Padre Pio tra angeli e diavoli

  

L'Angelo

"Il compagno della mia infanzia"

Nella lettera a Padre Agostino il 13 dicembre 1912, Padre Pio chiama il suo angelo custode: "Il compagno della mia infanzia." (Epistolario I, 321)

L'Angelo custode

 

 

"Aspetto che venga a svegliarmi"

Lettera a Padre Agostino del 14 ottobre 1912: "La notte al chiudersi degli occhi vedo abbassarsi il velo ed aprirmi dinanzi il paradiso; ed allietato da questa visione dormo in un sorriso di dolce beatitudine sulle labbra e con una perfetta calma sulla fronte, aspettando che il mio piccolo compagno della mia infanzia venga a svegliarmi." (Epistolario I, 308)

Padre Agostino celebrante, Padre Pio fa da diacono

 

"L'Angelo è un invisibile compagno"

Lettera a Raffaelina Cerase del 20 aprile 1915: "L'angelo è potente contro satana e i suoi satelliti, dalla culla alla tomba non ci lascia mai un istante, è un invisibile compagno sempre presente ad ascoltarvi, abbiate continuamente timore di offendere la purezza del suo sguardo. Al momento della morte  l'anima vostra vedrà quest'angelo si' buono che vi accompagnò lungo la vita, e fu si' largo di cure materne." (Epistolario II, 404-5)

Raffaelina Cerase di Foggia

 

"Mandami il tuo angelo custode"

Padre Alessio Parente scrisse: "Io ho udito molto spesso dalla bocca di Padre Pio, in risposta a richieste di aiuto, assistenza e preghiere fatte da fedeli, al suo passaggio in mezzo a loro, queste parole, scandite sempre in modo chiaro: "Mandami il tuo angelo custode."  (Parente Alessio, Mandami, 112)

Padre Alessio con Padre Pio

 

 

"Ci sono gli Angeli custodi delle case"

Dal Diario di Padre Agostino: "Nell'estate del 1912, arrivai da Benevento a Pietrelcina, alla casa dove dormiva Padre Pio, verso le tre di notte. Trovai la porta aperta ed entrai. Padre Pio era a letto ed era sveglio. Domandai: "Dormi con l'uscio aperto di notte?" Mi rispose: "Che paura? Ci sono gli Angeli Custodi delle case: dormo sempre con l'uscio aperto e non ho paura." (Agostino, Diario, 292)

 

Quando era un giovane sacerdote nel suo paese di Pietrelcina, il suo angelo gli custodiva la casa. La gente del paese diceva che per questo non si curava molto di chiudere la porta di casa. Diceva: “Ho un angelo che me la custodisce”. (Siena G., Il mio amico, p. 123)

 

 

La "Torretta" dove Padre Pio abitava da solo in Pietrelcina

 

"Credi che l'angelo sia disobbediente come te?"

Anna Benvenuto riferisce nel Processo che, quando era a Foggia, una mattina ci fu un bombardamento terribile. Il marito di sua sorella era medico e lavorava all’ospedale. Dice: “Pregai il mio angelo di andare a dire a Padre Pio che aiutasse mio cognato e che non gli succedesse nulla di brutto”. La sera mio cognato tornò e ci disse che si era salvato per miracolo. Aveva sentito una forza misteriosa che lo costringeva ad uscire da un rifugio all’altro, e questo si ripeté quattro volte. Il giorno dopo andammo a San Giovanni Rotondo per ringraziare Padre Pio per l’aiuto. Dopo essermi confessata con lui, gli chiesi: “Padre, quando sono lontana e ho una necessità urgente come posso fare?”. Mi rispose: - Cosa hai fatto ieri mattina? - Padre, allora è venuto il mio angelo a trovarla?- Cosa credi, che l’angelo sia disobbediente come te? Da allora, ho sempre creduto nell’angelo custode."  (Positio II, p. 729.)

La stazione ferroviaria di Foggia nell'estate del 1943

 

 

"Pensi che gli angeli siano disobbedienti come me e te?"

Padre Mariano da Magliano Santa Croce visse accanto a Padre Pio nel convento di San Giovanni Rotondo tra il 1950 e il 1960, e poi tra il 1965 e il 1969.

 

Egli testimonio': "Io personalmente gli ho mandato molte volte il mio angelo custode, quando mi trovavo lontano da San Giovanni Rotondo, ed egli mi assicurava che riceveva attraverso l'angelo custode il messaggio.

 

Ogni volta che gli chiedevo se il mio angelo avesse fatto quanto doveva, mi rispondeva: "Cosa pensi? Che gli angeli siano disobbedienti come me e te?" (Parente Alessio, Mandami, 149).

Padre Mariano con Padre Pio

 

 

 

"Senza calze? Diamo spettacolo all'angelo custode."

Ancora Anna Benvenuto testimonia che un giorno andò a fare una passeggiata con una vicina, la quale sentì varie volte il profumo di Padre Pio. La donna stette male per non averlo sentito e, il giorno dopo, andò al convento per confessarsi. Padre Pio subito le chiese: “Anna, porti le calze? Gli dissi: “Sì, padre”. “Però ieri sera perché camminavi senza calze?” Cercai di giustificarmi con il gran caldo, ma il padre mi rispose: “Anche se fossi stata sola, avresti dovuto uscire con le calze. Ricordati che diamo spettacolo all’angelo custode e non dobbiamo renderlo triste”.   ( Positio II, p. 728)

 

 

 

"Mandami l'angelo: basta una volta sola"

L’avvocato Adolfo Affatato testimoniò che, mentre studiava a Napoli, andava spesso a San Giovanni Rotondo a trovare Padre Pio che era suo padre spirituale.  Un giorno mi disse: “Se qualche volta non puoi venire, non preoccuparti, basta che tu vada in una chiesa dove c’è il Santissimo Sacramento e mi mandi il tuo angelo custode. Un giorno, mentre stavo andando a sostenere l’esame di diritto privato, entrai in varie chiese che erano sulla mia strada. L’esame andò molto bene e, quando andai a trovare padre Pio per ringraziarlo, mi disse: “Ti avevo detto di mandarmi il tuo angelo nei momenti di difficoltà, però bastava una volta sola”. (Positio II, p. 551.)

Napoli ai tempi di Padre Pio

 

"Quando hai bisogno mandami il tuo angelo."

La signora Pia Garella disse che nel 1945, poco dopo la fine della guerra, il 20 settembre, si trovava in campagna a pochi chilometri da Torino, e voleva mandare un telegramma di felicitazioni a Padre Pio per l’anniversario delle sue piaghe; non trovò però nessuno che glielo potesse mandare, visto che era in campagna. Subito si ricordò della raccomandazione di padre Pio: “Quando hai bisogno, mandami il tuo angelo” … Allora si mise in raccoglimento per alcuni minuti e chiese al suo angelo che gli portasse personalmente le felicitazioni. Dopo pochi giorni ricevette una lettera da un’amica di San Giovanni Rotondo, Rosinella Piacentino, in cui la informava che Padre Pio le aveva detto: “Scriva alla signora Garella e le dica che la ringrazio per la felicitazione spirituale che mi ha mandato”. (Siena Giovanni, p. 125)

 

 

"Figlio mio, l'angelo me l'ha gia' detto."

Don Pierino Galeone riferisce che nel 1947 rimase 20 giorni a San Giovanni Rotondo. “Le persone, vedendomi sempre vicino a Padre Pio, mi chiedevano di confidargli le loro pene: la sorte dei famigliari dispersi in Russia, la guarigione di un figlio, la soluzione dei propri problemi, trovare lavoro, eccetera. Il padre mi rispondeva sempre con dolcezza e amore. Un giorno mi disse: “Quando hai bisogno di qualcosa, mandami il tuo angelo e io ti risponderò”. Una mattina una mamma mi si avvicinò piangendo, prima della messa, per raccomandarmi suo figlio. Il padre era già salito sull’altare e io non ardii parlargli, così che, commosso, come mi aveva consigliato, gli mandai il mio angelo per raccomandargli il figlio di quella madre. Terminata la messa, mi avvicino a Padre Pio e gli raccomando giovane. Ed egli mi risponde: “Figlio mio, me lo hai già detto”. Capii allora che il mio angelo custode lo aveva tempestivamente avvertito e Padre Pio aveva pregato per lui”. (Positio II, p. 1077)

Don Pierino Galeone

 

 

 

 

"È stato il tuo angelo custode"

Maria Pompilio dichiarò: “Una mattina Padre Pio, vedendomi in sagrestia, mi chiamò e mi disse una cattiva azione che avevo commesso, offendendo il Signore. Non seppi cosa rispondergli e non potevo negarlo. Gli chiesi come facesse a saperlo, e insistetti tanto che alla fine mi disse a bassa voce: “È stato il tuo angelo custode”. (Positio II/1, p. 806.)

