Inquisizione
Nel 1919, col diffondersi delle notizie intorno a Padre Pio, la gente accorreva da
ogni parte, sempre più numerosa. Lungo il sentiero che portava al
convento si formavano lunghe file di persone, di ogni condizione sociale,
servendosi di carri e muli, unici mezzi utilizzabili per quel percorso.
Padre Paolino, nelle sue Memorie, scrisse che gli uomini, pur di
confessarsi da Padre Pio, aspettavano fino a 10-15 giorni «dormendo
sulla nuda terra nei campi», (Giannuzzi, San Pio, 163)
Gente in attesa di ricevere la benedizione da Padre Pio
Abito di Padre Pio con pezzi tagliati dal bordo inferiore
Un'immaginetta con una fotografia di Padre Pio fatta il 24 giugno 1919
"PADRE PIO DA PIETRALCINA. Fotografia eseguita durante la celebrazione
della Messa nella Chiesa del CONVENTO DEI CAPPUCCINI il giorno 4 giugno
1919. S. GIOVANNI ROTONDO"
Un'altra immaginetta di Padre Pio con fotografia fatta il 27 giugno 1919
"Vera Effigie del Santo Padre Pio Cappuccino da Pietrelcina.
Istantanea del 27 giugno 1919. San Giovanni Rotondo (Foggia) Convento
dei Cappuccini"
Gradatamente andava sempre più diffondendosi la conoscenza dei doni
carismatici di Padre Pio. Specialmente il dono della scrutazione delle
coscienze era un potere dagli effetti travolgenti. Padre Pio poteva
penetrare nella profondità dell’animo altrui leggendovi ciò che era noto
solo alle singole coscienze. Poteva anche leggere i peccati del
penitente prima ancora che egli parlasse. Ma era un carisma questo che
causava a Padre Pio una pena acuta e nel contempo spingeva il Padre a
provocare e stimolare il peccatore a convertirsi. (Giannuzzi, San Pio,
170)
La stampa
Anche la stampa intervenne. Il primo servizio serio e completo su Padre
Pio uscì sul Mattino di Napoli del 20-21 giugno 1919. Il giornale andò a
ruba e, lo stesso giorno, uscirono altre due edizioni con qualche lieve
ritocco. Autore del servizio era un inviato speciale, Renato Trevisani.
Il giornale riportava un editoriale dal titolo ”Il fenomeno” cui seguiva
un’ampia cronaca. Il tutto impaginato sotto un titolo a caratteri
cubitali, certamente non gradito né alla comunità del convento né
all’autorità ecclesiastica: «Padre Pio, il “Santo” di San Giovanni
Rotondo, opera un miracolo sulla persona del cancelliere del paese.
Presente un inviato speciale del “Mattino”». (Giannuzzi, San Pio, 162).
Il Mattino di Napoli
Intanto, continuavano a pervenire lettere anonime contenenti calunnie
infamanti contro i frati, fra l’altro accusati di offrire indumenti di
Padre Pio per incrementare le offerte. Al nuovo Provinciale padre Pietro
da Ischitella, che chiedeva spiegazioni, padre Paolino rispose con una
lettera datata 6 agosto 1919, ribattendo a tutte le accuse. (Giannuzzi,
San Pio, 166)
La gente del posto era in agitazione perché circolava voce che Padre Pio
sarebbe stato presto allontanato. E questo si comprende leggendo la
lettera del 10 ottobre 1919 con la quale il Provinciale scrisse al Padre
Generale di avere assistito, durante un soggiorno in San Giovanni
Rotondo dal 7 all’11 settembre 1919, ad una «protesta quasi minacciosa»
della folla davanti al convento. (Giannuzzi, San Pio, 167)
Padre Pietro Da Ischitella, nuovo superiore provinciale, nella sua
lettera al Padre Generale dei Cappuccini, racconta: «Fui a San Giovanni
Rotondo dal 7 all’11 settembre 1919. A titolo di cronaca riferisco la
poco simpatica accoglienza avuta alla sera del mio arrivo. Il giorno
precedente era giunto a San Giovanni Rotondo il molto reverendo padre
Benedetto da San Marco in Lamis in compagnia di monsignor Valbonesi, (vescovo
di Menfi e canonico della Basilica Vaticana, molto affezionato a Padre
Pio). La presenza del molto reverendo ex Provinciale e di un Vescovo
sconosciuto fece nascere il sospetto che si volesse portar via Padre Pio
e bastò a qualcuno che venisse il sospetto perché la voce si spargesse
in tutto il paese in modo allarmante...». Non fu facile conclude padre
Pietro nella sua lettera - convincere la folla, che, con turni di
guardia, non mancò di sorvegliare l’uscita del convento durante la
notte. (Giannuzzi, San Pio, 168)
Padre Pietro da Ischitella
Testimoni
La fama di Padre Pio cominciava a diffondersi dappertutto. Anche
illustri religiosi si interessarono a lui.
