Le ultime ore di Padre Pio
Dal libro del dr. Emanuele Giannuzzo, San Pio, pagg. 417-24:
L’ultima notte di Padre Pio viene raccontata in modo semplice e
commovente da padre Pellegrino da Sant’Elia a Pianisi. Il racconto che
egli fa di quella notte, quale unico e privilegiato testimone delle
ultime ore della vita terrena di Padre Pio, è certamente e
incontestabilmente attendibile. È un racconto fissato nel registratore.
Ecco un ampio stralcio del testo così come riportato da Luigi Peroni nel
suo libro Padre Pio da Pietrelcina:
Padre Pellegrino Funicelli
Padre Pellegrino
Padre Pellegrino:
«...In particolare, durante la notte capitava che domandava spesso
l’orario, specialmente quando si avvicinava l’ora della Santa Messa;
dopo la mezzanotte, verso l’una, cominciava a domandare
frequentissimamente l’ora. Così pure l’ultima notte: dalle nove fino a
mezzanotte è stata come tutte le altre. Però ho notato questo
particolare: mentre le altre volte, quando si metteva a letto riprendeva
un colorito bellissimo, quella notte si era ricolorito un po’, ma non
come le altre volte. Aveva gli occhi lacrimosi, arrossati, ma le
lacrime non scendevano... Qualche lacrima sul ciglio, che io ho
asciugato. Durante queste prime tre ore mi ha chiamato cinque o sei
volte per domandarmi l’orario. [...]
...A mezzanotte ha cominciato a tremare come un bambino; una paura, un
terrore che è durato sino all’una dopo mezzanotte. Ha voluto che mi
sedessi vicino a lui, vicino al letto, e mi stringeva forte le mani. Poi
mi ha domandato: “Guagliò, hai ditto ‘a Messa?”. Erano circa le 12,10.
Ed io: “È troppo presto”, ho risposto sorridendo, “è ancora mezzanotte!”
E lui: “Mbè! Stamattina la dirai per me”. Questa frase è suonata nuova
al mio orecchio, perché, quando mi domandava per la Messa, e lo faceva
quasi tutte le mattine, o mi chiedeva: “la dici secondo le mie
intenzioni?”, oppure, qualche volta, mi diceva lui stesso: “stamattina
dì la Messa secondo le mie intenzioni”. Ma mai aveva usato
quell’espressione: “Stamattina la dirai per me!”.
Verso le 12 e mezzo mi chiese di confessarlo. L’ho confessato e, finita
la confessione, così, di punto in bianco, mi dice: “Se il Signore mi
chiama oggi, chiedi perdono ai confratelli dei fastidi che ho dato e
chiedi una preghiera per l’anima mia ai confratelli e ai figli
spirituali”. Io gli ho risposto quasi male, contrastandolo in maniera
piuttosto forte, dicendo in dialetto: “Padre spirituale, ha ‘voglia a
campa’ ancora!”. Poi, quasi pentito della risposta poco garbata, o
almeno un po’ forte, ho cercato di raddolcire, e ho detto: “Ma se
dovesse avere ragione Lei... - così, quasi per accontentarlo e non
proprio per chiedere la benedizione - ...ma se dovesse aver ragione Lei,
posso chiederle l’ultima benedizione per i confratelli, per tutti i
figli spirituali, per i suoi malati?”. Lui ha detto: “Si, li benedico
tutti”. E poi ha aggiunto: “Mbè! Chiedo però la carità del superiore che
la dia lui quest’ultima benedizione, in vece mia”.
Infine mi ha chiesto di rinnovare la professione religiosa. Lo avevo confessato molte altre volte, però mai mi aveva chiesto di rinnovare
la professione religiosa. Questo fatto mi ha colpito un poco. Comunque,
glie l’ho fatta rinnovare. Lui ha detto : “Dì tu innanzi... io dico
appresso a te...”. Quasi per dirla con più precisione, o quasi per
rimettersi alle mie capacità di memoria, non fidandosi delle sue. Egli
ha ripetuto dopo di me; ed io, infine, ho chiuso così: “Ed io, da parte
di Dio, se osserverai queste cose, ti prometto la vita eterna!”.
