,
parla di una profonda lacerazione fisica: «Il 6 agosto 1918 gli apparve
Gesù sotto la figura d’un Personaggio celeste, armato di lancia, con cui
gli trapassò il cuore. Egli fisicamente sentì il cuore squarciarsi e
fece sangue che si riversò per il corpo, uscendo parte per la bocca,
parte di sotto» (Agostino, Diario, pp. 47-48)
Transverberazione di Padre Pio, la sera del cinque agosto 1918
Padre Pio di suo pugno il 21 agosto
1918
Il 21 agosto 1918 Padre Pio narra l'episodio sotto obbedienza in una
lettera a Padre Benedetto:
«In forza di questa [obbedienza] mi induco a manifestarvi
ciò che avvenne in me dal giorno cinque a sera a tutto il sei del corrente mese.
Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo di superlativo martirio.
Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del cinque, quando tutto di un
tratto fui riempito di un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste
che mi si presenta dinanzi all’occhio della intelligenza. Teneva in mano una
specie di arnese, simile a una lunghissima lamina di ferro con una punta bene
affilata, e che sembrava da essa punta che uscisse fuoco.
Vedere tutto questo ed
osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza il suddetto arnese
nell’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire.
Dissi al ragazzo che si fosse ritirato, perché mi sentivo male e non sentivo più
la forza di continuare. Questo martirio durò, senza interruzione, fino al
mattino del giorno sette.
Cosa io soffrii in questo periodo sì luttuoso io non
so dirlo. Persino le viscere vedevo che venivano strappate e stiracchiate dietro
di quell’arnese, ed il tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte.
Sento nel più intimo dell’anima una ferita che è
sempre aperta, che mi fa spasimare assiduamente».
E conclude con un
angoscioso
interrogativo: «Non l’è questa una nuova punizione inflittami dalla giustizia
divina?» (Epistolario I, 1065-6)
Il ragazzo testimone
Padre Federico Carrozza da Macchia Valfortore, egli stesso frate
cappuccino, rivelo' anni dopo che egli era lo studente che
assistette alla trasfigurazione di Padre Pio. Egli non lo disse
prima per evitare di essere un centro di attenzione. A quel
tempo egli era studente nel collegetto. |
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Padre Federico Carrozza
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San Francesco d'Assisi ricevette le stimmate il
17 settembre 1224
Pietro Lorenzetti, San Francesco riceve le
Stimmate da un Serafino
5-17 settembre1918: Padre Pio a letto con
l'influenza "spagnola"
A San Giovanni Rotondo, nei due mesi di
settembre e ottobre 1919 circa duecento persone furono le vittime della
spagnola. Padre Pio stette malato a letto dal 5 al 17 settembre
1918.(Fernando, Crocifisso, 133)
Il 17 ottobre 1918 Padre Pio scrive a Padre
Benedetto: "...sono a voi di ritorno dopo un lunghissimo silenzio...
sono stato anche a letto con febbri spagnore, e che anhe qui fa strage
di morti:" (Epistolario I, 1089)
Padre Benedetto rispose il 19 ottobre 1918: "...
ache tu dunque con la infezione? qui in convento dodici colpiti quasi
simultaneamente, ma, grazie a Dio, tutti guariti... " (Epistolario, I,
1091)
Stimmatizzazione: il 20 settembre 1918
Il 20 settembre 1918, tra le 9 e la 10 del mattino, Padre
Pio ricevette il supremo sigillo della VITTIMA PERFETTA, e si congiunse
permanentemente alla Passione di Cristo sulla Croce ricevendo le stimmate.
Padre Pio di suo pugno
Padre Pio, per santa obbedienza, dovette raccontare tutto
a padre Benedetto, scrivendogli il 22 ottobre:
«Cosa dirvi a riguardo di ciò
che mi dimandate del come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio, che
confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che Tu hai
operato in questa tua meschina creatura!
Era la mattina del 20 dello scorso mese
in coro, dopo la celebrazione della Santa Messa, allorché venni sorpreso dal
riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, nonché le
stesse facoltà dell’anima, si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto
questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito
una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella
stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno.
E mentre tutto questo si
andava operando, mi vidi dinanzi un misterioso personaggio, simile a quello
visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente: che aveva le
mani ed i piedi ed il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrisce;
ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e
sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale
me lo sentivo sbalzare dal petto.
La vista del personaggio si ritira ed io mi
avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate
lo strazio che esperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi
tutti i giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal
giovedì a sera sino al sabato.
Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e
per la confusione susseguente che io provo nell’intimo dell’anima.
Temo di
morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e
col ritirare da me questa operazione.
Mi farà questa grazia Gesù che è tanto
buono? Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi
segni esterni?
Innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dal
scongiurarlo affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non il
dolore, perché lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare di dolore,
ma questi segni esterni che mi sono di una confusione e di una umiliazione
indescrivibile ed insostenibile.
Il personaggio di cui intendevo parlare
nell’altra mia precedente non è altro che quello stesso di cui vi parlai in
un’altra mia, visto il 5 agosto. Egli segue la sua operazione senza posa, con
superlativo strazio dell’anima.
Io sento nell’interno un continuo rumoreggiare,
simile ad una cascata, che gitta sempre sangue». (Epistolario I, 1093-4)
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Il crocifisso della
stimmatizzazione, al centro del coro
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Il Crocifisso del coro ha quattro chiodi,
uno per ogni mano e piede
Il saio di Padre Pio quando ricevette le stimmate e' stato
conservato
Il posto nel coro dove Padre Pio ricevette le stimmate. Seconda
schiera di stalli, posto vicino alla finestra.
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Confida a don Peppino
A don Giuseppe Orlando, suo amico di Pietrelcina, poco dopo il fatto, su sua
richiesta, spiegò quanto era accaduto il 20
settembre:
“Ero nel coro,
a farmi il ringraziamento della messa, e mi sentii piano piano elevarmi
ad una soavità sempre crescente che mi faceva godere nel pregare, anzi
più pregavo e più questo godimento aumentava. Ad un tratto una grande
luce colpì i miei occhi ed in mezzo a tanta luce mi apparve il Cristo
Piagato. Nulla mi disse, scomparve.
Quando me ne resi conto ero per terra,
piagato. Le mani, i piedi e il costato sanguinavano e doloravano da
farmi perdere ogni forza per alzarmi.
Carponi mi trascinai dal coro alla cella,
attraversando tutto il lungo corridoio.
I padri erano tutti fuori dal convento, mi misi a letto e
pregai per
rivedere Gesù, ma poi rientrai in me stesso, rimirai le
piaghe e
piansi, sciogliendo inni di ringraziamento e di preghiere”.
(Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, crocifisso senza croce, pag.
135-6)
Nessuno era presente, Padre Pio non disse nulla a nessuno
Quel 20 settembre era venerdì. Tutto si svolse
dalle ore 9 alle 10. Quella mattina il convento era più deserto del
solito, addirittuta svuotato. Il superiore Padre Paolino da Casacalenda
era a San Marco in Lamis, fra Nicola da Roccabascerana, il cercatore,
era in giro con le bisacce. Restava solo Padre Pio.
(Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina,
crocifisso senza croce, pag. 133-4)
Non disse nulla a nessuno
In quel giorno e nei giorni seguenti Padre Pio
si comportò come se le stimmate le avesse sempre avute o non le avesse
mai ricevute. ... Non disse niente al superiore, non comunicò nulla al
suo direttore e ministro provinciale, nè al suo confidente Padre
Agostino, ancora in servizio militare a Palazzolo sull'Oglio, nel
bresciano.... Era convinto che le piaghe sarebbero scomparse entro
poco tempo, in seguito alle sue preghiere. Egli disse a Nina
Campanile: "Pregherò tanto il Signore, che farà scomparire ogni cosa."
(Mischitelli,
219-20)
20 settembre 1918. Filomena Ventrella fu la
prima a vedere le mani, lo stesso giorno.
Vittoria Ventrella testimoniò: «Il 20 settembre 1918 mia sorella
Filomena si recò al convento e fu la prima ad accorgersi che il Padre
aveva ricevuto le stimmate, perché scorse nelle di Lui mani i segni
rossi simili a quelli che vediamo nelle statue del Cuore di Gesù. Venne
a casa a darci la lieta notizia.
Nei giorni seguenti ci recammo dal
Padre, Egli cercava di nascondere le sue piaghe e ci disse: "Guai a voi
se lo dite a qualcuno.» (Padre Gerardo di Flumeri, Le stigmate di Padre
Pio, pag. 141-2)
Vittoria Ventrella
21 settembre 1918: Nina Campanile vide le
stimmate delle mani, il giorno dopo
Nina Campanile scrisse
nel suo manoscritto: "Memoria su Padre Pio": Il 18 ero stata al
convento, avevo parlato col Padre, gli avevo baciato la mano, appena
arrivata e nel licenziarmi, ma nessun segno vi era sulle sue mani.
Vi ritornai il 21 settembre 1918, sabato al pomeriggio. Forse il Padre mi
attendeva , perchè appena mi vide, mi rivolse un dolce rimprovero: "Sei
assente da tre giorni, ed io aspettavo una Maria, che venisse a portarmi
una parola di conforto!" Feci le mie scuse. ....
Intanto nel consegnare l’offerta per la Messa, vidi sul dorso della mano destra
del Padre, nel centro, una stimmata. A me parve come una scottatura.
Compresi subito, ma feci finta di non comprendere, ed esclamai: “Oh,
Padre! Vi siete scottata la mano!”. Egli allibì, e si nascose le mani
dietro la schiena. ...Nel congedarci, cercai di baciargli la mano proprio
sulla stimmata, ma il Padre addolorato esclamò: “Se sapessi che
umiliazione mi dai!” (Padre Gerardo di Flumeri, Le stigmate di Padre Pio,
pag. 139-41)
Nina Campanile
21 settembre 1918: gli studenti del collegio
serafico vedono le stimmate delle mani
Padre Emilio da Matrice, nel 1918 era uno
studente al collegio serafico del convento, quando Padre Pio ricevette
le stimmate. Ecco la sua testimonianza:
"La mattina del 21 settembre
1918 appena ci avvicinammo al caro Padre Pio, ci accorgemmo che aveva una piaga
nella palma delle mani, che camminava con una certa difficoltà, e che
aveva il viso rosso oltre il solito.
Cominciammo a indagare il perchè
di tutto questo, ma solo dal Padre Paolino sapemmo qualche giorno dopo che Padre Pio aveva
ricevuto le stimmate dal Crocifisso del Coro.
Padre Pio, per quanto non
parlasse delle sue piaghe, qualche giorno dopo ci permise di baciare con
riverenza le
palme delle sue mani piagate.
Noi collegiali stemmo
zitti... ma il fatto delle stimmate ricevute divenne rapidamente di
dominio pubblico." (Padre Gerardo, Le stigmate, 78-9)
Padre Emilio da Matrice
Settembre 1918: il superiore del convento,
P. Paolino lo seppe più di una settimana dopo
Padre Paolino da Casacalenda, superiore del convento
di Padre Pio testimoniò:
"Erano passati forse otto o dieci giorni (a quanto
ricordo)
Nina Campanile mi disse
sorridendo e piena di intima soddisfazione: “Padre Paolino, sa che
Padre Pio ha ricevuto le stigmate?”.
A queste parole io mi misi a
ridere forte perché non credevo che ciò fosse
avvenuto. Pensavo fra me: “È mai possibile che Padre Pio abbia ricevuto
le stigmate senza che io, che sto sempre con lui, non me ne sia accorto?”
Il giorno dopo entrai nella stanza di Padre Pio senza bussare. Stava
scrivendo, e gli dissi di continuare a scrivere. Potei vedere prima la piaga nel
dorso e nella palma della mano destra, poi quella nel dorso della
sinistra."
«Il giorno stesso scrissi una lettera al M. R. P. Benedetto, nostro
Provinciale a S. Marco la Catola, informandolo di quello che era
accaduto e invitandolo a recarsi al più presto a San Giovanni Rotondo.
Con mia grande meraviglia e con non
minore disappunto il padre Benedetto non venne. Mi scrisse una lettera
in cui pareva non dare tanta importanza a quello che era avvenuto; solo
raccomandava di mantenere sopra di esso il più grande silenzio."
(Pronzato,
Mistero doloroso, 91-4)
Padre Paolino da Casacalenda
25 settembre 1928: muore Felicita, la sorella
prediletta di Padre Pio.
Il 25 settembre 1918, cioè cinque giorni dopo
l’impressione delle stigmate visibili, morì Felicita, la sorella che
Padre Pio prediligeva. Aveva 29 anni ed era sposata da otto. Era stata
una ragazza molto dolce e serena e Padre Pio aveva sempre nutrito per
lei un affetto speciale. Ricordava spesso che, da ragazzino, amava
scherzare con Felicita. Quando lei si lavava i capelli, usando un catino,
la sorprendeva arrivandole dietro le spalle e le pigiava la testa
nell’acqua. «Tanti dispettuci le facevo», ricordava il Padre, «e lei mai
una volta mi rispose male». Parlando a volte, da anziano, con il nipote
Ettore, figlio di Felicita, Padre Pio gli diceva: «La tua mamma era la
migliore, quella che superava tutti in casa per bontà e bellezza. Una
santa. Non ho mai veduto tua madre inquieta. Anche con tutti i guai che
le sono capitati, lei era sempre sorridente».
(Roberto Allegri, Padre Pio santo. La vita e i miracoli, 2002)
Padre Pio chiese a P. Benedetto di pregare che le stimmate
fossero tolte
Nella lettera a Padre Benedetto il 17 ottobre
1918 Padre Pio
chiese nuovamente di pregare perchè le stimmate fossero tolte:
"Deh, padre mio,
venite in mio aiuto, per carità! Tutto il mio interno piove sangue e più volte
l’occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere anche al di fuori.
Deh! cessi da me questo strazio, questa condanna, questa umiliazione,
questa confusione! Non mi regge l’animo a potere e a saper resistere."