Nel 1919-21 il cardinale Augusto Silj fece visita a Padre Pio diverse
volte, e ne diede una impressione molto favorevole al papa Benedetto XV.
Il 24 ottobre 1921 Padre Pio fece questo disegnino sul retro di un
biglietto da visita del Card. Silj per spiegare la forma della stimmata
del costato.
14 settembre 1919. Mons. Alberto Costa vescovo di Melfi e Rapolla: "Le
mie impressioni si riducono a una sola: di aver parlato e conversato con
un Santo." (Gerardo, Le stigmate, 67)
Mons. Alberto Costa
Novembre 19, 1919. Il cardinal Pietro Gasparri, Segretario di Stato,
scrisse al superiore dei cappuccini per chiedere qualche oggetino di
Padre Pio per la sua nipote Antonia Veda.
Card. Pietro Gasparri
27 marzo 1920. Mons Kenealy, Arcivescovo di Simla nelle Indie Orientali:
"Ho esaminato bene le stimmate. Sono profondamente convinto che abbiamo
un vero Santo." (Gerardo, Le stigmate, 69)
Futuro cardinale
Pietro Parente: “Io conobbi Padre Pio già’ nel 1919, in una visita che gli feci
a San Giovanni Rotondo. Ero Rettore del Seminario di Benevento, dove avevo degli
alunni della sua Pietrelcina; mi accolse con simpatia sicché potetti trattare
con lui confidenzialmente, servirgli la messa, nonostante la sua riluttanza,
scoprirgli e baciargli la mano,
e trattenermi in discreta
conversazione. Fin d’allora ebbi l’intuizione del suo interno mistero". (Fernando,
Crocifisso,
5)
Card. Pietro Parente
2 novembre 1920. Mons. Giuseppe Angelo Poli, vicario apostolico di
Allahabad, India: "Non ho neppure il minimo dubbio: il dito di Dio e'
qui'."
Mons. Giuseppe Angelo Poli
17 febbraio 1921. In una lettera a Mons. Poli Padre Pio esprime il
desiderio di diventare missionario: "Ho fatto istanze vivissime presso
il mio direttore per essere arruolato tra i vostri missionari, ma,
povero me, non mi ha trovato degno." (Epistolario IV, 40)
Agostino Gemelli
Il 18 aprile 1920 Padre Agostino Gemelli visito' San Giovanni Rotondo.
In sacrestia disse a Padre Pio: "Sono venuto per fare un esame clinico
delle vostre piaghe," Padre Pio: "Avete un'autorizzazione per iscritto?"