È rimasto altri cinque, dieci minuti a letto, e in questo frattempo mi
domandava spessissimo l’orario, ogni tre o quattro minuti, ma senza
fare commenti. Ecco, questo mi sembra che ci sia stato di differente con
le altre notti: la richiesta dell’orario. Cioè, mentre le altre notti
chiedeva l’orario e commentava anche... “Mbè! Non passa mai questo
orario”; oppure: “Come è passato presto!...”, quella notte, invece, in
quell’ora tra mezzanotte e l’una, domandava l’orario, ma non lo
commentava. Sembrava proprio che avesse un appuntamento e che, insomma,
avesse fretta. [...] All’una questa lotta è terminata, e me ne sono
accorto perché ha det-to: “Voglio alzarmi, perché sulla poltrona respiro
meglio”.
Gli ho fatto qualche difficoltà, ma lui ha insistito e io ho
ceduto. Lui si è alzato, e sembrava un giovanotto, anche se io, quando è
andato a sciacquarsi la faccia, e quando si è pettinato, gli tenevo la
mano sotto l’ascella. Camminava diritto: non lo vedevo così da cinque o
sei anni. Questo fatto mi ha impressionato moltissimo. E così pure
quando l’ho accompagnato sulla porta per fare i soliti quattro passi in
mezzo ai corridoi; perché quando lui si alzava per prepararsi alla
Messa, verso le due, due e mezzo, e alle volte anche verso l’una, faceva
sempre quattro passi per i corridoi.
Quella notte, arrivato sulla
porta, invece di andare per i corridoi, ha detto: “Andiamo sulla
loggia”. Lui stesso ha acceso la luce, entrando sulla loggia; s’è seduto
lì e si è messo a guardare... Ha smesso di pregare (ché lui, appena si
alzava, la corona o l’aveva già in mano, oppure se la metteva subito in
mano per pregare). Sulla loggia ha smesso di pregare ed è stato cinque
minuti così a curiosare, girando gli occhi all’intorno, su e giù, e li
fissava specialmente nel punto dove poi lo abbiamo messo appena morto.
Una mia riflessione postuma, una mia attuale impressione, è che si
vedesse già là, disteso.
Padre Pellegrino sulla veranda con Padre Pio
mentre parlano di un bel quadro di Padre Pio
Dopo che sono passati cinque minuti, mi ha detto: “Mbè! Ritorniamo in
stanza”. Da quando si era alzato dal letto fino a quando mi ha chiesto
di tornare in stanza, saranno passati quindici o venti minuti, non di
più; quindi s’era fatta l’una e un quarto, l’una e venti. Sono andato
per aiutarlo, ma s’era cominciato ad appesantire; lui stesso ha detto:
“Non ce la faccio!”. Allora, per fargli coraggio, ho detto: “Padre
spirituale, non si preoccupi, c’è qui la sedia a rotelle”.
Difatti, la
sedia a rotelle stava lì, fuori della porta di accesso alla veranda.
L’ho preso, l’ho avvicinato, l’ho fatto sedere su e l’ho riaccompagnato
in stanza. Lì, l’ho fatto adagiare sulla poltrona e lui, indicandomi la
sedia a rotelle, ha fatto il gesto, con la mano sinistra, per dire:
“portala fuori”; quasi a precisare: ormai non serve più.
Rientrato dentro, ho visto che era diventato pallido pallido. Gli ho
passato una mano sulla fronte: c’era un po’ di sudore freddo. Ma non mi
sarei impressionato per questo, perché capitava spesso che avesse
attacchi di asma e che quindi si sentisse male. Mi sono impressionato
invece per il livido che cominciava ad apparire sulle labbra. Comunque,
per un poco ho continuato a preparare una pedana, che noi mettevamo
sotto i suoi piedi, per tenerglieli sollevati quando era in poltrona, in
modo che non gli si gonfiassero più. Difatti, negli ultimi mesi, con
questo sistema, cioè con un po’ di letto in più e con quella pedana, i
piedi non gli si gonfiavano più come una volta.
Mentre preparavo questo
sgabello, lui, guardando la fotografia della mamma, che è dirimpetto
alla poltrona, mi ha detto: “Ma lì chi c’è?...” “Eh! - ho risposto - c’è
la fotografia della mamma sua!”. E lui: “Io vedo due mamme”. Io,
ritenendo che ciò dipendesse dal malessere, e che in conseguenza gli si
fosse indebolita un po’ la vista, ho detto: “Padre, ma intorno a questo
quadretto che rappresenta la mamma sua, c’è una... due... tre
fotografie della Madonna di Pietrelcina; poi ci stanno fotografie di
ammalati, la fotografia di Maria Pyle...”. Ma lui ha replicato: “Quelle
le vedo tutte chiaramente, ma io lì vedo due mamme...”.
