Ordinazione sacerdotale, Servizio Militare, Pietrelcina, Foggia

 

 

Pietrelcina

 

A causa della sua malferma salute, come detto sopra, nel maggio del 1909 Fra Pio fu accompagnato alla sua casa natale in Pietrelcina da Padre Agostino. (Alessandro, Cireneo, 55)

In Pietrelcina cerco' di continuare gli studi interrotti per potersi preparare al sacerdozio. Il Parroco Arciprete don Salvatore Pannullo e don Giuseppe Orlando gli insegnarono teologia dogmatica e lo introdussero alle cerimonie liturgiche della messa.

Padre Pio stette in Pietrelcina sette anni (1909-1916)

 

Gesualdo

 

Nei mesi di novembre e dicembre 1909 Fra Pio passo' alcune settimane nel convento di Gesualdo, dove gli fu insegnata Teologia Morale.

In Gesualdo il diavolo comparve a Padre Pio nelle sembianze di Padre Agostino e cercò di scoraggiarlo dal proseguire sulla via religiosa. Quando scomparve in una nube di fumo lasciò dietro di una puzza disgustosa.

      Gesualdo com'era e com'e'.

Mappa dell'area. Gesualdo indicato da una stella.

          Monumento a Padre Pio sulla piazza del convento.

Nei

 

Pietrelcina

 

Diacono nel 1909

Domenica 18 luglio 1909 Fra Pio ricevette l'ordine del Diaconato dalle mani di Monsignor Benedetto Maria Della Camera, vescovo titolare di Thermopolis, nella chiesa del convento di Morcone.
Attestato di ordinazione al diaconato



Nel periodo che padre Pio era diacono, dal 18 luglio 1909 al 10 agosto 1910, fra Pio si trovava in Pietrelcina. Un giorno Vincenzo Masone gli chiesa di battezzare suo figlio. Padre Pio chiese permesso all'arcipret Pannullo e si preparo' per celebrare il battesimo. A  un certo punto del rito egli doveva porre un piccolo pizzico di sale nella bocca del battezzando. Evidentemente fra Pio ne mise un po' troppo e il bambino comincio' a strabuzzare gli occhi in modo strano. Fra Pio fu spaventato e corse da Pannullo gridando: "Ho ucciso il bambino. Ho ucciso il bambino." In realta' quello non era il caso e poco dopo tutto torno' normale. Quel bambino battezzato da fra Pio divenne un religioso redentorista, Padre Ermelindo Masone. (Capuano, Con p. Pio, 79) (Alessandro, Racconta e dice, 111-2)


 

 

Dispensa dall'eta'

L'eta' canonica minima per essere ordinato sacerdote e' 24 anni.  Padre Pio aveva 23 anni, era malaticcio, e credeva che poteva morire prima dei 24 anni. Cosi' egli chiese la dispensa dall'età minima per essere ordinato subito. Il 22 gennaio 1910 scisse una lettera a Padre Benedetto, ministro provinciale, supplicandolo di intercedere presso la Santa Sede per poter ottenere la dispensa "cosi' morro' contentissimo" (Epistolario I, 178-9)

Il 6 luglio 1910 Padre Benedetto scrisse a fra Pio : "Ho ottenuto la dispensa." (Epistolario I, 188)
Il documento di dispensa dall'eta'

Esame finale
IL 30 luglio 1910, insieme a don Salvatore Pannullo, che lo aveva preparato in privato, fra Pio si reco' all'Arcivescovado di Benevento per l'esame finale. La commissione esaminatrice fu contenta della sua preparazione e diede il permesso per poter essere ordinato sacerdote.


Permesso dei Cappuccini
Approvazione finale per l'ordinazione sacerdotale di Fra Pio, da parte di Padre Benedetto, superiore provinciale dei cappuccini della provincia di Sant'Angelo.



Ordinazione sacerdotale nella cattedrale di Benevento

Il 10 agosto 1910, all'eta' di 23 anni fra Pio fu ordinato sacerdote nella Cattedrale di Benevento. Egli fu l'unico sacerdote ordinato quel giorno, in una cerimonia privata nella cappella dei canonici. Il celebrante fu Mons. Paolo Schinosi, arcivescovo titolare di Marcianopoli.

      
 La cattedrale di Benevento

      La cappella dove Padre Pio fu ordinato sacerdote

L'arcivescovo Paolo Schinosi

Il documento ufficiale dell'ordinazione sacerdotale di Padre Pio da Pietrelcina.