 

Maria Pompilio riceve la comunione da Padre Pio

 

"Sì, te l'ho mandato io."

Margherita Cassano riporta che si alzava alle 3:00 per andare alla messa di Padre Pio. Lei abitava nella parte più bassa del viale dei Cappuccini, e la strada era buia, piena di sassi, e faceva paura. "Mentre camminavo sentivo non molto lontano da me una voce maschile contare: "Uno, due.  Uno, due." Non c'era nessuno intorno, e mi spaventai. Quando più tardi lo dissi a Padre Pio lui rispose: "Quando le chiesa è lontana, l'angelo contano i passi per tenerti compagnia. è solo per farti sapere che lui è la', proteggendoti lungo la strada. Si', te l'ho mandato io." (Duchesse, Magic of a mystic, 117) (Malatesta, L'ultimo, p.198-9)

 

Margherita Cassano nel suo giardino a San Giovanni Rotondo

 

"Pensate che gli angeli sono lenti come gli aeroplani?"

Cecil Humphrey - Smith era un gentiluomo inglese, figlio spirituale di Padre Pio. Cecil, trovandosi in Italia, riporto' gravi ferite in un incidente automobilistico. Un suo amico, il marchese Sacchetti si recò all'ufficio postale per mandare un telegramma a Padre Pio  riferendogli l'accaduto. Quando allo sportello presento' il telegramma, l'impiegato gli porse un altro telegramma, che era di Padre Pio, col quale assicurava preghiere per la guarigione di Cecil. Mesi dopo, Cecil era perfettamente guarito, e lui  e Sacchetti andarono a ringraziare Padre Pio. Gli chiesero anche com'era possibile che il telegramma di risposta di Padre Pio fosse arrivato prima del telegramma di domanda. Padre Pio: "Pensate che gli angeli siano lenti come gli aeroplani?" (Parente Alessio, Mandami, 143-4)

Il marchese Giambattista Sacchetti all'inaugurazione di Casa Sollievo

 

"Oh! I telegrammi! Gli angeli custodi sono più veloci, e costano tanto di meno!"

Barbara Ward, che anni prima aveva procurato i fondi per la costruzione di Casa Sollievo,  si trovava nel "St. Georgès Hospital in Londra, per essere operata di multiple cisti ovariche.  Bernardo Patrizi, appena seppe della sua condizione di salute, la visito' in ospedale, quindi usci' dall'ospedale e si recò all'ufficio postale di Buckingam Palace Road, e mando' un telegramma a Padre Pio: "Barbara ammalata. Richiede urgentemente vostre preghiere." Quando egli ritorno' all'ospedale la signorina all'ingresso gli chiese se per caso andava su dalla signora Barbara e se le poteva portare dei fiori e un telegramma che erano appena arrivati. Il telegramma veniva da Padre Pio. Diceva:"Mi dispiace della vostra malattia. Siate assicurata delle mie preghiere." La prossima volta che Bernardo Patrizi torno' a San Giovanni Rotondo, disse a Padre Pio che Barbara era guarita e lo ringraziava per le sue preghiere. Poi gli chiese dei fiori e del telegramma. Padre Pio: "Oh! I telegrammi! Gli angeli custodi sono più veloci, e costano tanto di meno!" (Gallagher, 165)

Il Marchese Bernardo Patrizi a destra.

 

"Hai mandato il tuo angelo custode."

Martha, Lilly ed Elisabetta Gemsch, figlie spirituali di Padre Pio, lasciaron la Svizzera nel 1955 e si stabilirono a San Giovanni Rotondo. Sono loro che donarono il grande mosaico della Madonna delle Grazie che sovrasta l'altare maggiore della chiesa. Martha non mancò mai alla benedizione serale impartita da Padre Pio dalla finestrella della sua cella. Una sera frate Bill aprì la finestrella, e Padre Pio si affacciò. Dopo Padre Pio chiese a fra' Bill: "Dov'è Martha stasera?" Gli fu risposto che era dovuta andare urgentemente a Roma. Qundo Martha tornò, fra' Bill le disse il fatto e aggiunse: "Hai mandato il tuo angelo custode per la benedizione. Non è vero?" Martha confermò che lo aveva mandato. (Parente Alessio, Mandami, 151-3)

Padre Pio saluta i fedeli dalla finistrella del coro

 

"Il tuo angelo ha messo un cuscino su ogni gradino."

Il papà di Padre Pio, quand’era ormai in età avanzata, un giorno ruzzolò per le scale. L’incidente avvenne nel 1958, a San Giovanni Rotondo, nell’abitazione di Mary Pyle l’americana, dove era stato ospitato per poter stare vicino al figlio, ed essere tenuto d’occhio da gente fidata, data la sua irrequietezza. Nonostante il cascatone, se la cavò con lievi danni. Qualche giorno dopo zì Grazio raccontò al figlio, per filo e per segno, in tono di lamento, la brutta avventura vissuta. Padre Pio lo ascoltò e quindi commentò con la massima naturalezza: “Invece di lagnarti, ringrazia piuttosto il tuo Angelo custode che ti ha messo un cuscino su ogni gradino.” (Pronzato, Mistero glorioso, pag. 95) (Massa Bonaventura, Maria Pyle, pag.29) ( Parente Alessio, Mandami, pag. 166)

 

 

Zi' Razio, padre di Padre Pio, riceve la comunione dal figlio

 

 

 

"Ringrazia il tuo angelo custode che non ha fatto cadere Gesù per terra."

 Padre Alessio  riporta che "nel 1959, con un altro sacerdote,  stavo distribuendo la Comunione ai fedeli nella nuova chiesa di Santa Maria delle Grazie. A causa del gran numero dei fedeli ben presto si svuoto' completamente la grande pisside che tenevo fra le mani. Egli così prosegue: "Io ritornai all'altare e cominciai a purificare la Pisside. Avevo appena finito e stavo sul punto di coprirla, quando vidi alla mia destra un'Ostia, a mezz'aria, dirigersi e cadere nella pisside, determinando nell'impatto anche un piccolo suono: tin. Automaticamente girai la testa verso destra, senza pero' vedere nessuno! Quando l'altro sacerdote mi si avvicino', presi l'Ostia e la deposi nella sua pisside. più tardi raccontai la mia espierienza a Padre Pio, che mi disse: "Uagglio', cerca di stare più attento a non distribuire la Santa Comunione velocemente. Ringrazia il tuo angelo custode che non ha fatto cadere Gesù per terra." (Parente Alessio, Mandami, 108-9)

 

 

Padre Alessio (tutto a destra nella foto) 

 

 

"Digli, dille, digli, dille."

Padre Alessio: "Ebbi l'onore di assistere Padre Pio dal 1959 al 1961 e dal 1965 al 1968."(Alessio, Mandami, 120)

Padre Alessio riportò che, quando stava solo con Padre Pio nella sua cella, Padre Pio interrompeva la recita del rosario con frasi come: "Dille che pregherò per lei"; "Dille che tempesterò il Cielo di preghiere per la sua salvezza;" "Digli che busserò al Cuore di Gesù per impetrare questa grazia." "Digli che sarà presente alla mia Messa." "Dille che la Vergine non le rifiuterà questa grazia." Padre Alessio continua: "Debbo riconoscere che allora non davo importanza a quste espressioni 'fuori testo'. Solo più tardi ho scoperto i rapporti del Padre con gli angeli, ed ho capito che la sua vita è stata sempre vissuta ad alto livello e in dimensioni non comuni." (Parente Alessio, Mandami, 114-6)

 

  Padre Alessio bacia la mano di Padre Pio

 

"Non hai visto tutti questi angeli custodi?"