Allora ho
pensato che si trattasse di qualcosa un po’ fuori dal naturale e volevo
insistere, ma lui ha cominciato a dire: “Gesù, Maria, Gesù, Maria...” e
non mi ha risposto più. Nel vedere che il livido alle labbra era
cresciuto, allora mi sono spaventato e mi sono mosso per andare a
chiamare qualcuno. Lui subito si è accorto, e mi ha detto: “No, non
disturbare nessuno”. Io mi sono avviato lo stesso, e, arrivato davanti
alla porta del superiore, mi sento richiamare con voce piuttosto forte.
Ritorno indietro, pensando che mi chiamasse per un altro motivo. Invece
era per lo stesso: cioè, non svegliare nessuno, non disturbare nessuno.
Allora gli ho risposto... un po’ forte: “Padre spirituale - ho detto -
mi dispiace, ma adesso non comanda Lei, comando io”. Quindi l’ho
lasciato, mentre lui continuava a dire: “Non disturbare nessuno”.
Io sono corso a chiamare padre Mariano, ma la porta della sua stanza era
chiusa, mentre quella di fra Guglielmo, il frate americano, era aperta.
Sono entrato, l’ho svegliato, l’ho scosso, l’ho accompagnato subito da
Padre Pio, ed io sono corso subito a telefonare al dottor Sala. Il
dottor Sala sarà arrivato dopo dieci minuti, o al massimo un quarto
d’ora. Appena l’ha visto, ha detto: “Beh, è uno dei soliti attacchi..”.
E non si è impressionato.
Quando però sollevammo Padre Pio per metterlo a letto, mi accorsi che
egli era completamente sciolto: le ginocchia non lo reggevano più, le
braccia si erano appesantite... insomma, sembrava un corpo morto. A
fatica, infatti, riuscimmo a metterlo sul letto per la iniezione… Sala,
aiutandoci anche lui, perché proprio non gliela si faceva, lo fece
rimettere sulla poltrona. Ma anche in questa posizione, il respiro si
faceva sempre più lento e tutto faceva prevedere un imminente decisivo
collasso.
Il dott. Sala si è impressionato quando, fatta l’iniezione, questa non
ha prodotto l’effetto desiderato.
Erano passati oltre dieci minuti e nessuna reazione si era verificata,
tanto che, ormai coscienti di quanto stava per accadere
irrimediabilmente, si decidette col dott. Sala di chiamare il guardiano,
avvertire la comunità, i medici di turno della Casa Sollievo e il nipote
Mario Pennelli.
Ci siamo guardati in faccia col dottor Sala. Io ho detto: “Mah! Vado a
chiamare il superiore”».
Padre Pellegrino, alle ore due circa, andò a svegliare il guardiano. Il dott. Giuseppe Sala telefonò al dott. Giovanni Scarale, anestesista
della Casa Sollievo della Sofferenza, descrivendogli in fretta la
situazione e pregandolo di venire immediatamente e di portare lo
strumentario occorrente per la respirazione artificiale del Padre. Poi
tornò nella cameretta di Padre Pio, gli applicò un sondino nasale
collegato ad una bombola di ossigeno e subito dopo andò a chiamare il
dott. Giuseppe Gusso, Direttore Sanitario della Casa Sollievo.
Intanto
il guardiano, entrando nella cella del Padre, lo vide seduto sulla
poltrona ansimante. Si accorse della gravità della situazione e subito
andò a svegliare pa-dre Raffaele da Sant’Elia a Pianisi, confessore del
Padre. Nel frattempo arrivarono nella cameretta padre Mariano, padre
Paolo e i due medici della Casa Sollievo. Il dott. Scarale si diede
subito da fare. Alle spalle del Padre, gli diceva di respirare profondamente,
mentre con la mano destra controllava il polso carotideo.
Intanto erano stati destati gli altri confratelli, che si strinsero in
preghiera attorno a Padre Pio.
Padre Pellegrino così narra gli ultimi
minuti di vita del Padre, spirato alle 2,30:
«Nel frattempo, gli ho dato
un buon sorso di caffè. Gli ho accostato alle labbra la tazzina e lui
stesso ha avuto la forza di sorbirla, ma non ha più avuto la forza di
ingoiare tutta la bevanda. È stato anche per questo motivo che non
abbiamo potuto somministrargli la Santa Eucaristia.
Padre Paolo da San
Giovanni Rotondo, sacrista del Santuario, amministrò al Padre il
sacramento degli infermi...».