Il mattino di quel giorno fra Pio era arrivato a Benevento accompagnato da mamma Peppa e don Salvatore Pannullo. Era partito da Pietrelcina con un mezzo pubblico in quel tempo molto comune nell’Italia meridionale, il cosiddetto sciaraban, una vettura con più sedili e trainata da due cavalli. Presenti all’Ordinazione erano, oltre mamma Peppa, amici e parenti. Era invece assente papà Grazio, ripartito per l’America alcuni mesi prima, per la seconda ed ultima volta. In America, assieme a papà Grazio, si trovava anche il fratello Michele. (Giannuzzi, San Pio, 66)

  Lo sciaraban o sciaraballo

Una banda musicale di paese

Raffiuoli


La sera stessa dell’ordinazione sacerdotale Padre Pio, assieme ai parenti, fece ritorno a Pietrelcina con la stessa vettura dell’andata, lo sciaraban, che faceva servizio pubblico tra Benevento e Pietrelcina. La cognata Giuseppa Cardone, moglie del fratello Michele, aveva ingaggiato una banda musicale, diretta dal maestro Giuseppe Crafa, che aspettava il Padre all’ingresso del paese per poi accompagnarlo a suon di musica fino a casa. Lungo le vie i paesani, giulivi, gettavano in aria dolciumi e monetine. A casa il festeggiamento continuava con l’offerta di vino e dolci ai parenti . A casa Mamma Peppa mise su una gran festa, con ricevimento. Ella aveva preparato i dolci specialità di Pietrelcina, chiamati raffiuoli.  (Giannuzzi, San Pio, 66)


Prima Messa Cantata Solenne

Padre Pio celebrò la prima messa cantata solenne il 14 agosto 1910, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria degli angeli.

Padre Agostino fece il panegirico del novello sacerdote, dicendo tra l'altro:  "Tu non hai molta salute, non puoi fare il predicatore. Ti auguro perciò di essere un grande confessore."

Padre Pio scrisse sul didietro dell'immaginetta ricordo: «Ricordo della mia 1a Messa / Gesù / Mio sospiro mia vita / Oggi che trepidante / Ti elevo / In un mistero di amore / Con Te io sia pel mondo / Via Verità Vita / E per Te sacerdote santo / Vittima perfetta»

Anche Padre Benedetto preparò per l'occasione un'immaginetta ricordo su cui scrisse: «All’amato alunno / dei Cappuccini di Sant’Angelo / Dolcissimo Padre Pio da Pietrelcina / nel giorno fausto / della Messa Novella / augurando che / Dio lo possieda in Cielo / come egli / lo possiede fra le sue mani in terra / pregando / che sia memore / di chi ha diritto ai suoi affetti / Fra Benedetto da San Marco in Lamis / Ministro Pr


   
   Prima messa solenne

Calligrafia di Padre Pio sull'immaginetta ricordo della prima messa

L'immaginetta ricordo fatta stampare da Padre Benedetto.








 

 


Vita sacerdotale in Pietrelcina, fuori del convento (1910-16)

Messa lunga
Dopo l'ordinazione sacerdotale Padre Pio visse in Pietrelcina perché' non ce la faceva con la salute a tornare in convento.
Celebrava la Messa nella vicina chiesetta di Sant’Anna, ma scendeva a celebrare anche nella chiesa parrocchiale di Santa Maria degli Angeli. Duarante la celebrazione della Messa rimaneva a lungo assorto in preghiera, spesso facendo trascorrere oltre un’ora senza proseguire. Don Giuseppe Orlando, nel suo Diario, così scrisse: «La sua Santa Messa era un mistero incomprensibile. Io poche volte l’ho visto celebrare in paese all’altare Maggiore, riferisco però quello che mi disse il parroco Pannullo, giurando sul suo sacerdozio. Padre Pio al Memento era talmente assorto nella pre-ghiera che passava oltre un’ora senza proseguire. La sua Messa era così lunga che la gente la evitava perché, dovendo tutti andare alla campagna a lavorare, essendo un paese agricolo, non potevano rimanere per ore e ore in Chiesa a pregare insieme a lui». (Giannuzzi, San Pio, 67)

Telecomando
Infatti, la prima lamentela sollevata dai paesani fu che la Messa da lui celebrata durava troppo a lungo. Protestarono col parroco, il quale non sapeva come risolvere la situazione «Il parroco mi disse - continua don Giuseppe Orlando - che l’aveva accusato finanche al padre Guardiano dei Cappuccini, che veni-va spesso a Pietrelcina per interessarsi della salute del suo suddito, e il P. Guardiano aveva pregato il parroco di richiamarlo con la mente perché così per santa ubbidienza avrebbe subito ubbidito». Don Pannullo sul momento pensò che il Padre guardiano volesse prendersi burla di lui, ma volle provare lo stesso. «Ebbene - conclude don Giuseppe Orlando - tutti i giorni che Padre Pio diceva messa l’arciprete si metteva in Chiesa e, a distanza, mentalmente lo comandava; e Padre Pio subito ubbidiva. “Senti, Peppino, mi confermò l’arciprete, io ho i piedi sulla tomba e tu devi credermi che quanto ti ho detto è vero.”» (Convento, 11 conventi, 130-1)