(Epistolario
I, 1090-1)
E Padre Benedetto aveva risposto il 19 ottobre 1918,
ordinandogli: "Figliuolo mio, dimmi tutto e chiaramente. Qual' è l'operazione
del personaggio? Di dove scorre il sangue? E quante volte al giorno? Per carita'
e ubbidienza non mi nascondere nulla." (Epistolario I, 1091-2)
Padre Benedetto
Ancora notte dell'anima in una solitudine
angosciosa.
Il 20 dicembre1918 Padre Pio scriveva a P. Benedetto:
"...Le fitte tenebre mi coinvolgono tutto... Dove mi trovo? Cosa avviene
in me? Dove Dio potrò trovarlo? Il mio Dio dov'è?...
Da più giorni
avverto in me una cosa simile ad una lamina di ferro che dalla parte
bassa del cuore si estende sino a sotto la spalla destra in linea
trasversale. Mi causa dolore acerbissimo e non mi lascia prendere un pò
di riposo.
Questo fenomeno nuovo incominciai ad avvertirlo dietro
un'altra apparizione di quel solito misterioso personaggio del cinque e
sei agosto e del 20 ottobre.
" (Epistolario I, 1105-6)
Mons. Raffaello Rossi, vescovo di Volterra e
Inquisitore del Sant'Ufficio domanda a Padre Pio il il 15 giugno 1921
alle ore 17: "Che narri partitamente circa le cosiddette stimmate."
Padre Pio risponde sotto giuramento: "Il 20 settembre 1918 dopo la
celebrazione della Messa trattenendomi a fare il dovuto ringraziamento
nel Coro tutt'ad un tratto fui preso da un forte tremore, poi subentrò
la calma e vidi Nostro Signore in atteggiamento di chi sta in croce, ma
non mi ha colpito se avesse la Croce, lamentandosi della mala
corrispondenza degli uomini, specie di coloro consacrati a Lui e più da
lui favoriti. Di qui si manifestava che lui soffriva e che desiderava di
associare delle anime alla sua Passione. M'invitava a compenetrarmi dei
suoi dolori e a meditarli: nello stesso tempo occuparmi per la salute
dei fratelli. In seguito a questo mi sentii pieno di compassione per i
dolori del Signore e chiedevo a lui che cosa potevo fare. Udii questa
voce: "Ti associo alla mia Passione." E in seguito a questo, scomparsa
la visione sono entrato in me, mi sono
dato ragione, e ho visto questi segni qui, dai quali gocciolava il
sangue. Prima nulla avevo." Interrogatore: "Se e come altri se ne
accorsero, e quando. Risposta: "Nessuno mi fece domanda diretta., furchè
ilDirettore, P. Benedetto da S. Marco in Lamis. Non era quì, forse lo
seooe, mi scrisse e in seguito fu qui." Interrog.: "Che cosa abbia fatto
a questa "piaghe", da quando sono apparse." Risposta: "Ho cercato di
mettere i guanti. Da principio per fermare il sangue usai di tanto in
tanto della tintura d'iodio, ma un medico mi disse che non lo usassi più
perchè poteva irritare maggiormente. Mi fecero usare un poco di
vasellina quando le piaghe si scrostavano;la usai diverse volte, ma da
tempo non la uso più. Saranno quasi due anni che non oso più nulla."
(Francesco Castelli, Padre Pio
sotto inchiesta “L’autobiografia segreta”, Editrice Ares, Milano, 2008,
pag. 220)
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La narrazione continua nel 1919, a 32 anni |
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A 32 anni: 1919 |
Vita con le stigmate
Padre Pio stigmatizzato aveva un
comportamento naturale in convento e in chiesa, come se le stigmate
ricevute fossero un problema personale e riservato.
Non interruppe
nessuno dei servizi che svolgeva in convento e non modificò in nulla
orari, atti comunitari, e rapporti con la gente.
Il padre guardiano del tempo, Padre Paolino
così scrisse: "In convento, dopo la stigmatizzazione del Padre, si
viveva la stessa vita di silenzio, di preghiera e di lavoro come prima,
e non già quella che si visse dopo."
(Mischitelli, Padre Pio, 240) |
Il 3 marzo 1919, giorno delle ceneri,
dopo aver finalmente visitato Padre Pio e viste le stimmate, Padre Benedetto scrive a Padre Agostino,
riguardo alla stimmate di Padre Pio:
«In lui non sono macchie o impronte, ma vere piaghe perforanti le mani e i
piedi.
Io poi gli osservai quella del costato: un vero squarcio che dà
continuamente o sangue o sanguigno umore. Il venerdì è sangue.
Lo trovai
che si reggeva a stento in piedi; ma lo lasciai che poteva celebrare e
quando dice Messa il dono è esposto al pubblico, dovendo tenere le mani
alzate e nude.» (Padre Agostino da San Marco in Lamis, Diario, Edizioni
Padre Pio, 2012, pag. 341-2) (Le stimmate, 63)
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Il 9 marzo del 1919, nove dei fratini del
collegio serafico chiesero a Padre Pio, che era il loro assistente di
poter scalare un tratto della montagna difronte al piazzale. I ragazzi
ottenuto il permesso cominciarono a salire, e presi dall'euforia
arrivarono in cima e si occultarono alla vista del povero Padre Pio.
Il superiore cercò di consolare Padre Pio che appariva desolato. I ragazzi
si erano persi, e dopo aver camminato l'intera notte e gran parte del
giorno seguente, affamati e stanchi raggiunsero Vico del Gargano, dove
furono soccorsi nel locale convento.
Padre Pio fu scosso terribilmente e
lo scrisse anche al P. Benedetto : "Solo Dio sa quanto ho pianto e
quanto ho sofferto!" (Epistolario I, 1130-1131) (Mischitelli, 240-1)
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"Mi hanno rubato il breviario. Come debbo
fare?" Così scrisse Padre Pio a Padre Benedetto il 29 aprile 1919. (Epist
I, 1139)
Padre Benedetto scrisse sulla busta di una lettera inviata a Padre Pio
il 31 dicembre 1920: "Monsignor Santopaolo ti ha preparato un breviario
in quattro volumi, legato in pelle e del prezzo complessivo di 180
lire." (Epist. I, 1195) (Somma notevole in euro di oggi)
Il 9 gennaio 1921 Padre Pio rispose alla lettera di Padre Benedetto: "La
mia gratitudine e riconoscenza per monsignor Santopaolo sarà perennee
sempre più crescente dinanzi a nostro Signore." (Epist. I, 1204)
In una lettera del 28 gennaio 1921, sempre a Padre Benedetto, Padre Pio
scrive: "All'indirizzo del Padre Ignazio è pervenuto un breviario in
quattro con un diurno, l'uno e l'altro legato in pelle. Io suppongo che
sia stato mandato da monsignor Santopaolo. Se è così, fatemi la carità
di rendergli i miei vivissimi ringraziamenti." (Epist. I, 1208) |
|
Aprile 1919: I
genitori erano preoccupati perchè Padre Pio "aveva le piaghe per tutto
il corpo." L’evento delle stimmate fu un fatto che i suoi parenti non riuscirono
a capire, almeno in un primo momento. Michele, fratello maggiore di
Padre Pio, si ritrovava in quel tempo in America per lavoro. Venne
informato dalla moglie. «Tuo fratello ha le piaghe per il corpo», gli
scrisse. E Michele, credendo che si trattasse di una malattia, affrettò
il suo ritorno a casa.