Padre Pio raccomandava ai suoi figli spirituali di inviargli, in caso di difficoltà, il loro angelo a implorare per le loro necessità: lui li avrebbe aiutati. Padre Alessio Parente dichiarò: “Quando confessava, diceva ai penitenti che, se non potevano venire di persona, mandassero il proprio angelo. Un giorno ero in terrazza con lui. Gli chiesi consiglio per una persona e mi rispose: “Lasciami in pace, non vedi che ho da fare?” Io mi zittii, ma lo vedevo recitare il rosario e non mi sembrava eccessivamente occupato. Ma egli soggiunse: “Non hai visto tutti questi angeli custodi dei miei figli spirituali che vanno e vengono?” Risposi: “No, non li ho visti, ma ci credo perché ogni giorno lei ripete ai suoi figli di mandarglieli”. (Pena, 43) (Positio II, p. 206)

 

"Questa notte il mio angelo deve viaggiare"

Padre Gabriele Bove testimonio': “Per me era sorprendente quello che diceva la gente sul fatto che Padre Pio avesse una grande familiarità con il suo angelo custode e gli chiedesse di andare di notte a confortare i malati e soccorrere i peccatori. Questo mi venne confermato dallo stesso padre. Un giorno d’estate del 1956, dopo aver benedetto i fedeli, Padre Pio usciva dalla chiesa molto affaticato. Quel giorno sembrava più stanco del solito. Camminava appoggiato al braccio di padre Giambattista e assomigliava a san Francesco stigmatizzato che scendeva dalla montagna. Lo presi per l’altro braccio chiedendogli: “Padre, è molto stanco?” - Sì, figlio mio, sono oppresso dal grande caldo. - Questa notte riposerà. Inoltre chiederemo al suo angelo custode di venire ad alleviare la sua pena. Si fermò di colpo e mi gridò: “Ma cosa dici? Deve mettersi in viaggio”. Era proprio questo che io volevo sapere. Nascondendo la mia sorpresa gli risposi: - Cosa? Il suo angelo deve viaggiare? - Certo. Allora gli dissi: - Padre, se il suo angelo deve viaggiare per confortare i malati e soccorrere i peccatori, permetta almeno che i nostri due angeli prendano il suo posto. - No, ognuno dei vostri angeli stia con il suo protetto. E, sorridendo, aggiunse: E se questi angeli diventassero gelosi?”(Positio II, p. 327)

    

 

"Sono le voci degli Angeli."

Una notte, nel convento di San Giovanni Rotondo, i religiosi udirono una strana musica in chiesa, e un canto, e non riuscivano a spiegarselo, dato che in quel momento in chiesa non c’era nessuno. Andarono a chiedere a Padre Pio ed egli rispose: - Di cosa vi meravigliate? Sono le voci degli angeli che portano le anime dal Purgatorio al Paradiso."  (Parente Alessio, Mandami, p. 186)

 

Padre Alessio con Padre Pio

 

 

  "Il mio angelo mi spiega le altre lingue."

Padre Pio non aveva studiato lingue straniere, però le capiva. Non aveva studiato il francese, ma lo scriveva. Alla domanda del suo direttore, padre Agostino, su chi gli avesse insegnato il francese, Padre Pio rispose: “Se la missione dell’Angelo custode è grande, quella del mio è ancor più grande, dovendomi fare anche da maestro nella spiegazione di altre lingue”. (Positio III/1, p. 809)

 

Padre Agostino

 

“Il mio angelo mi traduce tutto”

Padre Tarcisio Zullo dichiarò: “Quando arrivavano a San Giovanni Rotondo pellegrini di altre lingue, Padre Pio li capiva. Una volta gli chiesi: “Padre, ma come fa a capire tante lingue e dialetti?” Lui rispose : “Il mio angelo mi aiuta e mi traduce tutto”.(Positio II, p. 630 )

 

Padre Tarcisio Zullo da Cervinara, con la mano poggiata sulla spalla di Padre Pio

 

 

Padre Pio parlò in latino e in tedesco.

Nel 1940 arrivò un sacerdote svizzero parlò in latino con Padre Pio. Prima di andarsene, il sacerdote gli raccomandò una malata. Padre Pio gli rispose in tedesco: “Ich werde Sie an die gottliche Barmherzigkeit empfehlen (la raccomanderò alla divina provvidenza)”. Il sacerdote rimase colpito da questo fatto. ( Positio III/1, p. 809)

 

 

"Ma Padre Pio ti parlava in inglese?" "Sì."

Un giorno arrivò dagli Stati Uniti una famiglia perché la bambina, figlia di genitori italiani, desiderava fare la prima comunione con Padre Pio. La signorina americana, Maria Pyle, la preparò bene, dal momento che la bambina non sapeva una parola di italiano. La vigilia della comunione, Maria Pyle la condusse da Padre Pio perché confessasse la bambina, offrendosi di fare da interprete, ma il frate non accettò. Dopo la confessione Maria Pyle chiese alla bambina se Padre Pio l’avesse capita e lei rispose di sì. - E tu lo hai capito? - Sì - Ma ti parlava in inglese? - Sì.. (Parente Alessio, Mandami, pp. 65-66)

Mary Pyle riceve la comunione da Padre Pio

 

 

 

Poteva scrivere in lingue straniere

Padre Agostino scrisse nel suo Diario: “Padre Pio non sapeva né il francese né il greco. Il suo angelo custode gli spiegava tutto e il padre rispondeva bene. L’aiuto di questo singolare maestro era tanto efficace che poteva scrivere in lingue straniere. Tra le sue lettere scritte ce ne sono alcune che, almeno in parte, furono scritte in francese”. (Parente Alessio, Mandami , p. 65)

 

 

“Il mio angelo mi aiuta e mi traduce tutto.”

Padre Tarcisio Zullo dichiarò: “Quando arrivavano a San Giovanni Rotondo pellegrini di altre lingue, Padre Pio li capiva. Una volta gli chiesi: “Padre, ma come fa a capire tante lingue e dialetti?” Lui rispose : “Il mio angelo mi aiuta e mi traduce tutto”. (Positio II, p. 630)

 

 

Lettera in greco: "L'angelo custode mi ha spiegato tutto."

Il 7 settembre 1912, per valutare la santita' di Padre Pio (Alessio, Mandami, 63),  Padre Agostino mando' una lettera a Padre Pio scritta in greco. Tra l'altro la lettera diceva: "Cosa dira' il tuo angelo di questa lettera? Se Dio vuole il tuo angelo potrebbe fartela comprendere; se no, scrivimi. " In calce alla lettera il parroco di Pietrelcina scrisse questo attestato; Pietrelcina 25 agosto 1919. Attesto io qui sottoscritto sotto la santita' del giuramento chew Padre {Pio, dopo ricevuta la presente, me ne spiego' interamente il contenuto. Interrogato da me come avesse potuto leggerla e spiegarla , non conoscendo neppure l'alfabeto greco, mi rispose: "Lo sapete! L'angelo custode mi ha spiegato tutto. L'Arciprete Salvatore Pannullo." (Epistolario I, 302, con note 1 e 2)

        Lettera in greco           L'Arciprete Salvatore Pannullo che scrisse l'attestato

 

 

"Il compagno della mia infanzia"

Da una lettera da Pietrelcina a Padre Agostino il 13 dicembre 1912: "Barbablu'  "l'altra notte mi si è presentato sotto le sembianze di un nostro padre, trasmettendomi un severissimo ordine del padre provinciale di non scrivervi più, perché contrario alla povertà e di grave impedimento alla perfezione. Non avrei potuto mai sospettare essere questo un tranello di barbablu', se l'angiolino non mi avesse svelato l'inganno. Il compagno della mia infanzia  cerca di smorzarmi i dolori che mi affliggono quegli impuri apostati." (Epistolario I, 321)

 

 

  

 

“Credi che io stia a mandarti sempre il mio angelo custode a svegliarti?"

Padre Alessio riporta che “Nel 1965 passavo parte della notte a far compagnia a Padre Pio, e la mattina dovevo accompagnarlo fino all’altare. Dopo di che teneva i suoi guanti e io andavo nella mia cella a riposarmi un po’. Molte volte, quando non mi svegliavo in tempo, sentivo qualcuno bussare forte alla mia porta. A volte sentivo nel sonno una voce che mi diceva: “Alessio, alzati”. Un giorno non mi svegliai, né per la messa né per accompagnarlo dopo le confessioni. Svegliato da altri fratelli, andai nella cella di Padre Pio e gli dissi: Perdonami, padre, non mi sono svegliato”. Lui mi rispose: “Credi che io stia a mandarti sempre il mio angelo custode a svegliarti?" (Positio II, p6.) 

Padre Alessio tenta di fare la barba a Padre Pio

 

 

"Il mio angelo ha guidato al posto tuo."

Piergiorgio Biavati si mise in macchina da Firenze a San Giovanni Rotondo per assistere alla Messa di Padre Pio e confessarsi da lui. A metà strada si sentì stanco, e si fermò un po’ da un benzinaio per prendere un caffè. Poi continuò il viaggio. Dice il protagonista: “Mi ricordo solo una cosa, che accesi il motore e mi misi al volante, poi non ricordo nient’altro. Non ricordo nulla delle tre ore passate al volante. Quando già ero di fronte alla chiesa di San Giovanni Rotondo, qualcuno mi scosse e mi disse: “Adesso prendi tu il mio posto”. Padre Pio, dopo la messa, mi confermò: “Hai dormito per tutto il viaggio e la stanchezza se l’è tenuta tutta il mio angelo, che ha guidato al posto tuo”.(Parente Alessio, Mandami ,  pp. 195-196.)

 

"Il tuo angelo ti guidava la macchina."