Passano pochi istanti e poi il Padre
«...verso le due e mezzo… le due e trentuno, come un bambino che si
addormenti, ha chinato la testa un po’ a sinistra ed è spirato…»
La notizia si diffuse rapidamente. Già, vicino la cella del Padre,
sostavano sgomenti una trentina di frati, presenti a San Giovanni
Rotondo per la ricorrenza del cinquantesimo anniversario delle stimmate.
(Giannuzzo, San Pio, 418-23)
Sedia a braccioli su cui mori' Padre Pio
La scomparsa delle stimmate
Dopo la morte, il guardiano e il dott. Giuseppe Sala invitarono i
presenti ad uscire dalla cella per consentire, sul corpo del Padre, i
pietosi uffici. Oltre il guardiano e il dott. Sala, nella cella erano
rimasti padre Raffaele, padre Mariano, padre Pellegrino e padre Giacomo.
Tolto dalla poltrona, il corpo di Padre Pio venne adagiato sul lettino.
Nel ricomporre la salma, si constatò con stupore che non c’era più
traccia delle stimmate! La cute appariva perfettamente sana dove prima,
e per 50 anni, si trovavano impresse le stimmate. Un mistero nel
mistero.
Tavolo su cui fu adagiato il corpo di Padre Pio appena morto
Padre Giacomo Piccirillo, invitato dal Padre guardiano,
documentò l’evento eseguendo un accurato servizio fotografico. Vedi piu'
avanti.
Dr. Giuseppe Sala
Dr. Giuseppe Sala
Si riporta qui di seguito un stralcio della testimonianza del dott. Sala,
datata 7 luglio 1969, con la quale viene fornita una chiara e preziosa
descrizione dell’eccezionale evento: «Dieci minuti dopo la morte, le
mani, il torace ed i piedi di Padre Pio, sostenuto da me, come risulta
dalla presenza delle mie mani nelle fotografie eseguite, vennero
fotografati da un frate [padre Giacomo Piccirillo] in presenza di altri
quattro confratelli. Le mani, i piedi, il torace e ogni altra parte del
corpo non mostravano rilievi di ferite, né cicatrici erano presenti
alle mani e ai piedi, né al dorso né alle palme od in sede plantare, né
al costato là dove in vita aveva avuto piaghe ben delimitate e visibili.
La cute, in quei punti riferiti, era uguale a quella di ogni parte del
corpo: morbida, elastica, mobile, e la pressione digitale non
evidenziava sprofondamenti del derma o del sottocutaneo o spostamenti di
ossa o cedimenti delle stesse. L’aspetto, il colore, la consistenza non
rivelavano alcunché di particolare, né la presenza di segni di pregressa
incisione, lacerazioni, ferite, piaghe o reazioni infiammatorie.
In conclusione, le palme e il dorso delle mani, il dorso e le piante dei
piedi e l’emitorace sinistro avevano cute normale, integra, di colorito
uniformemente uguale al resto del corpo, fermo restando i rilievi di
pallore e di modica stasi dovu-ti alla morte sopravvenuta da poco. Tali
rilievi delle piaghe che Padre Pio aveva in vita e che alla morte sono
scomparse, si de-vono considerare come un fatto fuori da ogni tipologia
di comportamento clinico e di carattere extra naturale».
Sicché, mentre il servizio fotografico documenta la completa scomparsa
delle stimmate, la relazione del dott. Sala sottolinea la
straordinarietà di quanto avvenuto, il fatto cioè inspiegabile, «fuori
da ogni tipologia di comportamento clinico», per cui ferite come quella
al costato e come quelle perforanti l’intero spessore delle mani e dei
piedi, tutte sanguinanti per un cinquan-tennio, siano scomparse
lasciando la cute perfettamente integra, senza un minimo segno
cicatriziale.
La scomparsa delle stimmate avvenne gradualmente, iniziando negli ultimi
mesi di vita per concludersi durante la celebrazione dell’ultima Messa e
nelle ultime ore precedenti la morte del Padre. Al riguardo
significativa appare la dichiarazione fatta da padre Pellegrino, che fu
molto vicino al Padre negli ultimi anni della sua vita: «Negli ultimi
tre anni della sua vita, standogli vicino, ho potuto notare che dai
piedi gradatamente erano scomparse anche le ecchimosi. Egli però aveva
nei piedi una sensibilità straordinaria e tale che mi prendeva il
panico quando dovevo infilargli i sandali: bastava infatti passare un
dito leggero leggero sul dorso dei suoi piedi per procurargli un dolore
che si traduceva subito in una smorfia sul suo viso. [...]