Maria Pompilio, figlia spirituale di Padre Pio, raccontò che un
giorno dell’aprile 1919, mentre scendeva dal convento verso il paese in
compagnia di un’amica, incontrò tre persone che invece vi stavano
salendo. Queste persone chiesero alle due ragazze se conoscevano Padre
Pio. «Sì», rispose Maria Pompilio, «lo abbiamo lasciato proprio ora». «Sicché
non è malato», dissero i forestieri. E aggiunsero: «Noi siamo la sua
famiglia: padre, madre e cognata, e siamo venuti per vederlo perché ci
hanno detto che è tutto pieno di piaghe». Le ragazze accompagnarono
allora i visitatori al convento. (Roberto Allegri, Padre Pio santo. La
vita e i miracoli, 2002)
|
Il 9 maggio 1919 uscì per la prima volta il
nome di Padre Pio su un giornale. Si trattava del "Giornale d'Italia" ,
che faceva un brevissimo resocontosulla figura di Padre Pio.
(Mischitelli,
245-6) |
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15 maggio 1919 dr. Romanelli |
Padre Benedetto cercava di individuare un
medico, stimato e qualificato scientificamente, per sottoporre Padre Pio
ad un'accurata visita, che desse una risposta sull'origine e sullo stato
di quelle ferite. Egli scelse il prof. Luigi Romanelli, da lui ben
conosciuto da diversi anni, primario dell'ospedale civile di Barletta.
Il dr. Romanelli visitò Padre Pio la sera del 15 e la mattina del 16
maggio 1919. Egli fece una accurata relazione delle cinque stimmate e
concluse:
«È da escludersi che la etiologia delle lesioni di Padre
Pio sia di origine naturale. L’agente produttore deve ricercarsi senza
tema di errore nel soprannaturale e il fatto costituisce per se stesso
un fenomeno non spiegabile con la sola scienza umana».
(Mischitelli,
246)
|
Il 3 giugno 1919 Padre Pio scrive a Padre
Benedetto: "Non ho un minuto libero. Tutto il tempo è spesonel
prosciogliere i fratelli dai lacci di satana." (Epist. I, 1145) |
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Il 3 giugno su "Il Tempo" e il 7 giugno
1919 su "La Nazione della sera" usci un articolo identico del
giornalista A. F. (Adelchi Fabrocini) di San Giovanni Rotondo, dal
titolo "La vita misteriosa. I miracoli di un frate cappuccino". |
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Il 7 giugno 1919 il prefetto di Foggia ricevette
un ricorso da parte del dr. Ortensio Lecce di San Giovanni Rotondo, in
cui si chiedeva di indagare su tutta la storia di Padre Pio e del
convento. Il prefetto trasmise il ricorso alle autorità del ministero
degli interni |
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13 giugno 1919:
Padre Pio cammina
sulle spalle della gente
La sacrestia era sopraffollata. P. Paolino verso le 11:30 a colpi
di gomitate riuscì a entrare in sacrestia per chiamare Padre Pio che
doveva celebrare la messa alle ore 12:00.
Ma Padre Pio non era più in
quel posto, bensì in un angolo del corridoio che porta fuori.
Giorni dopo
finalmente Padre Pio rispose alle domande dei confratelli:
"Sicome non
potevo resistere al gran caldo.... vedendo che c'era tanta ressa di
gente... che mi rendeva impossibile il passaggio... presi coraggio e
scesi sulle spalle degli uomini e così camminando sulle loro spalle
giunsi alla porta." Questo fatto Padre Pio lo ripetè anche ad altri.
(Mischitelli,
292)
Mons. Raffaello Rossi, inquisitore,
chiese nel 1921 a Padre Pio: “E’ vero quello che dicono
che un giorno, confessando in sagrestia, ed essendoci grande affluenza
di popolo, uscì dal confessionale passando sopra la testa di tutti?”
Padre Pio: “Il fatto sta così. Confessavo in sagrestia sovra un rialto;
la sagrestia era gremita di uomini; era caldo; ci soffocavano; gridavano
e schiamazzavano chiedendo aiuto. Io vidi che la cosa migliore era andar
via, perchè andato via il confessore anche loro sarebbero usciti; finii
per confessare il primo che si trovava lì; io ricordo,
questa certezza mi pare che ce l’ho, non potevo scendere perchè gli
scalini erano occupati: ho dovuto per forza passare su quegli uomini,
almeno sui primi e mi son trovato fuori e allora mi son rivolto per
farli sfollare.” (Francesco Castelli, Padre Pio sotto inchiesta
“L’autobiografia segreta”, Editrice Ares, Milano, 2008, pag. 239)(Mischitelli,
291-2)
Le folle
Nel 1919, col diffondersi delle notizie intorno a Padre Pio, la gente accorreva da
ogni parte, sempre più numerosa. Lungo il sentiero che portava al
convento si formavano lunghe file di persone, di ogni condizione sociale,
servendosi di carri e muli, unici mezzi utilizzabili per quel percorso.
Padre Paolino, nelle sue Memorie, scrisse che gli uomini, pur di
confessarsi da Padre Pio, aspettavano fino a 10-15 giorni «dormendo
sulla nuda terra nei campi», 10 (Giannuzzi, San Pio, 163)
Gradatamente andava sempre più diffondendosi la conoscenza dei doni
carismatici di Padre Pio. Specialmente il dono della scrutazione delle
coscienze era un potere dagli effetti travolgenti. Padre Pio poteva
penetrare nella profondità dell’animo altrui leggendovi ciò che era noto
solo alle singole coscienze. Poteva anche leggere i peccati del
penitente prima ancora che egli parlasse. Ma era un carisma questo che
causava a Padre Pio una pena acuta e nel contempo spingeva il Padre a
provocare e stimolare il peccatore a convertirsi. (Giannuzzi, San Pio,
170)
Gente in attesa di ricevere la benedizione da Padre Pio
Abito di Padre Pio con pezzi tagliati dal bordo inferiore
Un'immaginetta con una fotografia di Padre Pio fatta il 24 giugno 1919
"PADRE PIO DA PIETRALCINA.
Fotografia eseguita durante la celebrazione
della Messa nella Chiesa del CONVENTO DEI CAPPUCCINI il giorno 4 giugno
1919. S. GIOVANNI ROTONDO"
Un'altra immaginetta di Padre Pio con fotografia fatta il 27 giugno 1919
"Vera Effigie del Santo Padre Pio Cappuccino da Pietrelcina.
Istantanea del 27 giugno 1919. San Giovanni Rotondo (Foggia) Convento
dei Cappuccini"
|
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Il 14 giugno 1919 così scrive Padre Pio a Padre Agostino: "Pregate il
padre provinciale che mandi molti lavoratori nella vigna del Signore,
perchè è una vera crudeltà e tirannia mandare vi centinaia ed anche
migliaia di anime al giorno che vengono da lontani paesi a solo scopo di
lavarsi dei loro peccati, senza averlo potuto ottenere per mancanza di
sacerdoti confessori. " (Epist. I, 1147) |
20-21 giugno 1919: Il Mattino di Napoli |
Sul Mattino di Napoli del 20-21 giugno
1919 uscì il primo servizio serio e completo su Padre
Pio. Il giornale andò a
ruba e, lo stesso giorno, uscirono altre due edizioni con qualche lieve
ritocco.