Padre Gemelli disse di no; e Padre Pio: "In questo caso non sono
autorizzato a mostrarvele." Il giorno seguente Padre Gemelli mando' al
Sant'Uffizio un rapporto molto negativo su Padre Pio, tra cui: "Da tutto
l’insieme al sottoscritto sembra che si tratti di un caso di suggestione
inconsciamente prodotto dal padre Benedetto in un soggetto malato come è
il Padre Pio e che ha condotto a quelle caratteristiche manifestazioni
di psittacismo che sono proprie della struttura isterica. Dico “sembra”
poiché si tratta solo di una “interpretazione” che richiede la prova di
indagini rigorose ed accurate." (Giannuzzo, San Pio, 186)
Padre Agostino Gemelli
Nel 1920 il Sant’Uffizio venne messo in allarme, oltre che dalla
relazione di padre Gemelli, anche da una lettera del 24 luglio inviata
dal Vescovo di Foggia, mons. Salvatore Bella. Alla lettera erano
allegate due testimonianze giurate, una del farmacista foggiano dottor
Valentino Vista e l’altra di sua cugina Maria De Vito, con le quali, in
particolare con la prima datata 27 giugno 1920, venivano pro-spettati
sospetti nei confronti di Padre Pio sull’uso di acido fenico e di
veratrina.
Mons. Salvatore Bella
Di fronte alla gravità dei documenti ricevuti, il cardinale Merry del
Val, Segretario del Sant’Uffizio, decise di chiamare padre Joseph Lemius
e di affidargli l’incarico di esaminare l’intero dossier su Padre Pio e
di esprimere il suo parere. Alla fine del suo lavoro, Lemius presentò al
Sant’Uffizio il «voto», una dettagliata relazione datata 22 gennaio
1921. Giudica «fuori questione... la possibilità di stimmate di
origine divina», come pure la possibilità di stimmate di origine
diabolica. E ancora: «Che un individuo possa procurarsi a sé stesso le
stimmate con dei mezzi fisici o chimici, ciò è pure fuori di dubbio».
Giudica invece sostanzialmente condivisibili le conclusioni di Bignami,
cioè «la possibilità di stimmate almeno cominciate per una causa
patologica, completate poi e mantenute con un mezzo chimico. Citando poi
quanto dichiarato dalla farmacista Maria De Vito sulla richiesta da
parte di Padre Pio di acido fenico e di ve-ratrina, Lemius aggiunge: «Fatti
gravi, tali da aggiungere peso alla interpretazione del Prof. Bignami».
Conclude con la proposta di inviare sul posto un Visitatore apostolico
«per una accurata inchiesta da farsi sul carattere morale, ascetico,
mistico del P. Pio»
Il Servo di Dio
Cardinal Rafael Merry del Val
I cardinali della Suprema Congregazione, nella riunione del 4 maggio 1921,
decisero di ordinare una inchiesta canonica, come suggerito da padre
Lemius. L’inchiesta venne affidata a mons. Raffaello Carlo Rossi, 45
anni, dall’aprile 1920 vescovo di Volterra e futuro cardinale. Mons.
Rossi tentò di rinunciare all’incarico, ma, dopo una iniziale resistenza,
dovette poi accettare.
Mons Rossi partì per San Giovanni Rotondo, dove giunse il 14 giugno 1921
e vi rimase una settimana. Durante la sua approfondita indagine,
sottopose ad interrogatorio Padre Pio nel corso di sei incontri avvenuti
tra il 15 e il 20 giugno, non mancando di eseguire una attenta visita
delle sue “stimmate”. Raccolse pure le deposizioni, oltre che del
Provinciale padre Pietro da Ischitella, di diversi confratelli di Padre
Pio7: il guardiano del convento padre Lorenzo da San Marco in Lamis,
padre Ignazio da Jelsi, padre Luigi da Serracapriola, padre Romolo da
San Marco in Lamis, padre Lodovico da San Giovanni Rotondo, padre
Cherubino da San Marco in Lamis. Infine, non mancò di interrogare
l’Arciprete Giuseppe Prencipe e l’economo della Parrocchia, don Domenico
Palladino.