Attilio de Sanctis, avvocato esemplare, raccontò un fatto che gli era capitato personalmente: “Il 23 dicembre del 1948 dovevo andare da Fano a Bologna con mia moglie e due dei miei figli (Guido e Gianluigi) per andare a prendere il terzo figlio, Luciano, che studiava al collegio Pascoli di Bologna. Partimmo alle sei della mattina, ma, poiché non avevo dormito bene, ero in cattive condizioni fisiche. Guidai fino a Forlì, poi cedetti il volante a mio figlio Guido. Una volta recuperato Luciano dal collegio, ci fermammo un po’ a Bologna e decidemmo di tornare a Fano. Alle due di pomeriggio, dopo aver ceduto il volante a Guido, volli guidare ancora. Una volta passata la zona di San Lorenzo, notai in me una stanchezza più grande. Varie volte chiusi gli occhi e mi assopii. Volevo lasciare il volante a Guido, ma si era addormentato. Dopo non ricordo nulla. A un certo punto recuperai bruscamente la coscienza a causa del rumore di un’altra macchina. Guardai e vidi che mancavano solo due chilometri per arrivare a Imola. Cos’era successo? I miei stavano chiacchierando tranquillamente. Gli spiegai cos’era successo, ma non mi credettero. Potevano credere che la macchina era andata da sola? Poi ammisero che ero stato immobile per molto tempo e non avevo risposto alle loro domande, né ero intervenuto nella conversazione. Fatto il calcolo, il mio sonno al volante era durato il tempo impiegato a percorrere circa 27 chilometri. Dopo un paio di mesi, il 20 febbraio del 1950, tornai a San Giovanni Rotondo e chiesi una spiegazione a Padre Pio che mi rispose: "Tu dormivi e il tuo angelo ti guidava la macchina. Sì, tu dormivi e il tuo angelo ti guidava la macchina". (Siena Giovanni, Il mio amico, pp. 127-129)  (Pena, pag. 39)

Giovanni siena e suo figlio parlano con Padre Pio

 

 

“E cosa credi che facciano gli angeli intorno all’altare?”

Padre Onorato  presentò a Padre Pio questo problema: “Padre, i nostri occhi non vedono bene i piccolissimi frammenti di ostia consacrata che cadono mentre si distribuisce la comunione”. Il padre rispose: “E cosa credi che facciano gli angeli intorno all’altare?”  (Parente, padre Alessio, Mandami, p. 110 )

Padre Onorato con Padre Pio, durante l'ultima Messa di Padre Pio

 

 

 

 

 

 

 

“Te la saresti vista brutta se non ti avessi mandato il mio angelo custode.”

 

Il generale Tarcisio Quarti testimoniò il 30 giugno del 1943 quello che un giovane ingegnere gli aveva raccontato: “Era sceso alla stazione di San Severo e, non trovando nessun mezzo di trasporto, si era diretto a piedi verso San Marco in Lamis. Mentre era in piena campagna gli si avvicinarono alcuni contadini con aria minacciosa, con forche e badili. In quei giorni la gente era molto agitata perché erano caduti diversi paracadutisti inglesi, e lo scambiarono per uno di loro, che aveva nascosto il suo paracadute vicinissimo a quel luogo. Ma il giovane si mise a pregare, vedendo che gli si avvicinavano, e all’improvviso apparve un cane feroce che si mise a ringhiare contro i contadini. Questi, spaventati, rinunciarono a seguirlo. Il mattino dopo riuscì ad arrivare a San Giovanni Rotondo. Quando Padre Pio lo vide gli disse subito: “Te la saresti vista brutta se non ti avessi mandato il mio angelo custode”. 105105 (Pena, 49)   (Positio II, p. 1065)

 

 

Padre Pio compra un ombrellino di carta.

L' Angelo paga per Padre Pio il biglietto dell'autobus da Benevento a Pietrelcina.

 

Capitò che Padre Pio, vestito da militare, non avesse i soldi per pagare il biglietto dell’autobus per andare al suo paese, e che l’angelo pagasse per lui. Era il 1917, in piena guerra mondiale. Padre Pio era andato a Napoli per una visita di controllo della sua salute all’ospedale militare. Il 6 novembre gli diedero una licenza di otto giorni. Si recò alla stazione e prese gratis il biglietto sul treno da Napoli a Benevento. Aveva una lira di indennità di trasferta per il viaggio.

Padre Pio stesso racconta: “All’uscita dall’ospedale attraversai una piazza dove c’era il mercato. Mi trattenni un po’ per guardare quello che vendevano e mi si avvicinò un uomo che vendeva ombrellini da sole di carta per una lira; non potevo però restare senza nulla dato che dovevo pagare il viaggio (da Benevento a Pietrelcina).Continuai a camminare e giunse un altro venditore di ombrellini per 50 centesimi.  Vedendo quell’uomo che insisteva così tanto per portare a casa il pane ai suoi figli, ne presi uno e gli diedi 50 centesimi. Lui, contento, se ne andò.

 

Io ero stanco e febbricitante. Il treno arrivò a Benevento con molto ritardo. Appena sceso dal treno andai alla stazione per prendere l’autobus per Pietrelcina, che però era già partito. Dovetti fermarmi per la notte a Benevento, e pensai di fermarmi in stazione per non importunare gli amici che avevo. Cercai un posto nella sala d’aspetto, che però era piena di gente. La febbre aumentava sempre più e non avevo la forza di stare in piedi. Quando mi stancavo di star fermo camminavo un po’ dentro e fuori dalla stazione. Il freddo e l’umidità penetravano nelle mie ossa: passarono così molte ore. Mi venne la tentazione di entrare nel bar della stazione perché il locale era caldo, ma era pieno di ufficiali e di soldati che aspettavano i treni, e ognuno aveva pagato la consumazione. Avevo solo 50 centesimi e pensavo: “Se entro, come faccio?” Il freddo si faceva sentire sempre di più e la febbre mi consumava. Erano le due del mattino e non c’era né un posto libero nella sala d’aspetto né lo spazio per sdraiarmi a riposare per terra. Mi raccomandai a Dio e alla nostra Madre celeste. Non potendo più resistere entrai nel bar. I tavoli erano occupati e aspettavo con ansia che qualcuno si alzasse e mi lasciasse un posto vuoto. Verso le 3 e mezza arrivò il treno Foggia – Napoli, e molti tavoli si liberarono, ma a causa della mia timidezza non feci in tempo a occupare nemmeno una sedia. Pensavo: “Ho soldi per consumare soltanto un caffè e, se mi siedo, cosa potrà guadagnare questo povero padrone del bar che passa tutta la notte lavorando?”. Alle quattro arrivarono alcuni treni e rimasero due tavoli liberi. Mi sedetti in un cantuccio, sperando che i camerieri non se ne accorgessero. Dopo qualche minuto arrivarono un ufficiale e due sottoufficiali che si sedettero al tavolo vicino. Subito si avvicinò il cameriere e chiese anche a me cosa volevo. Dovetti prendere un caffè. I tre presero qualcosa e subito se ne andarono, ma io mi dicevo: “Se lo bevo subito, sarò costretto a uscire, e voglio che il caffè mi duri finché non arriva l’autobus”. Quando il cameriere mi guardava, muovevo il cucchiaino come se stessi girando lo zucchero nel caffè. Finalmente arrivò l’ora; mi alzai e andai a pagare. Il cameriere mi disse gentilmente: “Grazie, soldato, ma è tutto pagato”. Pensai: “Visto che il cameriere è anziano, forse mi conosce e vuole farmi una cortesia”. Pensai anche: “Avrà pagato l’ufficiale?”. A ogni modo lo ringraziai e uscii. Arrivai al posto degli autobus e non trovai nessuna persona conosciuta che mi potesse fare un prestito per pagare il biglietto da Benevento a Pietrelcina: avevo solo 50 centesimi e il biglietto costava 1,80. Affidandomi alla provvidenza di Dio, salii sull’autobus e presi posto in un sedile in fondo per poter parlare con il bigliettaio e assicurargli che avrei pagato la cifra all’arrivo. Al mio fianco prese posto un uomo alto, di bell’aspetto. Aveva con sé una valigetta nuova e la teneva sulle ginocchia. L’autobus partì e il bigliettaio si stava avvicinando al mio posto. Il signore che stava al mio fianco prese dalla valigetta un termos e un bicchiere, versando nel bicchiere caffè con latte ben caldo. Me lo offrì, ma, pur ringraziandolo, decisi di non accettare. Data la sua insistenza, accettai, mentre lui si serviva nel bicchiere dallo stesso termos. In quel momento arrivò il bigliettaio e ci chiese dove andavamo. Non avevo ancora aperto bocca quando il bigliettaio mi disse: “Soldato, il suo biglietto per Pietrelcina è già stato pagato”. Pensai: “Chi mai lo avrà pagato?”. E ringraziai Dio per la persona che aveva fatto quest’opera buona. Finalmente arrivammo a Pietrelcina. Scesero vari passeggeri, e prima di me scese anche il signore che era seduto al mio fianco. Quando mi girai per salutarlo e ringraziarlo non lo vidi più. EPreziuso, a sparito come per incanto. Camminando, mi voltai varie volte in tutte le direzioni, ma non lo vidi più”. (Positio IV, problemi storici, pp. 533-534) (Preziuso, 96-7) (Giannuzzi, 115-6) (Parente Alessio, Mandami, 91-4)

Padre Pio raccontava spesso questo episodio ai suoi fratelli, riconoscendo che quel giovane era stato il suo angelo custode.