Autore del servizio era un inviato speciale, Renato Trevisani.
Il giornale riportava un editoriale dal titolo ”Il fenomeno” cui seguiva
un’ampia cronaca. Il tutto impaginato sotto un titolo a caratteri
cubitali, certamente non gradito né alla comunità del convento né
all’autorità ecclesiastica: «Padre Pio, il “Santo” di San Giovanni
Rotondo, opera un miracolo sulla persona del cancelliere del paese.
Presente un inviato speciale del “Mattino”».
Trevisani scrisse di essersi recato a San Giovanni Rotondo scettico e di
avere poi cambiato opinione.
Raccontò fatti straordinari «incontestabilmente
veri e la loro autenticità mi è stata confermata da altri fatti simili
dei quali, come racconterò in seguito, sono stato diretto testimone
insieme con funzionari egregi che avevano, anteriormente, in materia,
quello stesso scetticismo del quale mi ero ben corazzato nel partire per
San Giovanni Rotondo».
Il superiore del convento, padre Paolino, si
rifiutò con ostinazione di accordargli ogni forma di colloquio privato
con Padre Pio, come pure di fornirgli qualsiasi notizia sul suo conto,
dichiarando: «Non posso, ho assoluto divieto da parte dei miei superiori...
Noi constatiamo quanto avviene, ma non ci è dato dire neppure ciò che è
nell’animo nostro».
Infine, riuscì a parlare con Padre Pio, al quale
però, nella circostanza, non era stato detto che era un giornalista.
Riferendosi a questo incontro, Trevisani racconta: «Dai suoi modi, dallo
stile dei suoi discorsi, si rileva che egli ama assai poco la réclame:
non ha caro che intorno alla sua persona si addensi la curiosità del
pubblico: è felice soltanto con le anime semplici che vanno a lui con
sincerità di fede, affrante da un dolore, racchiudenti nella divinità
ogni loro voto, ogni loro speranza».
Pasquale Di Chiara
Trevisani, fra i fatti di cronaca citati nel suo articolo sul Mattino,
ne raccontò uno di cui fu «testimone oculare». Riguarda Pasquale Di
Chiara, 36 anni, cancelliere della Pretura di San Giovanni Rotondo, che,
divenuto zoppo in seguito ad una caduta, camminava con un bastone. Quel
giorno si recò al convento con i suoi Superiori venuti da Lucera. Padre
Pio, vedendolo, gli disse: «Getta via il bastone». Di Chiara, sul
momento incerto, gettò il bastone appoggiandosi al muro. E Padre Pio: «Uomo
di poca fede, vattene e cammina». Di Chiara si mosse senza più bisogno
del bastone.
Antonio D'Onofrio
Trevisani raccontò anche la guarigione di un ragazzo, Antonio D’Onofrio,
che, all’età di 4 anni, era stato colpito dal tifo e poi da una forma di
rachitismo che lo trasformò in una specie di «mostriciattolo» con due
gobbe, una sul petto e una sulla schiena. A quattordici anni si recò da
Padre Pio. Questi lo confessò, gli accarezzò il corpo gibboso con le
mani piagate e il ragazzo andò via in posizione perfettamente eretta.
(Gennaro Preziuso,
The life of Padre Pio, Alba House New York, 2000, pag. 196)
Francesco Visco
Raccontò altre guarigioni, e fra queste quella di un mendicante storpio,
Francesco Viscio, detto «Santarello»: «È un mostro umano: ha un piede
equino e, a settantacinque anni, è dell’altezza di un ragazzo di cinque,
sei anni... È quasi totalmente idiota: scherza con i ragazzi e passa ore
intere gettato sulla via, anche su un mucchio di immondizie». Santarello,
per camminare, si serviva delle grucce.
Trevisani, proseguendo il
racconto di questo miracolo, scrisse che Padre Pio, rivolgendosi a
Santarello, gli disse per tre volte: «Alzati e cammina». E Santarello
sembrava «non aver capito niente della grazia ricevuta. Ride, senza
fermarsi mai, perché oggi può camminare diritto come i bambini con i
quali scherza, mentre per tutta la vita il suo mento aveva toccato
terra».
Altra versione
Francesco Viscio.
In un pomeriggio del lontano 1919, un mendicante, e per
di più storpio, si trovava davanti al convento dei Padri Cappuccini di
S. Giovanni Rotondo. Si chiamava Francesco (Giovanni, nel racconto di
Malatesta) Viscio ed era soprannominato «Santaredda» o “Santarello”.
Aveva 43 anni. Per una malattia contratta nei primi mesi di vita, era
rimasto coi piedi accartocciati, in modo che aveva bisogno delle grucce
per spostarsi da un posto all'altro, e quando queste gli fossero venute
a mancare, era costretto ad aiutarsi con le mani e camminare a carponi.
I monelli di S. Giovanni Rotondo ne approfittavano per divertirsi alle
sue spalle, allontanandogli le grucce e così costringendolo ad andare a
carponi. Egli s'inquietava molto ed inveiva contro di loro. Era
costretto ad andare ogni giorno al convento per ricevere qualcosa da
mangiare, che peraltro gli veniva sempre dato e in abbondanza, anche
quando i mendicanti erano aumentati, come quel pomeriggio del 1919.
Quel
giorno però Viscio, stanco di una vita così, vedendo passare accanto a
sé Padre Pio, gli disse: «Padre Pio, fammi la grazia!». Padre Pio si
fermò, lo guardò con attenzione e poi improvvisamente gli disse in
dialetto: «Jetta li picocc», che vuol dire «getta le grucce». Il
poveretto non capì e rimase perplesso. Allora Padre Pio gli gridò più
forte: «Jetta li picocc!». Allora Viscio, tra un sentimento
d'incredulità e di speranza, fece l'atto di alzarsi: gli riusciva! Poi
riprovò e infine si rese conto che poteva camminare normalmente.
Grande fu la gioia e lo stupore
suoi e di tutti quelli che avevano assistito alla scena. Da quel momento
cominciò per lui una nuova vita e visse ancora per alcuni anni; poi
morì. (Malatesta, Enrico, La vera storia
di Padre Pio, Edizioni Piemme, Casale Monferrato, 1999, pagg. 178-180
(Angelo Maria Mischitelli, Padre Pio un uomo un santo, Edizioni Sovera,
Roma, 2015, pag. 289-290)
La folla
L’articolo sul Mattino ebbe un effetto esplosivo e fu ripreso da altri
giornali in Italia e all’estero.
Col diffondersi delle notizie intorno a Padre Pio, la gente accorreva da
ogni parte, sempre più numerosa. Lungo il sentiero che portava al
convento si formavano lunghe file di persone, di ogni condizione sociale,
servendosi di carri e muli, unici mezzi utilizzabili per quel percorso.
A poco a poco, negli anni successivi, per far fronte al traffico sempre
più intenso di pellegrini, il tragitto verrà migliorato diventando
sempre più agevole, con strade più brevi e percorribili.