Al termine dell’indagine, il Vescovo di Volterra scrisse una relazione,
datata 4 ottobre 1921 e intitolata Sul P. Pio da Pietrelcina: un testo
dattiloscritto di 141 pagine, custodito nell’Archivio della
Congregazione per la Dottrina delle Fede.
Raffaello Carlo Rossi, dei Carmelitani Scalzi,
futuro cardinale, nato a Pisa
«P. Pio è sempre stato un ottimo religioso: lo proclamano tutti ad una
voce, sacerdoti e confratelli. Ancor giovane studente era così stimato
per la sua pietà e il suo spirito d’osservanza che alcuni Superiori
ricorrevano perfino a lui per consiglio».
"In conversazione P. Pio è piacevolissimo; coi confratelli sereno,
gioviale, faceto, anche, e tutto ciò è indubitatamente segno di buono
spi-rito."
"Il P. Lodovico lo designa “Religioso di santa vita”; il P. Cherubino: “Religioso
buono, che ispira confidenza e devozione a chiunque parla con lui”.
Infine, il P. Provinciale non esita a dire di aver potuto riscontrare
nel P. Pio, fin da giovane, “docilità, obbedienza ed esatta osservanza
dei doveri religiosi e di scuola.”
"Senza dire delle di lui assicurazioni verbali di voler sempre esser
sottomesso alla Chiesa e alla legittima Autorità, una prova insigne di
obbedienza mi dette col mettermi in mano, al primo mio cenno e senza la
minima osservazione, tutte le lettere ricevute dal P. Benedetto ex
Provinciale."
«P. Pio è un buon religioso, esemplare, esercitato nella pratica delle
virtù, dato alla pietà ed elevato forse nei gradi di orazione più di
quello che non sembri all’esterno; risplendente in particolar modo per
una sentita umiltà e per una singolare semplicità che non son mai venute
meno neppure nei momenti più gravi, nei quali queste virtù furono messe
per lui a prova veramente grave e pericolosa»24
"È un povero frate che, a quanto mi consta, se ne sta a sé e che
inconsciamente è divenuto centro di tanta attrazione. A lui si sono in
questi anni attribuite tante cose delle quali egli, fossero state pur
vere, non avrebbe avuto piacere si fosse parlato."
"Le stimmate ci sono: siamo dinanzi a un fatto reale: impossibile
negarlo."
"Quello che sicuramente mi pare possa oggi asserirsi, ricapitolando, è
che le stimmate in questione ed in esame non sono né opera del demonio,
né un grossolano inganno, una frode, un’arte di un malizioso o un
malvagio. E questo, se non erro, può essere oggi sufficiente per
rassicurare la Suprema Autorità ecclesiastica davanti al “caso” del P.
Pio da Pietrelcina."
"Questo profumo gratissimo e vivissimo, paragonabile a quello della
viola lo attestano tutti e lo attesto anch’io. L’ho sentito come ho
veduto le stimmate.
«I Religiosi che compongono la Comunità di S. Giovanni Rotondo sono seri,
riservati, prudenti: nessun provvedimento occorre prendere a loro
riguardo. Regole speciali sono state date per il ricevimento di secolari
in foresteria, in convento, al refettorio; proibito che fotografi e
giornalisti avvicinino Padre Pio; proibito che si distribuiscano e
diffondano pannolini od altri oggetti appartenenti a Padre Pio. Per ogni
buon fine i pannolini bagnati di sangue li conserva riservatamente il
Padre Superiore»
"Quello di straordinario che avviene nella persona di P. Pio non si può
dir come avvenga, ma non avviene certamente né per intervento diabolico,
né per inganno o frode; che gli entusiasmi popolari sono diminuiti
molto; che la Comunità religiosa presso la quale P. Pio convive è una
buona Comunità e tale da dare affidamento." (Giannuzzo, San Pio,
220)
Con lettera inviata il 2 giugno 1922 dal cardinale Merry del Val al
Ministro Generale dell’Ordine, padre Giuseppe Antonio da San Giovanni in
Persiceto, furono comunicate le seguenti disposizioni del Sant'Uffizio:
"Non celebri la Messa ad ora fissa, ma a qualunque ora, «in preferenza
summo mane [cioè, all’alba] ed in privato».