Stimmate invisibili il 7 settembre 1910 a Piana Romana

Piana Romana
Dopo la messa Padre Pio si recava a Piana Romana, dove la famiglia aveva la masseria. Per giungere alla masseria di famiglia doveva attraversare Porta Madonnella per uscire dal centro antico del paese. Lungo la strada doveva poi attraversare un "ponticello" dove invariabilemte erano stazionati dei diavoli che al suo passaggio lo canzonavano dicendo: Mo' passa 'o santariello! Mo' passa 'o santariello!" E Padre Pio, senza fermarsi, rispondeva: "Schiattate! schiattate!" (Peroni, Padre Pio, 147)

Vicino alla masseria c'era un olmo vicino al quale c'erano dei sassi che Padre Pio chiamava "il seggiolone". Padre Pio pregava continuamente cercando il fresco sotto l'olmo e usando "il seggiolone" come sedile ed inginocchiatoio. Egli cosi' descrisse la cosa:
"Nella stagione estiva stavo sempre in campagna a Piana Romana ed i miei, zii e cugini, mi costruirono una capanna o pagliaio ai piedi di quest’albero, anzi poggiata proprio all’albero. È là che io stavo notte e giorno, al fresco, per respirare aria pura e salubre. In quella capanna, per me diventata una vera chiesetta, io facevo tutte le pratiche di pietà e le mie preghiere notte e giorno» (Giannuzzi, San Pio, 73)


Stimmate invisibili
Il 7 settembre 1910, 28 giorni dopo essere ordinato sacerdote, pregando sotto l'olmo Gesu' e la Madonna si presentarono a Padre Pio. Egli  ricevette da loro le stimmate invisibili che potremmo anche chiamare temporanee. Padre Pio si sentì in "grande imbarazzo", lo disse all'arciprete Pannullo e lo invitò a pregare con lui perché quei segni scomparissero. Essi pregarono, le stimmate divennero invisibili, ma il dolore rimase. (Capuano, Con p. Pio, 215-6).



       Porta Madonnella

               La via verso Porta Romana

              Il ponticello dove stazionavano i diavoli.

        La Masseria a Porta Romana

       Le pietre che Padre Pio chiamava 'il seggiolone"

                I resti dell'olmo con la cappella costruita intorno.




Visita dal Dr. Antonio Cardarelli
Il dr. Cardarelli era un famoso professore di Patologia Clinica all'Universita' di Napoli

Il 29 settembre 1911 Padre Benedetto, superiore provinciale, scriveva a Padre Pio: "La tua permanenza in famiglia mi addolora assai. Vorrei vederti in qualche nostro convento." (Epistolario I, 237)

 I superiori volevano sapere dalla scienza se lui potesse stare lontano dal paese natale senza compromettere la sua salute. (Convento, 11 conventi, 127)

Fu cosi' che il 19 ottobre 1911 per obbedienza Padre Pio si reca a Morcone, dove incontra il provinciale Padre Benedetto Nardella. Padre Benedetto lo accompagna a Napoli per una visita medica dal famoso dr. Antonio Cardarelli. Il Cardarelli sentenzia che Padre Pio ha i giorni contati e la miglior cosa da fare è di portarlo a morire al convento più vicino. Il convento piu' vicino e' quello di Venafro.

 Dopo la visita col prof. Antonio Cardarelli, prima di lasciare Napoli, Padre Benedetto, certo che ormai Padre Pio avesse poco da vivere, lo portò dal fotografo Ni-cola Germoglio, in via Monteoliveto 40, per avere una sua foto da conservare come ricordo.

 

 

Venafro

Il convento di San Nicandro a Venafro ai tempi di Padre Pio.