Padre Paolino, nelle sue Memorie, scrisse che gli uomini, pur di
confessarsi da Padre Pio, aspettavano fino a 10-15 giorni «dormendo
sulla nuda terra nei campi», e questo nonostante fossero costretti a
trascurare i consueti impegni stagionali legati alla mietitura e alla
trebbiatura del grano. E ancora, sempre nelle Memorie di padre Paolino:
«Venivano professionisti di ogni genere e da ogni parte, fra cui in
numero maggiore i medici, giornalisti di diversi quotidiani, tanti e
tanti malati nella fiducia di ricevere la guarigione; con questi tante
persone che si credevano ossesse e volevano essere liberate dal demonio;
venivano tanti e tanti che erano spinti da curiosità e volevano indagare,
domandando ora questo ora quello, e rendersi certi della verità; come si
rileva poi dal registro delle Messe, a cominciare dal luglio del 1919,
salivano sul Gargano tanti e tanti sacerdoti regolari e secolari,
qualcuno anche dall’estero. Né mancavano i borsaioli, i quali,
profittando della grande confusione, che c’era in chiesa e sul piazzale
della stes-sa, facevano i loro affari». Un periodo questo pieno di
confusione in cui si intrecciavano, attorno a Padre Pio, devozione e
fanatismo.
Cresceva sempre di più l’afflusso di persone. Gli uomini si accalcavano
in sagrestia per essere confessati dal Padre. La sagrestia non era più
sufficiente per consentire l’ingresso anche delle donne, che venivano
confessate in un confessionale situato davanti al pilone che divide
l’altare dell’Immacolata dall’altare del Crocifisso.
(Giannuzzi, San Pio, 162-4) (Cireneo, 163-6)
Pasquale Urbano
Pasquale
Urbano, di Foggia, cadde da un carretto in movimento e si ruppe entrambe
le gambe. I trattamenti chirurgici non riuscirono, e per tanti anni
aveva camminato usando due bastoni.
Nel 1919 dopo la confessione Padre
Pio gli disse: "Alzati e cammina! Butta via quei bastoni."
Pasquale obbedi' e si allontano' dal confessionale camminando
normalmente come non faceva da tanti anni. La gente intorno era
sbalordita. (Rose Ann Palmer, God did it,healing testimonies across
time and religions, iUniverse LCC, Bloomington, Indiana, 2014, pag. 265)
(Padre Francesco Napolitano, Padre Pio of Pietrelcina Brief Biography,
Edizioni Voce di Padre Pio, San Giovanni Rotondo, second edition, 1979,
pag. 144)
Il Mattino di Napoli |
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Il 5 luglio 1919 padre Benedetto fu sostituito da padre Pietro da
Ischitella nella carica di superiore provinciale.
Padre Pietro iniziò il
suo mandato trasferendo di nuovo a Foggia la sede della Curia, che padre
Benedetto aveva dislocato a San Marco La Catola
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Il 13 luglio 1919 "Il Foglietto", settimanale
di Foggia pubblicò un articolo su Padre Pio, in cui erano anche nominati
P. Paolino da Casacalenda e P. Raffaele da S. Giovanni Rotondo.
(Mischitelli,
250, e nota 48) |
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Luglio 1919: Bignami
Il prof. Amico Bignami, ordinario di Patologia
Medica nella Regia Università di Roma, fu incaricato dal Padre Giuseppe
Antonio da Persiceto, procuratore e commissario generale dell'Ordine
cappuccino, di visitare Padre Pio stigmatizzato e riferire il suo
giudizio.
Il prof. Bignami nota nella sua relazione dopo la visita:
"Sulla natura delle lesioni descrittesi può affermare che rappresentano
un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti
ipotesi: a) che siano state determinate artificialmente e
volontariamente; b) che siano la manifestazione di uno stato morboso; o che siano in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte
artificiali."
"Esclusa a priori la prima ipotesi, la seconda ipotesi è, almeno in
parte, attendibile. ... Possiamo pensare che le lesiondi descritte siano
cominciate come prodotti patologici (necrosi neurotica e multipla della
cute) e siano state forse inconsciamente e per un fenomeno di
suggestione, completate nella loro simmetria e mantenute artificialmente
con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio.
Ad ogni modo si
può affermare che nulla vi è nelle alterazioni della cute che non possa
essere il prodotto di uno stato morboso e dell'adozione di agenti
chimici noti." «L’impressione di
sincerità che ha fatto in me Padre Pio mi impedisce di pensare alla
simulazione senz’altro».
Per il Bignami, essendo un ateo, non era
lontanamente pensabile una origine soprannaturale delle lesioni
(Cireneo, 138-9) (Gerardo, Le stigmate, 173-9)
|
Luglio 1919
Il Prof. Bignami dopo la visita fatta Padre Pio ordinò di fasciare e
suggellare le ferite alla presenza di due testimoni, per otto giorni,
affinchè si potesse avere la certezza che le ferite non erano state
affatto toccate, molto meno curate. Nei controlli giornalieri le fasce e
i sigilli furono trovati sempre a posto ed ogni giorno colava tanto
sangue. (Cireneo, 146)
19 agosto 1919
Padre Placido Bux
Foto con le stimmate
visibili, eseguita da Padre Placido Bux il 19 agosto 1919
Padre Placido fu compagno di Padre Pio durante il noviziato e i
successivi anni di studio. E fu proprio padre Placido a scattare, il 19
agosto 1919, la prima fotografia che documenta la presenza delle piaghe
nelle mani di Padre Pio.
Egli stesso così scrisse su tale importante
avvenimento:
«Volli fargli la fotografia, la prima dopo dieci mesi che
aveva le stimmate. A malincuore si tolse i guanti e come per contentarmi
sostò dinanzi all’obiettivo.
Il Provinciale, padre Pietro da Ischitella,
si prese la negativa di vetro, e se non mi avessi tirato una copia,
sarebbe andata perduta, perché si ruppe nel ritornare a Foggia. Quando
fui mandato ad insegnare a Chiaravalle Centrale in Calabria, feci fare
la riproduzione a Catanzaro, e poi ne feci fare tante copie per i
confratelli e per gli amici».
(Gerardo di Flumeri, Le stigmate di Padre
Pio da Pietrelcina, p. 70)
In realtà, padre Placido dovette faticare non poco per vincere la
resistenza opposta da Padre Pio. Dovette metterlo di fronte ad una
argo-mentazione che non si sa fino a che punto avesse fondamento. Gli
disse cioè di dovergli fare la fotografia per ordine del Provinciale e
che, quindi, doveva ubbidire. E Padre Pio ubbidì.
(Rivista
Voce di Padre Pio, novembre 2009, articolo di Marianna Iafelice, p. 45)
(Gianuzzi, San Pio, 150-1) (Fernando, Crocifisso, 146-7 (dice 9 agosto)
Dettagli della foto di Padre Placido
Padre Placido Bux
Certificato di autenticita' della foto, firmato da Padre Placido
7-11 settembre 1919:
tumulto
Già allora la gente del posto era in agitazione perché circolava voce
che Padre Pio sarebbe stato presto allontanato.