«Non dia benedizione sul popolo». «Per nessun motivo egli mostri le
cosiddette stimmate, né parli o le faccia baciare».
Deve «d’ora innanzi avere un altro direttore spirituale diverso dal
padre Benedetto, col quale interromperà ogni comunicazione anche
epistolare; non manchi chi possa dargli una direzione spirituale sicura
e oculata».
«Per l’esecuzione di quanto è stato detto sarebbe necessario che il
Padre Pio fosse allontanato da San Giovanni Rotondo e collocato in un
altro luogo» fuori dalla sua provincia religiosa, "per esempio in un
convento dell’Alta Italia."
31 maggio 1923 Dichiarazione nell' "Acta Apostolicae Sedis": "«La
Suprema Congregazione del Sant’Uffizio, preposta alla fede e alla difesa
dei costumi, dopo un’inchiesta sui fatti attribuiti a Padre Pio da
Pietrelcina dei Frati Minori Cappuccini del convento di San Giovanni
Rotondo nella diocesi di Foggia, dichiara non constare da tale inchiesta
della soprannaturalità di quei fatti ed esorta i fedeli a conformarsi
nel loro modo di agire a questa dichiarazione.» Luigi Castellano, notaio
della suprema congragazione.
Il 5 luglio 1923 la dichiarazione viene anche pubblicata in un
trafiletto sull' "Osservatore Romano.
La notizia venne ripresa dalla stampa, che diede risalto al severo
atteggiamento del Vaticano nei confronti del Pa-dre. La «Gazzetta delle
Puglie», il 5 luglio, giorno in cui il decreto fu pubblicato, uscì con
un articolo dal titolo: Il Vaticano sconfessa i pretesi miracoli di
Padre Pio di San Giovanni Rotondo. Il giorno dopo, «Il Paese» uscì con
un articolo dal titolo: Il Vaticano sconfessa Padre Pio. Il 21 luglio il
«Corriere della Sera» uscì con un articolo dal titolo polemico (Agitazioni
in favore di un preteso Santo), ma dal contenuto serio e obiettivo.
Il cardinale Merry del Val, quando un fedele di Padre Pio gli chiese
perché il Sant’Uffizio aveva negato la soprannaturalità dei fatti
attribuiti a Padre Pio, rispose: «Il Sant’Uffizio non ha negato nulla.
Ha dichiarato che non gli consta (non constat) la loro sovrannaturalità.
È molto differente».