Padre Pio malato a Venafro
Dalla fine di ottobre al 7 dicembre 1911 Padre Pio fu ospite del convento di Venafro. Durante questo tempo egli cercò di partecipare alle attivita' comuni, ma gli fu impossibile. Egli era incapace di ritenere alcun cibo, e visse solo con la comunione quotidiana. Il superiore Padre Evangelista lo porto' di nuovo a Napoli per essere visitato da un altro specialista, ma la visita fu apparentemente inutile, dato che Padre Evangelista notò: "Questi medici capiscono molto poco." E Padre Agostino: "Tutta la cosa continuava a essere un mistero." (Ruffin, True story, 83-4) (Agostino, Diario, 29)

Rientrato a Venafro, le sue condizioni peggiorarono ancora. Fu visitato dal dott. Giuseppe De Vincenzi, nipote del prof. Cardarelli, e dal dott. Nicola Lombardi. Il dott. De Vincenzi pose diagnosi di tubercolosi polmonare e consigliò di farlo tornare al suo paese natio. Il dott. Lombardi, dopo averlo visitato, escluse «un’affezione specifica dei polmoni» e concluse: «giudicai trattarsi di un disturbo nella sfera nervosa. Consigliai mandarlo nella casa paterna». Quindi, i due medici, pur non concordando sulla diagnosi, consigliarono entrambi di far rientrare Padre Pio nella casa paterna (Giannuzzi, San Pio, 77)

     
La cella di Padre Pio a Venafro





Novembre 1911: Visioni celestiali e diaboliche
Durante la permanenza a letto di Padre Pio malato,Padre Agostino si accorse che Padre Pio andava in estasi due tre volte al giorno. In sette di queste occasioni egli trascrisse su un quaderno con una matita tutto quello che Padre Pio diceva. Questi incontri celesti, in cui Padre Pio conversava con Gesu', Maria, e il suo angelo custode, erano abitualmente seguite o precedute da apparizioni e assalti del diavolo. I colloqui divini erano abitualmente piu' lunghi delle visite infernali, abitualmente tra mezz'ora e quarantacinque minuti. Le visioni diaboliche duravano meno di quindici minuti. Tutto quello che Padre Agostino scrisse, è stato pubblicato nel suo "Diario". la prima notazione è del "28 novembre 1911, dalle ore 9 3/4 alle 11 antimeridiane."(Agostino, Diario, pag. 31) (Ruffin, True story, 85)

             
Panorama di Venafro, la chiesa di San Nicandro, il convento, mappa dell'area

                        

Esterno e interno dalla chiesa di San Nicandro e convento dei Cappuccini a Venafro, monumento a Padre Pio e museo.


7 dicembre 1911: Ritorno a Pietrelcina
La salute di Padre Pio non migliorò stando a Venafro. Così, per disposizione del Padre provinciale padre Benedetto, egli fu accompagnato a casa sua in Pietrelcina da Padre Agostino il 7 dicembre 1911. Appena ritornò a Pietrelcina si sentì subito bene e ricominciò a dire la messa in modo abituale, come non fosse stato mai malato. (Convento, 11 conventi, 131)
Padre Agostino annota nel suo diario: "Partimmo da Venafro la mattina del 7 dicembre. L'8 potette cantare la messa assistito da me e dall'arciprete Pannullo come se nulla avesse sofferto. Certo la malattia era misteriosa, come misteriosa la Permanenza a Pietrelcina. (Agostino, Diario, 277)

 

Pietrelcina

Scrive Padre Agostino nel suo Diario: "Il motivo per cui Padre Pio dove' restare per quasi sei anni a Pietrelcina non si e' mai potuto sapere. Egli l'avra' dovuto sapere per divina rivelazione durante la sua permanenza a casa. Ad un certo momento egli credeva di essere stato discacciato da San Francesco. Interrogato un giorno da me, rispose: "Padre, non lo posso dire, perche' mancherei alla carita'." (Agostino, Diario, 62-3)


In Pietrelcina Padre Pio non abitava nella casa natale coi genitori. Egli stava nella "Torretta", un'abitazione di una sola stanza a cui si accedeva attraverso una scala di gradini molto alti. Per lui, a causa delle stimmate invisibili, era molto difficile la salita alla "Torretta". Fu per questo che si decise ad andare ad abitare nella casa dello zio Michele, a Via Santa Maria degli angeli 44, che per il momento era disabitata, dato che lui era emigrato in America.

Assalti dei diavoli
Entrambe le abitazioni furono teatro di epici scontri tra Padre Pio e i diavoli, che lo assaltavano con ferri e bastoni, producendo ferite sanguinanti, e costantemente mettendo a soqquadro gli oggetti e i libri nella stanza. Gli abitanti delle case vicine erano terrorizzati.