 

        Padre Pio militare, in basso a destra nella foto di gruppo

 

"Me lo ha dato una pellegrina."

Un altro caso che pure possiamo ricordare è quello in cui l'angelo ha dato pane da mangiare a tutta la comunità. Era il 1941, durante la seconda guerra mondiale. Il pane era razionato e ogni giorno andavano a chiedere il cibo una quindicina di poveri del posto. Il Superiore, padre Raffaele, riferisce che all’ora del pranzo di mezzogiorno non c’era pane né per i 10 religiosi né per i poveri. Dice: “Andammo in refettorio e iniziammo a mangiare la minestra, mentre Padre Pio stava pregando nel coro. Improvvisamente comparve Padre Pio con pane fresco sufficiente per tutti. Lo guardammo sorpresi e io gli chiesi : “Padre Pio, dove ha preso questo pane?”. Mi rispose: “Me lo ha dato una pellegrina di Bologna sulla porta”. Gli risposi: “Rendiamo grazie a Dio”. Nessuno dei religiosi disse una parola. Avevano capito”. (Positio I/1, p. 882) 

 

"Voi e il vostro angelo portate la lettera"

Cleonice Morcaldi di S. Giovanni Rotondo racconta che durante la seconda guerra mondiale un suo nipote fu fatto prigioniero e da un anno non dava più notizie di sé; temeva quindi che fosse morto. Un giorno si recò da Padre Pio e, gettandosi ai suoi piedi, lo supplicò che le dicesse almeno se fosse vivo o morto. Padre Pio la rassicurò, dicendole: «Alzati e vai tranquilla». Queste parole però, per quanto le dessero una certa speranza, non le levarono il dubbio e così, mentre i giorni passavano senza che essa ricevesse notizie del nipote, l'angoscia la prendeva sempre più. Alla fine volle tentare un espediente piuttosto ardito, anche se sostenuta da una grande fede. Tornò dal Padre Pio e gli disse: «Padre, facciamo così: io scrivo una lettera a mio nipote Giovannino con il solo nome, non sapendo dove indirizzarla. Voi e il vostro Angelo Custode portatela dove egli si trova». Padre Pio non disse nulla ed ella pensò: - Chi tace afferma -, e riprese a sperare. Scrisse la lettera e la sera, prima di andare a letto, l'appoggiò sul comodino. La mattina seguente, con suo stupore e anche un po' di paura, si accorse che la lettera non c'era più. Corse allora dal Padre Pio e si sentì dire da lui: «Ringrazia la Vergine». Quindici giorni dopo, riceveva la risposta alla sua lettera con la notizia che il nipote Giovannino era vivo, si trovava in un certo posto e presto l'avrebbe visto. (Palmer, Rose Ann, God did it, iUniverse, Bloominghton, Indiana, USA, 2014, pag. 267-8) (Pasquale Cataneo, I fioretti di Padre Pio, pag. 149) (Pronzato, Glorioso, pag. 171) (Renzo Allegri, I miracoli di Padre Pio, Mondadori, Milano, 1993, pag. 280)

 

"L'angelo ti accompagni"

Padre Pio congedava i suoi figli spirituali dicendo loro: “L’angelo del Signore ti accompagni, ti guidi e ti protegga durante il viaggio”. (Positio II, p. 974)

 

 

"Se l'angelo doveva venire ogni volta stavi fresco."

Padre Eusebio: "Mi trovavo in Irlanda, ove c'è una grande devozione a Padre Pio. Venivano in tanti a raccomandarsi, e io dapprima scrivevo ai Padri di S. Giovanni Rotondo, chiedendo loro di trasmettere al Padre i tanti desiderata; ma dopo, temendo di esagerare con l'importunarli troppo spesso, ebbi l'idea di ricorrere al mio Angelo Custode, perché parlasse con l'Angelo del Padre. E Dio sa quante volte ricorsi a questo espediente che, tutto sommato, mi sembrava andasse bene. Al ritorno a S. Giovanni Rotondo, andai a salutare il Padre e gli chiesi: «Padre, hanno funzionato l'Angelo mio e l'Angelo suo? È venuto il mio quando l'ho mandato?». E lui pronto: «Se doveva venire ogni volta che lo mandavi tu, stava fresco...»  Padre Eusebio da Castelpetroso

Padre Eusebio in allegra conversazione con Padre Pio

 

 

 

    

Il diavolo

 

              

 

Il demonio mi vuole per sé

Padre Pio nella lettera a padre Benedetto del 10 gennaio 1911: "Il demonio mi vuole per sé ad ogni costo." (Epistolario I, 213) 

 

A Cleonice Morcaldi: E tu non sai che il demonio ha paura di me?"  "Mi sento forte da poter annientare il regno di satana." (Cleonice, La mia vita,  2013, 122)

 

Cleonice: "Un pomeriggio restai in chiesa fino all'Avemaria. Non mi accordi di essere rimasta sola. Uscii fuori, non c'era nessuno. Era una bella serata calma. Mi avviai in fretta verso il paese. Tutto a un tratto, vicino alla quercia, e solo in quel punto, sentii un vento impetuoso e un furioso fruscio di foglie che mi spaventò. C'era qualcosa di misterioso che incuteva paura. Affrettai il passo. Dicevo a me stessa: "Di sicuro ci sarà il diavolo sotto quell'albero." Invocando San Michele arrivai al paese. Quando lo dissi al Padre mi rispose: "Non un diavolo c'era, ma una legione; ringrazia San Michele che li ha messi in fuga." (Cleonice 2013, 121-2)

 

 

 

Padre Pio sofferente 

 

 

"Mi mettevo a piangere per i mostri."

Padre Pio raccontava: "Mia madre spegneva il lume e tanti mostri mi si mettevano vicino ed io piangevo; accendeva il lume e io tacevo perché i mostri sparivano. Di nuovo lo spegneva e di nuovo mi mettevo a piangere per i mostri." (Fernando, 51)

Un frate cappuccino indica la culla di Padre Pio

 

Barbablù

Il diavolo Padre Pio lo chiamava Barbablù, Belzebù o cosaccio. E Dio permetteva i suoi frequenti assalti in modo tale che il santo avesse l’occasione di soffrire per la conversione dei peccatori. Il demonio si presentava sotto svariate forme. Una volta  si presentò in forma di crocifisso; altre volte con l’aspetto del padre spirituale o del padre provinciale. Addirittura gli apparve sotto figura del suo angelo custode, di san Francesco o della Vergine Maria. A volte era una solo, altre erano in molti. Lui li riconosceva, chiedendo loro di ripetere con lui: “Viva Gesù! Ma loro non volevano ripeterlo. Quasi sempre, dopo le apparizioni diaboliche, gli apparivano Gesù, Maria o il suo angelo custode”. (Positio I,1, p. 659)

 

Non ho un minuto

Da una lettera a Padre Benedetto del 3 giugno 1919: "Non ho un minuto libero: tutto il tempo è speso nel prosciogliere i fratelli dai lacci di satana. Questo appunto io fo assiduamente e di giorno e di notte." (Epistolario I, 1145) (Pasquale, 59-60)

 

 

Bastoni e catene

In una lettera da Foggia a Padre Agostino il 18 gennaio 1912: "Barbablu'non si vuole dare per vinto. Ha preso quasi tutte le forme. Da vari giorni in qua' mi viene a visitare assieme con altri suoi satelliti armati di bastoni e di ordigni di ferro e quello che è peggio sotto le proprie forme. Chi sa quante volte mi ha gittato dal letto trascinandomi per la stanza." (Epistolario.I, 252)

  Padre Pio sofferente

Paralizzato

Da Pietrelcina a Padre Agostino il 9 agosto 1912: "Barbablu' mi ha impedito di scrivervi. Ogni volta che mi determinavo a scrivervi ecco che un fortissimo dolore di testa mia assaliva, accompagnato da un acuto dolore al braccio destro, impossibilitandomi a tenere la penna in mano." (Epistolario I, 297)

        

 