Quattro o cinque mesi prima del 23 settembre 1968, le ferite ancora aperte
diminuirono piano piano le loro effusioni di sangue. [...] Quelli che
assistevamo Padre Pio, cioè padre Onorato, padre Alessio ed io, notammo
dalle pezzuole che anche nella piaga del costato avveniva lo stesso
fenomeno di diminuzione. Le pezzuole infatti erano sempre meno intrise
di sangue. Il 22 settembre 1968, mentre Padre Pio celebrava la sua
ultima Messa, caddero dalle sue mani due scaglie perfettamente bianche.
La mattina del 23, mentre il dott. Sala ed io preparavamo il suo corpo
esanime, cadde dalla sua mano sinistra l’ultima scaglia. Allora... ci accorgemmo che sul costato, sui piedi e sulle mani non c’erano né
ferite né cicatrici».
Leggendo una testimonianza resa il 28 settembre 1968 da padre Alessio,
le stimmate erano ancora presenti nei primi mesi del 1968. Padre Alessio,
una mattina del febbraio di quell’anno, mentre assisteva Padre Pio, in
un momento in cui egli fu colto da malore, vide le sue mani senza guanti
e intrise di sangue: «Le piaghe al centro della parte superiore delle
mani erano profonde un centimetro circa, mentre le parti interne erano
ricoperte di una larga e spessa crosta. Nelle piaghe potei notare sangue
semiraggrumato, che io con molta cura e delicatezza gli asportai. Non
mi preoccupai di togliere tutto il sangue raggrumato nelle piaghe perché
mi accorsi che ogni movimento gli procurava spasimo e dolore».
Ma,
circa un mese prima della sua morte, ormai circolava la voce che le
piaghe del Padre andavano scomparendo. Al riguardo padre Pellegrino
scrisse: «Tutti i fedeli che assistevano alla celebrazione della sua
Messa notavano questo fenomeno e notavano anche che Padre Pio, sempre
scrupolosissimo nel nascondere le piaghe delle mani con le maniche del
camice, negli ultimi tempi lasciava che le mani si scoprissero
liberamente». (Giannuzzo, San Pio, 423-4)
Padre Carmelo da San Giovanni in Galdo
Padre Carmelo
In una relazione scritta due mesi dopo la morte di Padre Pio, il
guardiano, padre Carmelo da San Giovanni in Galdo, rilasciò la seguente
testimonianza: «La notte del 23 settembre 1968, appena morto Padre Pio,
consapevole di dover lasciare una testimonianza ufficiale ed autorevole,
volli di proposito, insieme con altri testimoni, osservare da vicino le
stimmate, e dovetti constatare che le mani non si presentavano più come
altre volte le avevo viste; ma le ferite sia delle mani che dei piedi e
del costato erano completamente rimarginate senza lasciare alcun segno o
traccia di cicatrice. Si osservino le foto, che quella stessa notte
vennero scattate, e che si allegano come documentazione alla presente
testimonianza».
Padre Carmelo sentì anche il dovere di precisare che non
era giusto affermare che le stimmate erano scomparse due o tre mesi
prima della morte; le stimmate, invece, due o tre mesi prima di morire,
«sono cominciate piano piano a chiudersi ed a ridurre la fuoriuscita di
sangue, fino a presentarsi alla morte completamente rimarginate e senza
alcuna cicatrice. Prova ne è che proprio all’ultimo momento si è
staccata l’ultima crosticina o pellicola dalla mano sinistra. [...]
Quindi Padre Pio ha continuato a portare i guanti fino all’istante
della morte non per ingannare, ma per coprire, come sempre, le
ferite».
Rimaneva comunque inspiegabile il motivo per cui, d’improvviso, proprio
il guardiano, padre Carmelo da San Giovanni in Galdo, aveva ordinato di
lasciare le mani e i piedi del Padre coperti rispettivamente dai mezzi
guanti e dalle calze. Perché non si era voluto mostrare ai fedeli un
evento tanto straordinario? Al riguardo, padre Carmelo spiegò tale
decisione dicendo che, poiché la scomparsa delle stimmate era nota solo
a quei pochi che avevano composto il cadavere, stimò «opportuno di
lasciare il corpo coperto ai piedi con le calze ed alle mani con i mezzi
guanti, così come Padre Pio usava andare da vivo. Questo non per
occultare la verità, ma perché in quel momento non era opportuno
rendere pubblico il fatto, che poteva prestarsi a false ed affrettate
interpretazioni ed a motivo di scandalo per i deboli». (Giannuzzo, San
Pio, 424-5)
Testimonianza data dal
Dott. Giovanni Scarale
Sulla morte di
Padre Pio da Pietrelcina
Foto del dr. Scarale consegnate da lui alla dottoressa Giovanna
Mischitelli.