E questo si comprende
leggendo la lettera del 10 ottobre 1919 con la quale il Provinciale
scrisse al Padre Generale di avere assistito, durante un soggiorno in
San Giovanni Rotondo dal 7 all’11 settembre 1919, ad una «protesta quasi
minacciosa» della folla davanti al convento.
In quella circostanza era
presente nel convento padre Benedetto, giunto il giorno precedente in
compagnia di mons. Antonio Valbonesi, vescovo di Menfi e canonico della
Basilica Vaticana, che era molto affezionato a Padre Pio e andava spesso
a trovarlo per essergli vicino e di sostegno specie dopo la
stimmatizzazione.
Padre Pietro, nella sua lettera, racconta: «Fui a San
Giovanni Rotondo dal 7 all’11 settembre. A titolo di cronaca riferisco
la poco simpatica accoglienza avuta alla sera del mio arrivo. Il giorno
precedente era giunto a San Giovanni Rotondo il molto reverendo padre
Benedetto da San Marco in Lamis in compagnia di monsignor Valbonesi.
Padre Benedetto
La presenza del molto reverendo ex Provinciale e di un Vescovo sconosciuto
fece nascere il sospetto che si volesse portar via Padre Pio e bastò a
qualcuno che venisse il sospetto perché la voce si spargesse in tutto
il paese in modo allarmante...».
Non fu facile - conclude padre Pietro
nella sua lettera - convincere la folla, che, con turni di guardia, non
mancò di sorvegliare l’uscita del convento durante la notte
(Giannuzzo,
168)
Il Provinciale Padre Pietro, dopo questa esperienza, il 30 settembre emise un’ordinanza:
«All’Ave Maria sia chiusa la chiesa e la portineria.
Resta assolutamente
proibito che i giornalisti e i fotografi avvicinino Padre Pio.
I religiosi poi usino ogni delicatezza nella conversazione con il Padre
Pio e nessuno si arbitri di riferirgli cose che possono offendere la
sua modestia e di fare interrogazioni imprudenti.
Padre Pietro da Ischitella
Nessuno si appropri
di oggetti a lui appartenenti e molto meno si faccia lecito di darli
agli altri.
Si permette solo di soddisfare la devozione di pie persone
con delle piccole immagini sulle quali Padre Pio potrà scrivere un
pensiero» (Renzo Allegri, pag. 185)
14 settembre 1919. Mons. Alberto Costa vescovo di Melfi e Rapolla,
dopo aver incontrato Padre Pio, scrive in una lettera a Padre Pietro: "Le
mie impressioni si riducono a una sola: di aver parlato e conversato con
un Santo." (Gerardo, Le stigmate, 67)
|
Mons. Alberto Costa
9 ottobre 1919 Dr. Giorgio Festa
Dalla sua relazione:
"Le lesioni non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna,
neppure sono dovute all'applicazione di sostanze chimiche potenzialmente
irritanti, ... non possono provenire dalla tubercolosi...
Data la loro
perfetta simmetria la loro localizzazione, il tempo trascorso dalla
loro apparizione senza nessuna variazione, inducono a escludere in modo
assoluto l'ipotesi di necrosi neurotica multipla della cute.
Nessuna
ipotesi sarebbe possibile per giungere alla interpretazione
naturale dell'avvenimento." (Cireneo, 142-3) |
|
Il 9 ottobre 1919 il dott. Giorgio Festa, medico di fiducia della
Curia generalizia dei Cappuccini, fu mandato dal Generale dell’Ordine,
padre Venanzio da Lysle-en-Rigault, a causa delle proteste conseguenti alla
visita di Bignami. Il dr. Festa presento' tre relazioni. La prima relazione
cosi' termina: «Concludendo,
dunque, le lesioni che il Padre Pio presenta e l’emorragia che da queste
si manifesta hanno un’origine che le nostre cognizioni sono ben lungi
dallo spiegare. Ben più alta della scienza umana è la loro ragione di
essere!» (Gerardo, Le stigmate, 196)
Il dr. Giorgio Festa
Padre Venanzio da Lysle-en-Rigault
Il dr. Festa riporto' anche un colloquio avuto con Padre Pietro da
Ischitella, superiore del convento: «Il Superiore provinciale del tempo
[padre Pietro da Ischitella], ebbe chiara impressione che le piaghe
osservate sulle palme dell’una e dell’altra mano ne attraversassero
interamente lo spessore, in modo da ricongiungersi con quelle che
presentava nelle regioni dorsali corrispondenti. In un colloquio avuto
con me sull’argomento, dichiarò testualmente: “Se dalle superiori
autorità io venissi interrogato su questo particolare, dovrei rispondere
e confermare con giuramento, tanta è la sicurezza della impressione
ricevuta, che, fissando lo sguardo sulle ferite delle regioni palmari
delle sue mani sarebbe facile
scorgere
nei suoi
dettagli uno scritto o un oggetto previamente situato nel lato opposto
di esse”». (Giannuzzo, San Pio, 156)
|
10 ottobre 1919
Padre Pietro era un sincero estimatore di Padre Pio. Tuttavia, scrivendo
il 10 ottobre 1919 al Generale dell’Ordine dei Cappuccini, fece
presente di non sentirsi di esprimere «personali convinzioni» su Padre
Pio, preferendo invece far conoscere giudizi espressi da autorevoli
personaggi, degni della massima stima:
«La grazia del Signore opera
straordinariamente in un soggetto umano ed è difficile distinguere gli
atti ispirati da Dio da quelli che non procedono da divina ispirazione.
Però, piuttosto che esprimere personali convinzioni in materia tanto
delicata, preferisco presentare le impressioni di autorevoli persone, e
comincio col mandarle copia di una lettera di Sua Eccellenza monsignor
Costa, vescovo di Melfi, al quale so che anche l’arcivescovo di
Manfredonia si è rivolto per informazioni al riguardo».
E termina
allegando copia di una lettera, datata 14 settembre 1919, nella quale
mons. Alberto Costa affermava di avere avuto l’impressione, incontrando
Padre Pio, «di avere parlato e conversato con un Santo»
(Allegri, 186)
(Gerardo, Le stigmate, 67)
Mons. Alberto Costa
Ottobre 1919: Il telefonino cellulare di Padre
Pio
Eleanora Foresti di Bologna,
nell’ottobre 1919 incontrò Padre Pio e gli parlò delle sue aspirazioni
di fondare un istituto religioso. Il santo si disse favorevole ed aiutò
la Foresti per un abbozzo delle regole.
La Foresti si fermò diversi
giorni a S. Giovanni Rotondo e prima di tornare a Bologna si mise
d’accordo con Nina Campanile. Nina esponeva a Padre Pio le richieste che
Eleonora le mandava per lettera e poi le riferiva, sempre per lettera le
risposte di Padre Pio.
Una volta Eleonora scrisse a Nina: “Dì a Padre
Pio che a me non è sufficiente la risposta che viene per lettera”.
Nina
riferì a Padre Pio che disse: “Va bene, allora ci serviremo del telefono
senza fili.”