Lettere  macchiata

Il 6 novembre 1912 Padre Agostino mando' una lettera a Padre Pio scritta in francese. Il calce alla lettera si legge questo attestato del parroco: "Attesto io qui sottoscritto arciprete di Pietrelcina, sotto la santita' del giuramento, che la presente aperta alla mia presenza giunse così macchiata: ma era del tutto illegibile. Messo di sopra il Crocifisso, aspersa d'acqua benedetta e recitati i santi esorcismi, si potè leggere come presentemente.  Difatti chiamata mia nipote Grazia Pannullo, insegnante, la lesse alla presenza mia e del Padre Pio, ignorando quanto fu praticato prima di essere chiamata. In fede, l'Arciprete Salvatore Pannullo. (Epistolario I, 312-4)

  Lettera in francese macchiata, con l'attestato dell' arciprete Pannullo   

 

 

Mi bussarono forte forte

Da una lettera da Pietrelcina a Padre Agostino  il 18 gennaio 1913: "Era gia' notte avanzata, e quegli impuri apostati incominciarono il loro assalto con un rumore indiavolato... Ed allorchè videro andare in fumo i loro sforzi, mi si avventarono addosso, mi gittarono a terra, e mi bussarono forte forte, buttando per aria guanciali, libri, sedie, emettendo in pari tempo gridi disperati e pronunziando parole estremamente sporche." (Epistolario I, 330)

La stanza di Padre Pio alla Torretta

 

 

Il mio corpo è tutto ammaccato

Lettera da Pietrelcina per Padre Agostino il 13 febbraio 1913: "Gesù non cessa di farmi affliggere da quei brutti ceffoni. Oramai sono sonati ventidue giorni continui che Gesù permette a costoro di sfogare la loro ira su di me. Il mio corpo, padre mio, è tutto ammaccato per le tante percosse che ha contato fino al presente per mano dei nostri nemici." (Epistolario, I, 338)

La stanza di P. Pio a casa del fratello Michele

 

 

Togliermi la camicia e percuotermi

A Padre Benedetto l'8 aprile 1913 da Pietrelcina: "Quei cosacci non cessano di percuotermi e di sbalzarmi alle volte anche dal letto, giungendo fino a togliermi la camicia e percuotendomi in tale stato." (Epistolario, I, 353)

  Stanza a casa del fratello

 

SantElia a Pianisi

"Nell'estate del 1905, Padre Pio racconta, mi trovavo a Sant'Elia a Pianisi nel periodo di studio della filosofia. Avevo la finestra e l'uscio aperto per il gran caldo. Si sentiva un forto odore di zolfo. Con terrore dalla porta vidi entrare un grosso cane, dalla cui bocca usciva tanto fumo. Caddi riverso sul letto e udii che diceva: è iss, è isso (è lui, è lui). Mentre ero in quella positura, vidi l'animalaccio spiccare un salto sul davanzale della finestra, da qui lanciarsi sul tetto di fronte, per poi sparire." (Alessandro, 65-6)

La cella di Padre Pio a Sant'Elia a Pianisi

 

Venafro

Dal Diario di Padre Agostino a Venafro: «le estasi erano sempre precedute o seguite dalle apparizioni diaboliche. Da principio [satana] gli apparí sotto la forma di un gatto nero e brutto. La seconda volta sotto forma di giovanette ignude che lascivamente ballavano. La terza volta, senza apparirgli, lo sputavano in faccia. La quarta volta, anche senza apparirgli, lo straziavano con rumori assordanti. La quinta volta gli apparí in forma di carnefice che lo flagellò. La sesta volta in forma di Crocifisso. La settima volta sotto forma di un giovine, amico dei frati, che poco prima era stato a visitarlo. L’ottava volta sotto la forma del padre spirituale [padre Agostino]. La nona volta sotto la figura del Padre provinciale. La decima volta sotto la forma di Pio X. Altre volte sotto forma del suo Angelo Custode, di San Francesco, di Maria SS... Finalmente nelle sue vere fattezze, orribili, con un esercito di spiriti infernali». Ed ancora: «Le apparizioni diaboliche Egli le riconobbe sempre tali con la sola domanda: “Di’ Viva Gesù!” Dopo averle riconosciute, le superava sempre col divino aiuto, anzi quasi ordinariamente seguiva un’immediata apparizione di Gesù, di Maria, dell’Angelo Custode»6 (Agostino, Diario, 50-1) 

La cella di Padre Pio a Venafro

 

 

Foggia

 

Violenta detonazione

Nel 1916 Padre Pio si trovava nel convento di Foggia. Una sera, chiese se poteva ritirarsi nella sua cella. Venne accontentato. Gli altri confratelli rimasero a mangiare nel refettorio. La cella di Padre Pio era situata al primo piano, proprio sopra il refettorio. I religiosi, mentre cenavano, vennero sorpresi e terrorizzati da una violenta detonazione. Scrisse padre Nazareno nei suoi Appunti: «...mandai Padre Francesco da Torremaggiore alla stanza di Padre Pio, immaginando che Piuccio, avendo bisogno di qualche cosa ed avendo chiamato invano, avesse lanciato una sedia in mezzo alla stanza per essere inteso. Il fratello andò su e domandò di che cosa avesse bisogno, ma Padre Pio rispose: “Non ho chiamato né ho bisogno di niente”...». Lo stesso avvenne anche le sere successive. «...Bisogna premettere che, dopo la detonazione..., si trovava Padre Pio in un bagno di sudore e dovevamo cambiarlo da capo a piedi... Dinanzi a queste detonazioni - racconta padre Nazareno - i frati si erano talmente impauriti che non volevano restare mai soli ed appena dopo la ricreazione ognuno si ritirava nella stanza e si chiudeva ermeticamente». (Giannuzzi, 97)

  

Convento di Foggia ai tempi di Padre Pio

 

Padre Nazareno, sempre nei suoi Appunti, annotò che, nonostante la drammaticità di tali fenomeni, Padre Pio teneva un comportamento normale e spesso intratteneva i confratelli con allegre battute: «Ci stava molto bene in mezzo a noi, la nota allegra non gli mancava mai, e poi, quando raccontava qualche fatterello, era tanto felice che non stancava; anzi, si provava gusto a sentirlo» (Giannuzzi, 98)

 

Monsignor D'Agostino

Fra i testimoni di tali fenomeni vi fu mons. Andrea D’Agostino, vescovo di Ariano Irpino. Al riguardo, sempre negli Appunti di Padre Nazareno, si legge: «Si trovò di passaggio una sera Monsignore D’Agostino, vescovo di Ariano Irpino, al quale credetti bene di raccontare quanto avveniva in convento, e lui: “Padre guardiano, il Medio Evo è finito e voi credete ancora a queste panzane?». Quando però nel refettorio si sentì, dopo un calpestio, la solita detonazione, «il domestico del Vescovo, che mangiava in foresteria, scappò al refettorio con i capelli ritti e pieno di paura. Il Vescovo rimase così impaurito che quella sera non volle dormire solo ed il giorno seguente lasciò il convento e più non ritornò» (Giannuzzi 99).

Padre Nazareno d'Arpaise      Mons. Andrea D'Agostino

 

 

 

Un cane feroce che si mise a ringhiare

Il generale Tarcisio Quarti testimoniò quello che un giovane ingegnere gli aveva raccontato: "Il 30 giugno del 1943, durante la guerra, era sceso alla stazione di San Severo e, non trovando nessun mezzo di trasporto, si era diretto a piedi verso San Marco in Lamis. Mentre era in piena campagna gli si avvicinarono alcuni contadini con aria minacciosa, con forche e badili. In quei giorni la gente era molto agitata perché erano caduti diversi paracadutisti inglesi, e lo scambiarono per uno di loro, che aveva nascosto il suo paracadute vicinissimo a quel luogo. Ma il giovane si mise a pregare, vedendo che gli si avvicinavano, e all’improvviso apparve un cane feroce che si mise a ringhiare contro i contadini. Questi, spaventati, rinunciarono a seguirlo. Il mattino dopo il giovane ingegnere riuscì ad arrivare a San Giovanni Rotondo. Quando Padre Pio lo vide gli disse subito: “Te la saresti vista brutta se non ti avessi mandato il mio angelo custode”. (Positio II, p. 1065)

 