Testimonianza del dr. Scarale
A venticinque anni dalla morte del Venerato Padre Pio da Pietrelcina,
dopo aver rivissuto tante volte nella mia mente e nel mio cuore gli
ultimi attimi della sua esistenza terrena e dopo aver cercato di
ricordare esattamente ogni particolare descritto accuratamente nel
quaderno dei miei appunti, ho accettato volentieri l’invito di Padre
Gerardo Di Flumeri, vice postulatore della causa di Beatificazione del
Servo di Dio, a rilasciare la seguente testimonianza.
Premetto che sono anestesista della Casa Sollievo della Sofferenza fin
dal 1964 ed è in quella veste che fui convocato alla morte del Padre.
Preciso inoltre che finora, pur essendo stato più volte sollecitato da
varie parti, non ho mai ritenuto opportuno fare alcuna dichiarazione su
questa mia ‘fortunata’ esperienza.
Erano circa le ore due del 23 settembre 1968 quando a casa sentii
squillare il telefono: era il dott. Sala, medico curante di P. Pio, che
mi chiamava dal Convento dei Cappuccini. Con voce concitata mi disse di
raggiungerlo immediatamente perché il Padre stava molto male, inoltre mi
raccomandò di fare in fretta altrimenti non avrei più visto P. Pio vivo.
Mi pregò di portare un aspiratore e tutto l’occorrente per l’assistenza
respiratoria e per l’eventuale IOT (intubazione orotracheale). Egli,
intanto, aveva già applicato al Padre un sondino nasale collegato ad una
bombola di ossigeno.
Gli chiesi se, oltre a me, avesse telefonato al dott. Gusso e, avendo
ricevuto risposta negativa, gli raccomandai di farlo in quanto mi
sembrava opportuno che il Direttore Sanitario della Casa Sollievo della
Sofferenza venisse informato.
Mi precipitai in Ospedale, presi l’aspiratore e l’occorrente per
l’assistenza respiratoria quindi, con un infermiere che mi aiutava a
trascinare l’aspiratore mi avviai verso il Convento. Sul piazzale della
Chiesa incontrai il dott. Gusso.
Entrai nella cella di P. Pio: qui c’erano il dott. Sala, il Padre
Superiore del Convento ed alcuni frati. Subito mi colpì il respiro
superficiale ed il pallore del Padre: mi avvicinai, tolsi il sondino
nasale e collegai il “va e vieni” alla bombola dell’ossigeno.
Il Padre era seduto sulla sua poltrona e respirava ancora spontaneamente:
mi disposi alle spalle e con la mano sinistra gli poggiai la maschera
sul volto mentre con la destra apprezzavo il polso carotideo. Più volte
invitai accoratamente il Padre a respirare profondamente, ma lui
sembrava non prestare ascolto alle mie parole. Appariva distaccato da
tutto ciò che lo circondava e con voce sempre più flebile sussurrava: “Gesù
Maria, Gesù Maria” continuando a sgranare il Rosario con le dita della
mano destra.
Ebbi l’impressione che tutta questa assistenza durasse un’eternità
mentre, in effetti, si protrasse soltanto per dieci minuti. Poi,
all’improvviso, il polso carotideo scomparve e la testa di Padre Pio si
adagiò sul mio avambraccio sinistro. Senza alcun lamento il Padre spirò.
Ci fu un attimo di smarrimento generale dopo di che tutti i presenti si
precipitarono alla poltrona del Padre, mentre io e gli altri medici
tentammo le manovre rianimatorie del caso, ma invano. Quindi adagiammo
il Padre sul suo lettino. Nello sguardo di tutti si leggeva sgomento,
tristezza, incredulità.
Sono grato a Padre Gerardo Di Flumeri di avermi offerto la possibilità
di rendere pubblica questa mia testimonianza sull’ultima notte del
Venerato Padre che rimarrà indelebile nella mia mente e nel mio cuore.
San Giovanni Rotondo, 27 maggio 1993
Dott. Giovanni Scarale
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