Il 18 gennaio e il 13 febbraio 1913 Padre Pio scrisse a Padre Agostino: "Poche sere fa quegli impuri apostati , era gia' notte avanzata, incominciarono il loro assalto con un rumore indiavolato, e mi si presentarono sotto le piu' abominevoli forme, mi si avventarono addosso, mi gittarono a terra, e mi bussarono forte forte, buttando per aria guanciali, libri, sedie, emettendo in pari tempo gridi disperati e pronunziando parole estremamente sporche." Epistolario I, 330). "Sono ormai sonati ventidue giorni che quei brutti ceffoni sfogano la loro ira su di me. Il mio corpo e' tutto ammaccato per le tante percosse." (Epistolario I, 338)


Il figlio del calzolaio
Un calzolaio avera un figlio di pochi mesi gravemente ammalato che stava per morire da un momento all'altro. Padre Pio era preoccupato perche' i genitori non lo volevano far battezzare. La moglie del calzolaio, di nascosto del marito portò il figlio da Padre Pio e lo fece battezzare. Quando il calzolaio lo seppe corse da Padre Pio e disse: "Tu hai versato l'acqua su mio figlio e hai detto che guarirà. Ma ricordati che se invece morirà io ti leverò di mezzo. Ti faccio la pelle!" Padre Pio impaurito si rintanò in casa. Ma il bambino migliorò rapidamente e guarì completamente. ( Peroni, Padre PIo, 137-8)

Antonio Montella era un altro calzolaio del paese. Quando padre Pio passava per la sua bottega si fermava frequantemente a salutarlo e a chiedere notizie della sua famiglia. Il banchetto di Montella, con gli arnesi del mestiere, è conservato nel museo di Pietrelcina

Dopo la Messa, il Padre si fermava a lungo in preghiera e spesso cadeva in una specie di trance. Il sagrestano, ormai abituato, andava via lasciandogli le chiavi sulla porta. Una volta, a mezzogiorno, lo trovò dietro l’altare, privo di sensi. Credendo fosse morto, corse dal parroco, e questi, conoscendo bene gli svenimenti di Padre Pio, gli disse: «Non ti preoccupare, risusciterà!»  (Giannuzzi, San   Pio, 73)


È in questo periodo, quando era appena sacerdote novello, che Padre Pio venne a conoscenza che il suo antico maestro, don Tizzani, era gravemente ammalato. Correva voce che stesse per morire. Padre Pio, che era a lui legato da grande affetto, tramite i vicini di casa si teneva continuamente al corrente della situazione. Un giorno, passando apparentemente per caso vicino l’abitazione dell’infermo, vide la figlia che piangeva sulla soglia di casa. La chiamò per nome e chiese: «Come sta il Professore?». La ragazza, tra i singhiozzi, rispose: «Sta malissimo». E Padre Pio: «Posso visitarlo?». «Senz’altro», rispose la ragazza, e lo accompagnò fino alla camera del malato. Solo Dio sa ciò che i due si saranno detti. Si sa soltanto che l’incontro tra i due fu motivo di profonda commozione e che si concluse con un abbraccio affettuoso. Padre Pio ne informò l’arciprete. Esultò di gioia l’arciprete, esultarono anche tutti i paesani, e così finiva l’isolamento in cui fino allora era vissuto don Tizzani, che, dopo qualche giorno, rese l’anima a Dio. (Gianuzzi, San Pio, 73)


La vista di Padre Pio cominciò a deteriorare. Durante gran parte del 1912 egli ebbe difficoltà a leggere e scrivere. Dir messa costituiva un vero problema perché' ogni giorno c'erano dei "Propri" differenti, con letture e preghiere ogni giorno diverse. E tutto questo era quasi impossibile da memorizzare. Padre Pio cercò di ovviare alla difficoltà tenendo una lampada sempre visino al messale. Fu così che i suoi superiori cercarono di aiutarlo esponendo il suo caso al Vaticano. Il 21 marzo 1912 Padre Pio ottenne un decreto dalla Sacra Congregazione dei Religiosi, #1444/12, nel quale gli si dava la facoltà di celebrare la Messa Votiva della Madonna nei giorni festivi, e la Messa per i Defunti nei giorni feriali. La facoltà era per tre anni rinnovabile. Per la stessa ragione con lo stesso decreto ricevette il permesso di recitare ogni giorno quindici poste di rosario invece dell'Ufficio Divino. (Agostino, Diario, nota 50 a pag. 62)