Il diavolo si confessa da Padre Pio

Satana oltrepassò tutti i limiti della provocazione presentandosi a Padre Pio sotto la veste di un penitente. Questa la testimonianza diretta di Padre Pio a Padre Tarcisio da Cervinara:  "Una mattina, mentre stavo confessando gli uomini, mi si presenta un signore, alto, snello, vestito con una certa raffinatezza e dai modi garbati, gentili. Comincia a confessare i suoi peccati che erano di ogni genere: contro Dio, contro il prossimo, contro la morale. Tutti aberranti! Mi colpì una cosa. Per tutte le accuse, dopo la mia riprensione, fatta adducendo come prova la Parola di Dio, il Magistero della Chiesa, la morale dei Santi, l'enigmatico penitente controbatteva le mie parole giustificando, con estrema abilità e ricercatissimo garbo, ogni genere di peccato svuotandolo di qualsiasi malizia e cercando allo stesso tempo di rendere normali, naturali, umanamente comprensibili tutti gli atti peccaminosi. E questo non solo per i peccati che erano raccapriccianti contro Dio, la Madonna, i Santi - che indicava con perifrasi irriverenti senza mai nominarli - ma anche per i peccati che erano moralmente tanto sporchi e rozzi da toccare il fondo della più stomachevole cloaca. Le risposte che dava di volta in volta alle mie argomentazioni con abile sottigliezza ed ovattata malizia mi impressionavano. Tra me e me mi domandai: chi è costui? Da che mondo viene? Chi sarà mai? E cercavo di fissarlo bene in volto per leggere qualcosa tra le piaghe del suo viso. Nello stesso tempo aguzzavo le orecchie ad ogni sua parola in modo che nessuna di esse mi sfuggisse per soppesarle in tutta la loro portata. Ad un certo momento per una luce interiore vivida e fulgida percepii chiaramente chi era colui che mi stava dinanzi. Con tono deciso ed imperioso gli dissi: "dì Viva Gesù, Viva Maria!" Appena pronunziati questi soavissimi e potentissimi nomi, Satana sparì all'istante in un guizzo di fuoco lasciando dietro di se un insopportabile irrespirabile fetore". (Padre Tarcisio da Cervinara, Il diavolo nella vita di Padre Pio, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1993 seconda edizione, p. 47-8)

Padre Tarcisio Zullo da Cervinara (tutto a sinistra nella foto)

 

Lucifero si confessa da Padre Pio

Don Pierino: "Una mattina Padre Pio cominciò a confessare gli uomini in sacrestia. Io stavo nell'angolo, recitando il breviario. A un tratto entrò in sacrestia un uomo robusto sulle quarantina. Aveva i capelli brizzolati, gli occhi neri, piccoli e intelligenti, la giacca scura, i pantaloni rigati. Avanzò a passo cadenzato, fissandomi per qualche attimo con disprezzo. Quell'uomo, senza attendere il turno, passò davanti a tutti, spalancò le tendine, e rimase in piedi davanti a Padre Pio. Dopo poco vidi quell'uomo sprofondare giù e scomparire. Guardando quindi il Padre lo vidi chiaramente sotto le sembianze di Gesù. "  Un anno dopo Padre Pio raccontò a Don Pierino: "Ricordo di aver letto che un povero sacerdote era in sacrestia a confessare la gente. A un tratto vi entrò un uomo sulla quarantina, occhi neri, capelli brizzolati, giacca scura, pantaloni rigati, e passando davanti a tutti, si presentò davanti al confessore, rimanendo in piedi. Il sacerdote lo invitò a mettersi in ginocchio, ma quello rispose "Non posso!" Credendo che fosse ammalato, gli chiesi subito i peccati che aveva fatto. L'uomo disse tanti peccati da sembrare come se tutti i peccati di questo mondo li avesse commessi lui. Il sacredote, dopo aver dato gli opportuni consigli, invitò ancora una volta quello strano penitente a piegare almeno il capo, perché stava per impartirgli l'assoluzione. Quegli rispose ancora: "Non posso".  A  questo punto - raccontava Padre Pio - il sacerdote disse: "Amico mio, al mattino quando ti infili i pantaloni, la testa te la pieghi un pò, sì o no?" L'uomo guardò con sdegno il sacerdote e rispose: "Io sono Lucifero, nel mio regno non esiste piegatura." Don Pierino a Padre Pio: "Padre, quel sacerdote eravate proprio voi. Il fatto vi capitò l'anno scorso, giù in sacrestia, e io ero presente." Padre Pio: "Si è vero, mi è capitato anche a me." (Galeone, 70-2)

   Don Pierino Galeone con Padre Pio

 

 

 

Il letto sottosopra e la sbarra della tenda contorta

Padre Aurelio di Jorio da Sant'Elia a Pianisi fu studente nel Collegetto Serafico del convento di San Giovanni Rotondo negli anni 1916-8, quando era diretto da Padre Pio. Dopo la morte di Padre Pio Padre Aurelio ebbe una conversazione con Padre John Schug, un frate cappuccino americano Tra tanti dettagli, padre Aurelio riporto': "Il dormitorio che era usato da otto di noi studenti adesso è adibito ad archivio. Padre Pio dormiva con noi in questo dormitorio. Il suo letto era vicino alla finestra. Intorno al suo letto c'era una tenda sostenuta da una pesante sbarra di ferro.  Se tu avessi potuto vedere cio' che successe una notte! Noi ragazzi stavamo sempre a chiacchierare nel dormitorio. Una notte ci disse: "Non mi fate sfigurare con padre superiore che mi deve dire di nuovo di farvi star zizzi. Non fatemi dare una brutta figura. Non dite una sola parola. Buona notte!" Al mattino quando ci alzammo vedemmo che il letto di Padre Pio era stato completamente messo sotto sopra, e la sbarra di ferro della tenda era tutta contorta come se fosse una cioccha di capelli ricci. La sbarra era spessa com un dito, ma per tutta la sua lunghezza era tutta contorta. Noi avemmo veramente paura. Padre Pio venne, e noi chi domandammo che era successp. Egli disse: "è incredibile. Quando io finalmente otteni da voi la promessa di stare zitti, viene barbablu' (così Padre Pio chiamava il diavolo) e mette tutto a soqquadro." Egli aggiunse: "Credetemi, questo è niente. Non ne facciamo un caso." Egli disse che uno dei lavoratori aveva contorto la sbarra di ferro. più tardi la sbarra fu raddrizzata e rimessa al suo posto." (Schug, 115-7)

      Vincenzo Fini  Foto di gruppo del Collegio Serafico nel 1914 (Padre Pio ne fu direttore dal 1916 al 1918)

"Mastro Vincenzo Fini, calzolaio e fabbro, uomo di fiducia del convento, ormai assuefatto a questo tipo di riparazione, cerca di rimettere al meglio il letto sulle quattro zampe. (Peroni, 205). Risulta che mastro Vincenzo , oltre che calzolaio e fabbro, faceva un po' di tutti i mestieri. Per Padre Pio faceva anche "l'aggiustatore di ossa" . Ogni volta che Padre Pio usciva dalla lotta con il demonio con le ossa slogate o fratturate voleva essere "aggiustato" da mastro Vincenzo. Pietro Cugino, detto Pietruccio il cieco, ricorda che Vincenzo, prima di andarsene, dopo aver baciato la mano del padre,  gli sussurrava: "Eh! Te l'ha fatta stanotte, te l'ha fatta!" (Peroni, p.212-3, nota 7)

 

I diavoli nella cella #5

Padre Alberto: "Io e gli altri miei compagni di seminario, siamo stai testimoni di quanto accadeva nella cameretta #5, allorchè Padre Pio, notte tempo, veniva attaccato spietatamente dagli spiriti maligni, che gli apparivano visibilmente, sotto tetre figure, e lo bastonavano a sangue. Spesso noi fratini venivamo svegliati di soprassalto da rumori di catene, stridori di ferraglie, gridi egemiti provenienti dalla sua cella, poco distante dalle due piccole camerate. Uno di noi disse a Padre Pio: "Padre, io non ho paura del demonio; lo mandi da me e lo metterò subito in fuga." Padre Pio: "Tu non sai ciò che dici. Se tu vedessi il demonio, moriresti di spavento." (D'Apolito, Padre, 69-70)

 

Esorcismo a un'ossessa nel 1922

Padre Alberto: "Da chierichetto, nel maggio 1922, assistetti a un esorcismo. Dopo la funzione serale tornammo in sacrestia dove trovammo una donna ossessa, che alla vista di Padre Pio cominciò a urlare e bestemmiare. Padre Pio cominciò gli esorcismi tra urla, bestemmie, e parolacce dell'indemoniata. Questa, tutto a un tratto, emise un fortissimo grido e da una forza invisibile fu sollevata in aria all'altezza di un metro. Ci fu un fuggi fuggi di spavento. Padre Pio senza turbarsi continuo' gli esorcismi, come se fosse una lotta spietata col demonio, che, infine, sconfitto lasciò libera la donna." (D'Apolito, Padre, 71)

 

 