Dopo qualche tempo giunse a Nina Campanile una lettera da
parte della Foresti che diceva: “Riferisci al Padre che il telefono
senza fili funziona benissimo.” (P. Marcellino
Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede, virtù
cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo,
2010, pag.453-4)
Eleanora Foresti
Padre Pio disse di Eleanora: "Si mantiene innocente come
una bambina di quattro anni." Il processo diocesano per la sua
Canonizzazione si concluse favorevolmente nel 1997
Il 16 novembre 1919 Padre Pio scrive a Padre Benedetto: "E' ormai l'una
dopo mezzanotte che traccio queste poche rghe. Sono ormai 19 ore di
lavoro che vado sostenendo, senza un po' di sosta. Pazienza!" (Epist. I,
1158)
19 novembre 1919: Card. Gasparri
La fama di Padre Pio cominciava a diffondersi dappertutto. Il cardinale
Pietro Gasparri, Segretario di Stato di Papa Benedetto XV, il 19
novembre 1919 scrisse al superiore del convento di San Giovanni Rotondo
per raccomandargli la famiglia Rosi, che, «attratta dalla fama di
santità del Padre Pio», aveva deciso di recarsi nel convento desiderosa
di «confessarsi da lui e ricevere la santa Comunione dalle sue mani».
Con la stessa lettera, il cardinale chiedeva che Padre Pio «ogni giorno nella santa
Messa preghi fervidamente il Signore per il Santo Padre e per me
affinché ci illumini e ci sorregga nei tanti guai in cui ci troviamo».
Infine chiedeva un suo «oggetto qualsiasi personale» per una sua
parente, Anna Veda, che era già « venuta a visitare il Padre Pio»
(Renzo Allegri, 187)
Card. Pietro Gasparri
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Padre Eduardo da Alençon
23 novembre 1919
Il cappuccino francese padre Eduardo da Alençon, della provincia
cappuccina di Parigi, il 23 novembre 1919, scrisse, per avere
informazioni, al nuovo Provinciale, padre Pietro da Ischitella, il quale
gli rispose con lettera datata 28 novembre 1919:
«Il fatto delle
stimmate è stato costatato da tre medici e non tutti di sentimenti
cristiani. Abbiamo perciò tre relazioni minuziose di scienziati che sono
quasi concordi nella descrizione delle ferite, come in fondo son
concordi nel concludere che le svariate ipotesi della scienza non
bastano a spiegare il fenomeno. Se non fossero un po’ lunghe, copierei
la descrizione che ne fecero i periti. (Stigmate, 58-62)
27 novembre 1919
Padre Eduardo,illustre studioso di problemi francescani, voleva
tenersi al corrente di quanto stava succedendo al convento di San
Giovanni Rotondo. Per questo, nel novembre 1919 inviò una lettera anche
a padre Benedetto per chiedergli notizie sulle stimmate di Padre Pio. E
padre Benedetto, già sostituito nella carica di superiore provinciale
dal mese di luglio, gli rispose con lettera datata 27 novembre 1919:
«Sono
degli anni che [Padre Pio] soffre senza mai lamentarsi; sono degli anni
che si nutre di qualche piatto d’erba senza mai chiudere gli occhi al
sonno. La sua vita è la preghiera o l’unione conti-nua con Dio. Da me e
da pochi altri sono state osservate non solo le piaghe delle mani, ma
anche dei piedi e del costato. Quest’ultima è a sinistra, in forma di
croce, sempre sanguinante. L’impressione avvenne precisamente il 20
settembre.
È vera la visita della celebrità medica [prof. Bignami],
presuntuosa nell’ateismo, e vera anche la smentita della sua boriosa
affermazione. È vera anche la constatazione di un altro illustre Dottore
[dott. Festa] che partì concependo del nostro Padre una profonda
venerazione». (Stigmate, 56-8) |
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1919: Mons. Parente
Futuro cardinale
Pietro Parente: “Io conobbi Padre Pio già’ nel 1919, in una visita che gli feci
a San Giovanni Rotondo. Ero Rettore del Seminario di Benevento, dove avevo degli
alunni della sua Pietrelcina; mi accolse con simpatia sicché potetti trattare
con lui confidenzialmente, servirgli la messa, nonostante la sua riluttanza,
scoprirgli e baciargli la mano,
e trattenermi in discreta
conversazione. Fin d’allora ebbi l’intuizione del suo interno mistero". (Fernando,
Crocifisso,
5) |
Card. Pietro Parente |
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Capitano di Fanteria
Racconta Maria Pompilio: Ero vicina
alla porta a destra dell’altare maggione (nella chiesetta antica) e
accanto a me c’era un signore che guardava fisso il padre che si
svestiva dei paramenti.
Era verso la fine del 1919. Quell’uomo disse
tutto affannato: “Si è proprio lui, non mi sbaglio.”
Quando la gente
uscì, quel signore si avvicinò a Padre Pio, si mise in ginocchio e
piangendo gli disse: - “Padre Pio grazie di avermi salvato dalla morte.”
Padre Pio gli pose la mano sul capo e disse: - “Non devi ringraziare me,
figliolo, ma nostro Signore e la Vergine delle grazie.” Poi rimasero a
parlare per alcuni minuti.
Quando il Padre se ne andò, l’uomo uscì nel
corridoio, e qualcuno gli chiese cosa fosse successo. Egli rispose: -
“Ero un capitano di fanteria e un giorno, sul campo di battaglia, in
un'ora terribile di fuoco, poco distante da me vidi un frate, pallido e
dagli occhi espressivi, che non aveva il distintivo di cappellano e che
mi chiamò e disse: "Signor Capitano, si allontani da quel posto"
- andai verso di lui e, prima ancora di arrivare, sul posto dove mi
trovavo prima scoppiò una granata che aprì una voragine. Se fossi
rimasto lì, il mio corpo sarebbe volato in aria a brandelli. Mi girai
verso il fraticello, ma non c'era più.” (Padre
Alessandro da Ripabottoni, San Pio da Pietrelcina
Cireneo di tutti, Edizioni Padre Pio, sesta ed. 2011, pagg. 372-4)
Un soldato semplice.
- Un collega mi raccontò che un
frate lo aveva salvato da un grave pericolo di morte; la stessa cosa fu
detta da alcuni altri soldati. “Tra loro ce n’era uno che disse che era
Padre Pio, il santo del convento di San Giovanni Rotondo, che si faceva
vedere nei campi di battaglia. E io, più per curiosità che per fede,
andai a vedere se il frate che mi aveva salvato era lui, perché avevo
ben stampata in mente la sua figura. Quando lo vidi, potete immaginare
la mia sorpresa e la gratitudine che provai verso di lui. Sono felice di
averlo potuto ringraziare personalmente e di avergli baciato le sue
sante mani. “ (Positio III/1, p. 812)
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Brulicare di gente |
Dalla Cronistoria del Convento di
San Giovanni Rotondo nel 1919: “E’ uno spettacolo impressionante vedere
il piazzale del convento, e la zona antistante, brulicare di gente che
attende l’ora di poter entrare nella chiesa, sempre affollata; e da ogni
parte automobili, carrozze, carretti, calessi, traini.”
(P.
Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, I Volume; Fede,
virtù cristiane, voti religiosi, Edizioni Padre Pio, San Giovanni
Rotondo, 2010, pag. 126)
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