L'arciprete Pannullo amava Padre Pio come un figlio. Eppure, Padre Pio non era ben accetto a casa di Pannullo. L'arciprete viveva con suo fratello e le sue tre figlie, Antonietta, Rosina, e Grazia. La piu' grande, Antonietta, era sposata e aveva bambini che vivevano li'. Lei aveva Paura che Padre Pio avesse la tubercolosi e poteva infettare i suoi bambini. Ogni volta che Padre Pio venne in casa per parlare con l'arciprete, le tre sorelle non parlavano con Padre Pio per paura di essere infettate. Lo fecero sedere sempre sulla stessa sedia, e doveva bere sempre dalla stezza tazza che avevano messo da parte per essere usata da lui esclusivamente. Una sera Antonietta fece soffrire a Padre Pio una terribile umiliazione quando l'arcivescovo di Benevento venne a visitare Pannullo. L'arcivescovo Schinosi invito' Padre Pio di fermarsi a cena con loro. Antonietta si arrabbiò assai con lo zio. Lo zio spiegò la cosa all'arcivescovo, e Mons. Schinosi dovette dire a Padre Pio di tornarsene a casa.  (Ruffin, The true story, 96)

L'altra nipote Rosina, provo' orrore che Padre Pio usava gli stessi vestimenti, calice, e patena degli altri preti. Ordino' allo zio arciprete di procurare vestimenti diversi, e anche un calice a una patena diversi, da dover essere usati da Padre Pio. Un giorno il sacrestano Michele Pilla si ubriaco' e dimenticò di cambiare il calice. Rosina, nel bel messo della messa chiamo' il sacrestano e gli fece cambiare il calice immediatamente. Il sacrestano, davanti a tutti i fedeli, interruppe la messa e cambio' il calice. Padre Pio si senti' umiliato. Quella sera riferi' il fatto a don Salvatore e gli comunico': "Oggi il Signore mi ha fatto la grazia di sapere che la mia malattia non e' contagiosa." Don Pannullo lo riferi' alla nipote Antonietta, e quella ci credette senza discutere. Da quel momento Padre Pio fu ben accettto a casa Pannullo.(Lino Barbati, padre Alessandro, Beata te Pietrelcina, 133-134) (Ruffin, The true, 96-7)

Nella lettera a Padre Agostino del 1 maggio 1912, Padre Pio scriveva: "Mi sembra di non aver piu' madre sulla terra". Questa affermazione probabilmente  si riferisce alle insistenza della mamma, che vedendolo soffrire cosi, lo pregava di lasciare l'ascetico rigore dell'ordine cappuccino, e diventare prete secolare: "Con la tua povera salute come puoi stare in un monastero con monaci? Caro mio, io piango per te." (Epistolario I, 276) (Ruffin, The true story, 95)


25 febbraio 1915: Secolarizzazione sventata
Siccome la salute di Padre Pio non migliorava, il superiore generale dei cappuccini, Padre Pacifico da Seggiano, considerò un decreto di secolarizzazione con cui Padre Pio veniva rimosso dall'Ordine dei cappuccini, e incardinato nel clero secolare di Benevento. Padre Pio era assolutamente spaventato all'idea di essere allontanato dai cappuccini. In una visione a Venafro il 3 dicembre 1911 si era lamentato con San Francesco: "O Serafico Padre mio, tu mi scacci dal tuo Ordine? Non sono piu' figlio tuo?" (Agostino, Diario, 46) Il decreto di secolarizzazione necessitava di tanti piccoli passi, inclusa l'autorizzazione dell'arcivescovo di Benevento. Alla fine non se ne fece nulla. Invece, Papa Benedetto XV, con una rescritto della Sacra Congregazione dei Religiosi, il 25 febbraio 1915, diede il permesso a Padre Pio di vivere fuori del convento, conservando l'abito religioso, "fino a quando persiste la presente necessita'." (Epistolario I, 538-9) (Peroni, Padre Pio, 164) (Agostino, Diario, 61-2)

Rescritto datato  25 febbraio 1915 con cui  Padre Pio e' dispensato dal risiedere in convento.


Maggio 1914: riceve facoltà di confessare
Padre Pio, pur essendo stato ordinato, nel 1910, sacerdote «con la facoltà di confessare», non poteva ancora esercitare tale facoltà. Aveva bisogno del permesso del Padre Provinciale Padre Benedetto, ma lui insisteva nel negargli in permesso. Scrivendo il 13 febbraio 1913 a padre Agostino, Padre Pio concluse la sua lettera chiedendo il suo interessamento:  «Recandovi a San Marco siete pregato di ossequiarmi il Padre provinciale. Desidero pure che gli diciate ancora se vuole autorizzarmi alla confessione. Son quasi certo di fare un buco nell’acqua, ma io non posso soffocare in me questa voce misteriosa. Sono disposto a tutti i voleri del superiore ed un rifiuto di più per me equivale a una maggiore rassegnazione.» (Epistolario I,  339-40)
Padre Benedetto, pressato da tanta insistenza, decise finalmente di fargli conoscere i veri motivi della mancata autorizzazione. Gli inviò una lettera in cui si legge: «Io non posso darti la facoltà di confessare perché ignoro la tua capacità scientifica nella teologia morale. Vedi di sostenere un qualche esame alla Curia e dopo vedrò quel che sarà meglio nel Signore. L’altra ragione della mia ritrosia sta nel temere che questo ministero ti abbia a nuocere perché sei sofferente di petto. Ma se avrò qualche prova della idoneità dottrinale, ti autorizzerò almeno per gli infermi, come mi chiedi. » (Epistolario I, 348)
Padre Pio ricevette la facolta' di ascoltare le confessioni sacramentali nel maggio del 1914. (Capuano, Con p. Pio, 13)