Padre Pio malmenato da Lucifero nel 1964

  Padre Joseph Pius, americano di New York, noto col suo nome di famiglia, Bill Martin prima del noviziato, conobbe Padre Pio nel 1959, torno' nel 64 e stette con lui come suo assistente fino alla morte.  Egli riporto': "Nel mese di giugno del 1964 c'era nella chiesa di Santa Maria delle Grazie una donna posseduta dal diavolo.Padre Pio la benedisse, e la donna comincio' a parlare, ma in una voce innaturale di basso, e disse: "Padre Pio, ci vedremo stanotte."  La gente non ci diede importanza, come se la donna fosse un po' matta. Quella notte il padre superiore fu svegliato da un fracasso tremendo che proveniva dalla stanza di Padre Pio. Egli trovo' Padre Pio sul pavimento, con un cuscino sotto la testa, con la fronte sanguinante. C'era un taglio sulla faccia sopra il sopracciglio destro. Gli occhi erano neri, ed anche sotto gli occhi c'era tutto nero. Le sue spalle erano terribilmente escoriate.  Il superiore chiese: 'Chi vi ha messo il cuscino sotto la testa?' Padre Pio: "La Madonna."  Egli stette così per una settimana, senza poter celebrare la Messa. Gli esorcismi continuarono la mattina dopo, e il diavolo disse all'esorcista: "La scorsa notte sono stato sopra, a visitare il vecchio. Io lo odio tanto perché è una sorgente di fede. Io gli avrei fatto tanto più male se non fosse stato per la Signora Bianca che mi fermo' e proibi' di continuare. " Circa due anni dopo una donna ando' a confessarsi da Padre Pio e disse: "Padre, l'ultima volta che ero qui fu quando quel piccolo diavolo vi fece tanto male. Padre Pio: "Piccolo diavolo! Non era per niente piccolo! Mi picchio' con le zampe di Lucifero." (Schug, 72-3)

  Joseph Martin con Padre Pio

 

La giovane indemoniata era una diciottenne della provincia di Bergamo. L'assalto a Padre Pio avvenne la sera domenica  5 luglio verso le 22. Padre Pio grido': "Fratelli aiutetemi! Fratelli aiutatemi!" Il giorno dopo Padre Dellepiane incontra Padre Pio nel corridoio del primo piano, sostenuto da due confratelli. A quel punto odono la voce della giovane invasata dal demonio che, dal corridoio di sotto, urla: "Quell'anima era gia' mia; me l'ha levata per forza, all'ultimo istante, quel vecchiaccio. L'avrei dovuto distruggere questa notte; e gli occhi glieli avrei cacciati certamente se quella donna non gli avesse messo un cuscino sotto il viso." Lunedi' mattina 6 luglio il demonio, per bocca dell'ossessa, diede un altra conferma dell'accaduto: "Ieri sera alle 10 sono stato a trovare qualcuno... mi sono vendicato... così imparera' per un'altra volta." Padre Pio Dellepiane, dei Frati Minimi diede una testimonianza scritta. I due confratelli che sostenevano Padre Pio nel corridoio erano Padre Onorato e Padre Eusebio. Padre Alberto D'Apolito con altri sacerdoti tentarono invano di esorcizzare l'indemoniata. Egli deridendoli gridava: "Non vi vergognate. Avete mangiato e bevuto e ora volete cacciarmi da questo corpo. Non sarà mai." Quando Padre Pio dopo alcuni giorni potè scendere per celebrare, la ragazza indemoniata, al vederlo uscire con i paramenti sacri, caccio' un grande urlo, svenne, e si rialzo' liberata dal demonio. (Peroni, p. 541 e note 12 e 13, pp. 545-6) (Versione da testimone di Padre Alberto D'Apolito, Padre, pagg. 72-75)

 

Quando Padre Pio riprese a confessare, Cleonice Morcaldi gli chiese: "Padre, è stato il maligno a farti cadere?" Egli rispose; "Lo Spirito Santo certo no!" (Cleonice Morcaldi, 216)

  Padre Pio Dellepiane       Padre Onorato  Marcucci  Padre Eusebio  Notte  

  Padre Alberto D'Apolito   Cleonice Morcaldi (dietro a P. Pio)  Padre Pio sofferente

 

 

All'inferno

Padre Benedetto padre spirituale di Padre Pio mandò nel 1921 al Santo Ufficio le sue note su Padre Pio in cui tra l'altro si diceva: "Ha sperimentato i tormenti dell'inferno nel veder soffrire i dannati. Circa due anni addietro (nel 1919) ogni periodo di 10 o 15 giorni si è dato tale tormento. Sperimentate le pene del senso e del danno. Trovarsi con anima e corpo con i dannati e i demoni." (Socci, Il Segreto, dopo nota 201)

 

Non un gran numero

Padre Pio a John McCaffery: "Io non credo che un gran numero di persone va all'inferno. Dio ci ama così tanto!  Egli ci ha creato a sua immagine. Dio il Figlio si è incarnato per redimerci. Egli ci ama al di la' dell'immaginabile. Io credo che anche quando siamo passati dalla coscienza di questo mondo, quando noi sembriamo morti, Dio, prima di giudicarci, ci darà un'opportunità di vedere e capire che cosa è realmente il peccato. E se noi lo capiamo propriamente, come possiamo esimerci dal pentirci?" (McCaffery, Tales, 67)

 

 

 

Padre Pio scelto per combattere la grande battaglia tra angeli e diavoli per la salvezza dell'umanita.

 

20 settembre 1912 a Padre Agostino: "Contro ogni mio demerito, il Signore ha scelto anche la mia anima per essere aiutato nel grande negozio dell'umana salvezza." (Epistolario I, 304)

 

Padre Pio quando aveva quindici anni fu chiamato in missione speciale a lottare nella gigantesca battaglia tra il bene e il male, come lui stesso riporta verso la fine dei suoi anni, "in virtu' di santa ubbidienza," in uno scritto di suo pugno in terza persona. La visione ebbe luogo dopo la festa di Natale del 1902, pochi giorni prima di partire per il noviziato di Morcone.

 

 “Un giorno, mentre stava meditando sul problema della sua vocazione e su come avrebbe potuto decidersi a dare l’addio definitivo al mondo e dedicarsi totalmente a Dio, la sua anima fu rapita e riuscì a vedere con gli occhi dell’intelligenza oggetti diversi da quelli che si vedono con gli occhi del corpo. Vide al suo fianco un uomo dall’aspetto maestoso, di straordinaria bellezza, splendente come il sole.

 

Questi lo prese per mano e gli disse: “Vieni con me, perché ti conviene  combattere da valoroso guerriero.” Quindi lo condusse in una spaziosissima campagna. Quivi vi erano  una grande moltitudine di uomini; questi erano divisi in due gruppi. Da una parte vide uomini di volto bellissimi, e ricoperti di vesti bianche, candide come le nevi; da un’altra parte, che era un secondo gruppo, vide uomini di orrido aspetto e vestiti di abiti neri a guisa di  ombre oscure. Fra questi due grossi gruppi di personaggi vi era un grande spazio e qui venne collocata quest'anima dalla sua guida. 

Padre Pio che combatte il gigante nero. Mosaico nella cripta di San Pio

 

Colui che lo guidava lo mise in mezzo ai due gruppi. Allora il giovane Francesco vede avvicinarsi in mezzo a quello spazio che divideva i due gruppi, un uomo di smisurata altezza, da toccare con la fronte le nuvole, e dal volto bruttissimo. Il personaggio luminoso lo avverte che deve combattere con questo terribile mostro, ma lui prova un indicibile terrore. Allora il ragazzo lo sente dire: “Qualsiasi resistenza è inutile. Devi lottare con lui. Avanza valorosamente, io rimarrò vicino a te. Ti aiuterò. Non permetterò che ti sconfigga! Come premio per la vittoria ti regalerò una splendida corona”. La lotta venne accettata.

 

Lo scontro fu spaventoso, terribile ma alla fine, con l’aiuto della guida luminosa, Francesco lo sconfisse e lo costrinse a una vergognosa fuga. Il mostro, rabbioso, si rifugiò dietro gli uomini dall’aspetto orribile. L’altro stuolo di uomini di bell’aspetto scoppiò in applausi e grida di giubilo. E gli posero una splendida corona sulla testa, che però il personaggio luminoso ordinò di rimuovere mentre gli diceva: “Ne ho in serbo per te un’altra molto più bella, se riuscirai a lottare sempre con valore contro questo perverso personaggio che oggi hai combattuto. Tieni presente che tornerà ancora e ancora all’assalto. Combatti con valore e non dubitare mai del mio aiuto”. (Pena 7-8)   (Epistolario I, 2011, pp. 1280-1282)


Il significato di questa visione gli divenne più chiaro cinque giorni prima della sua partenza per il noviziato. Era il 1 gennaio del 1903: La sua anima si vide avvolta in una luce interiore molto intensa. Compenetrato da questa luce purissima, capì in modo chiarissimo che l’ingresso nel convento per dedicarsi al servizio del Re celeste implicava esporsi alla lotta contro quell’uomo, mostro dell’inferno, con cui aveva sostenuto una dura battaglia nella visione precedente. (Pena 8)  (Epistolario I, 2011, p. 1283)

Michelangelo, Il Giudizio Universale

 

 

 

 

 

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