Cardinal Merry del Val
Il 16 giugno 1922 il superiore del convento, Padre Ignazio da Ielsi,
riceve l'ordine che Padre Pio deve celebrare messa in privato, e non puo'
scrivere o ricevere lettere. Padre Ignazio ci pensa qualche giorno su' e
il 25 giugno ordina a Padre Pio di dire messa in privato. Appena la
gente vide che Padre Pio non scendeva per la messa, una folla immensa
capeggiata dal sindaco Morcaldi si reco' al convento. Padre Ignazio
telegrafo' a Padre Pietro: "«Il popolo, notato che Padre Pio non
celebrava più in pubblica chiesa, ha ritenuto questa disposizione come
offensiva e quasi una punizione a lui inflitta e, persuaso che ciò fosse
un primo provvedimento, al quale altri più gravi sarebbero seguiti, si è
sollevato in comizio, tenutosi in piazza, nel quale fu deliberato di
nulla lasciare intentato per ottenere la revoca del detto provvedimento;
ed il sindaco a nome della stessa popolazione ha spedito telegrammi di
protesta alle autorità ecclesiastiche. Una fiumana di popolo di tremila
persone, accompagnata da musica e dalle autorità civili e militari, salì
al convento, chiedendo assicurazioni sia per la non rimozione del Padre
Pio sia per la celebrazione della Messa in pubblico. Il sindaco ed altre
autorità del paese vennero in convento a persuadermi di sospendere
l’esecuzione dell’ordine; ed io, a fin di evitare altri gravi
inconvenienti e per sedare l’eccitazione del popolo, ho creduto bene
accondiscendere alla loro richiesta fa-cendo di nuovo celebrare Padre
Pio in pubblico, sino a quando vostra paternità non mi comunicherà altre
istruzioni in proposito». (Alessandro, Cireneo, 174) (Giannuzzi 235-6)
(Peroni, Padre Pio, 307-8)
Padre Ignazio da Jelsi
Gli abitanti di San Giovanni Rotondo iniziarono una guardia armata al
convento, ventiquattr'ore su ventiquattro, per impedire che Padre Pio
fosse rimosso dal convento. Da Roma fu inviato Camillo Camilleri per
organizzare il trasferimento di Padre Pio.
Foto del 1925. Le "guardie" di Padre Pio
auto-organizzatesi sin dal 1923 (Dal libro San Giovanni Rotondo ai tempi
di Padre Pio, di Michele Biscotti, GERCAP, Foggia - Roma, 2006; pag.
321)
Padre Pio guardato a vista
Il 30 luglio 1923, Padre Luigi D'Avellino, per ordine del superiore
generale Padre Giuseppe Antonio da Persiceto, notifico' Padre Pio che
doveva errese trasferito ad un altro convento. Padre Pio disse: "Sono
pronto a fare la volonta' dei miei superiori. Se proprio mi dovete
trasferire a un altro convento, preferirei andare a quello di Montefusco."
Padre Luigi D' Avellino
Il 4 agosto 1923, Padre Cherubino da Castelnuovo, del convento di Ancona.
notifico' Padre Pietro da Monteroberto, superiore del vicino convento di
Cingoli, che Padre Pio stava per essere trasferito a quel convento.
Sentendo che Padre Pio doveva essere rimosso da San Giovanni Rotondo in
gran segreto, Padre Cherubino suggeri' di nascondere Padre Pio in un
grosso barile, piazzato sopra un carretto. Padre Ignazio da Ielsi
commento' che quei frati non conoscevano il popolo di San Giovanni
Rotondo.
Il 10 agosto 1923, durante i vespri, mentre Padre Pio stava per benedire
i fedeli con l'ostensorio, il muratore Donato Centra si fece avanti con
una pistola in pugno, la mise alla tempia di Padre Pio e disse: "Vivo o
morto tu starai qui in paese con noi." Donato fu gettato a terra e
bloccato dai presenti prima che premesse il grilletto.
Il 17 agosto 1923 arrivo al convento un telegramma dal Sant'Ufficio, che
diceva che l'ordine di trasferimento era sospeso fino a nuovo ordine.
Il 2 ottobre 1923 Mary Pyle e Maria Montessori incontrarono Padre Pio
per la prima volta.
Il 2 aprile 1924 padre Celestino da Desio, per la seconda volta, venne
incaricato dalla Curia Generalizia di recarsi nei conventi di Foggia e
di San Giovanni Rotondo «per osservare ciò che succede intorno al rev.
P. Pio, il di lui contegno, e in generale il contegno che tengono, a di
lui riguardo, i religiosi componenti le due rispettive comunità
suaccennate». Padre Celestino trascorse 8 giorni nel convento di Foggia
e 11 giorni in quello di San Giovanni Rotondo. Incentrò l’indagine sul
movimento dei pellegrini e sui loro rapporti con Padre Pio, ma
soprattutto sul denaro che i pellegrini facevano affluire al convento.