Confessionale di Padre Pio nella chiesa di Santa Maria degli Angeli in Pietrelcina



 

 

Servizio militare di Padre Pio
chiamato alle armi nella Prima Guerra Mondiale 1915-8,
dai 28 ai 31 anni di eta'.

 

                
Immagini della Ia Guerra Mondiale

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Un cappellano milityare cappuccino durante la prima guerra.

 

1915

 

Lo scoppio della prima guerra mondiale gettò la provincia cappuccina di Foggia, come tutte le altre d'Italia, in un vero scompiglio, essendo stati chiamati alle armi molti religiosi. Anche Padre Pio partì da Pietrelcina e si presentò 1l 6 novembre 1915 al distretto militare di Benevento per compiere il suo dovere civico. (Epistolario I, 11)

            Vedute di Benevento con la stazione ferroviaria, il ponte sul fiume Calore, e l'Arco di Traiano, attraversati da Padre Pio per raggiungere la Caserma Guidoni, sede del Distretto Militare di Benevento.


Un ufficiale medico scorbutico lo esaminò e disse che Padre Pio soffriva di tubercolosi. Il medico decise di mandarlo all'ospedale militare di Caserta per ulteriori accertamenti. (Preziuso, The life, 75)

          Ospedale militare di Caserta

Il 18 novembre 1915 da Caserta cosi' scriveva Padre Pio a Padre Agostino: "Sono gia' da otto giorni che mi trovo in questo ospedale, mandatovi dal mio distretto di Benevento per motivi di osservazione. Mi attendo un brutto tiro me l'attendo da questo, permettetemi l'espressione, zotico colonnello medico. Egli mi ha gia' visitato, ma la sua visita si e' ridotta a una pura formalita': da cio' che mi disse , mi lascia poco a sperare." (Epistolario I, 689)

Padre Pio, come aveva intuito, fu dichiarato idoneo al servizio militare, gli fu dato il numero di recluta #12094, e fu assegnato alla decima compagnia di sanita' in Napoli.

Egli si presento' a Napoli il 6 dicembre 1915.

Vedendolo in cattivo stato di salute, e non volendo prensersi la responsabilita' il luogotenente in carica riferi' Padre Pio a un ufficiale medico per ulteriori test e diagnosi.

Un anno di convalescenza
Il 17 dicembre 1915 tutti i medici del team furono unanimamente d'accordo che Padre Pio soffriva di bronchite cronica e glli diedero un anno di licenza di convalescenza.

Padre Pio torno' a casa in Pietrelcina il 18 dicembre 1915. (Preziuso, The life, 75-6)

Pensione Valillo
A Napoli non ricevette alloggio presso la caserma perche' il suo stato militare non era stato ancora definito. Padre Pio stette presso la pensione della signora Maria Valillo, una compaesana di Pietrelcina,in via Cappuccinelle 18.

E fu durante i 10 giorni trascorsi a Napoli che Padre Pio cercò raccomandazioni per essere esonerato dal servizio militare. Scrisse ad una sua figlia spirituale di Foggia, la nobildonna Raffaelina Cerase, la quale presentò il caso ad un’altra nobildonna, Giuseppina Morgera, residente a Napoli.


Giuseppina Morgera
Giuseppina, il 17 dicembre 1915, lo cercò nella pensione dove alloggiava, ma non lo trovò. Il giorno dopo, il 18 dicembre, Padre Pio, dimesso dall’Ospedale e rientrato in pensione, trovò un messaggio di Giuseppina con l’indicazione del suo recapito. Acquistato il biglietto per Pietrelcina, prima di partire volle farle visita. Riuscì a trovarla presso una zia di lei.

Giuseppina Morgera divenne figlia spirituale di Padre Pio. Anni dopo, circa quaranta lettere scritte dal Padre a Giuseppina saranno ritrovate e raccolte in un libro intitolato Dolcissimo Iddio5.