Il 22 aprile Padre Celestino tornò a Roma e il 25 aprile provvide a
consegnare una relazione sull’esito della sua indagine, con la quale veniva dimostrata, anche questa volta, l’infondatezza delle accuse nei
confronti della comunità religiosa del convento di San Giovanni
Rotondo.
Padre Celestino da Desio divenuto vescovo mons. Celestino Cattaneo,
vicario apostolico d'Eritrea
Intanto l’arcivescovo mons. Gagliardi continuava a fornire al
Sant’Uffizio notizie calunniose contro Padre Pio, allegando anche
lettere e testimonianze di don Giuseppe Prencipe, don Domenico Palladino
e don Giovanni Miscio. Segnalava in particolare la gran quantità di
denaro messa a disposizione dei frati del convento e le speculazioni
economiche di alcuni fedeli, e gettando anche ombre sulla persona di
Padre Pio.
Mons. Pasquale Gagliardi
Il 24 luglio 1924, in questo clima di
sospetti, il Sant’Uffizio, emanò un «Monito» di estrema durezza,
con cui venne richiamata la precedente Declaratio del 31 maggio 1923,
ribadendone «con più gravi parole» il contenuto:
«Con la dichiarazione del 31 maggio dell’anno scorso... questa Suprema
Sacra Congregazione del S. Ufficio, a cui e' affidato il compito
di tutelare i costumi, ha ammonito i fedeli, dopo un’inchiesta svolta
sui fatti che comunemente si attribuiscono a P. Pio da Pietrelcina,
dell'Ordine dei Minori Cappuccini, nel convento di San Giovanni Rotondo,
che nessun dato è stato possibile raccogliere intorno alla loro pretesa
soprannaturalità; ed esortava i fedeli a conformarsi a questa
dichiarazione nel loro modo di comportarsi. Raccolte ora, da ancor più
numerose e sicure fonti, altre informazioni, la medesima Suprema Sacra
Congregazione ritiene suo dovere esortare i fedeli con parole ancora più
gravi affinché essi si astengano assolutamente dal visitarlo e
dall’intrattenere con lui qualsiasi rapporto anche epistolare, per
motivo di devozione»
Monito
Il 5 ottobre 1925 Padre Pio subi' un'operazione di riduzione d'ernia
inguinale destra, praticata dal dr. Giorgio Festa, in una celle del
convento trasformata in infermeria. Padre Fortunato da Serracapriola
fece da infermiere. Dr. Angelo Merla fece da assistente.
Dr. Giorgio Festa e Padre Fortunato.
Oggetti conservati
Il 23 aprile 1926 fu pubblicata su "Acta Apostolicae Sedis" la
notificazione che il libro di Giuseppe De Rossi (pseudonimo di Emanuele
Brunatto) dal titolo "Padre Pio da Pietrelcina" era inserito nell'Indice
del libri proibiti. Nella stessa notificazione si ricordava ai fedeli
che era il loro dovere di non visitare Padre Pio, e che era proibito
scrivergli.
Decreto, libro di De Rossi Brunatto, monito ai fedeli
L'11 luglio 1926 fu messo all'Indice il libro di Giuseppe Cavaciocchi
"Padre Pio da Pietrelcina. Il fascino e la fama mondiale di un umile e
grande francescano." Anche in quest'occasione il Sant'Ufficio ne
approfitto' per ricordare in maniera ancora piu' forte ai fedeli di non
visitare Padre Pio e di non scrivergli lettere.
Decreto, libro di Cavaciocchi, monito ai fedeli
Nel marzo del 1927 una commissione indago' sull'operato dei membri del
clero di San Giovanni Rotondo, Miscio, Prencipe, e Palladino inclusi.
Nel maggio 1928 una commissione indago' sull'operato di Mons. Gagliardi,
arcivescovo di Manfredonia. Poco dopo l'arcivescovo si ritiro' a vita
privata nel suo paese natale.
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