Subito dopo la visita a Giuseppina, Padre Pio prese il treno e la sera del 18 dicembre giunse a Pietrelcina.

Due giorni dopo, il 20 dicembre, così scrisse a padre Agostino: «Ringraziamo questo sì tenero Padre per il buon esito della visita; ringraziamolo pure per la grande degnazione di non aver permesso che il suo servo venisse vestito della divisa militare, dopo che egli fosse iscritto da circa due mesi nella milizia»6.


Padre Agostino
Padre Agostino gli rispose subito e colse l’occasione per tornare a palargli dell’altro doloroso problema, quello della sua lunga permanenza a Pietrelcina, fuori dal convento: «Puoi comprendere quanto grata mi sia riuscita la tua cartolina, per cui so che Gesù ci ha fatto la grazia... Non so se Gesù ti abbia rivelato quanto il mio cuore soffra per te, non per tua colpa, ma per il caso della tua permanenza indefi-nita in famiglia. Non so se Gesù ti abbia detto quante me ne toc-ca sentire per questo fatto e quante e quali lotte abbia a sostenere. Il Provinciale vuole sempre ed assolutamente che tu ritorni in convento. Io per me non oso condannare la sua opinione, sebbene la mia sia contraria alla sua.
Io ed alcuni altri crediamo che il caso tuo sia volontà del Signore, mentre in tutta la Provincia chi dice che sia un inganno diabolico, chi effetto della tua affezione al suolo natio. Io certo non credo a tutto questo: ma come debbo fare e che debbo fare io per far credere tutto il con-trario? Lo so che non si deve stare a ciò che dicono gli uomini; ma, Dio mio!... Gesù non ti ha concesso tante grazie? Perché quest’altra no? Non è anche questa a sua gloria e nostra salvezza? Dunque, figlio mio carissimo, io credo che la grazia che Gesù ci ha concesso ultimamente, liberandoti dall’ultima prova, non sia completa: la grazia sarà completa quando Egli ti permetterà di ritornare tra noi»7




    
La sede della 10a compagnia di sanita, la caserma Sales in Napoli, e' oggi un edificio scolastico ristrutturato.
     La Stazione Centrale dei treni in Napoli ai tempi di Padre Pio.

 

1916

 


Foggia

Padre Pio scrisse da Pietrelcina a Padre Benedetto il 18 dicembre 1915: "L'altra sera giunsi da Napoli e Dio sa in quale stato." (Epistolario I, 700)

Ma Padre Benedetto e Padre Agostino volevano che Padre Pio lasciasse Pietrelcina e ritornare in convento.

Raffaelina Cerase
L'occasione fu offerta ai Padre da Raffaelina Cerase, una nobildonna di Foggia che soffriva di tumore terminale. Lei aveva sentito parlare di Padre Pio e voleva che lui andasse a confessarla e confortarla. Padre Agostino inoltro' la richiesta a Padre Pio e Padre Pio accetto' rispondendo che sarebbe andato a Foggia il prima possibile.

Padre Pio lascio' Pietrelcina il 17 febbraio. Lo stesso giorno visito' l'inferma con Padre Agostino. Padre Pio stette al convento dei cappuccini in Foggia e visito' Raffaelina tutti i giorni, celebrando la messa nella cappella privata e poi parlando con la malata, fino alla morte di lei il 26 marzo 1916.

A quel punto Padre Pio incomincio' a pensare di tornare a Pietrelcina, ma Padre Benedetto, il provinciale disse a Padre Pio: "Vivo o morto tu stai qui a Foggia." (Preziuso, The life, 77-8).

         Il convento di Sant'Anna, dei cappucini di Foggia, e la cella di Padre Pio.

                   Chiesa di Sant'Anna e reliquie di Padre Pio

La nobildonna Raffaelina Cerase


Rachelina Russo
Nell'estate del 1916, Rachelina Russo, che aveva un negozio a San Giovanni Rotondo, ando' a Foggia perche' aveva sentito parlare di Padre Pio e voleva incontrarlo.
Rachelina parlo' con Padre Pio e poi gli suggeri' di trasferirsi a San Giovanni Rotondo dove c'era un'aria di collina meno torrida che a Foggia.
Padre Pio le disse di no perche' aveva sentito dire che a San Giovanni Rotondo erano tutti banditi. Al che Rachelina rispose: "Voi dovete venire proprio perche' siamo banditi. Dovete venire a convertirci".
Padre Pio ando' a San Giovanni Rotondo per alcuni giorni, e il clima gli piacque, e tornato a Foggia chiesa di essere trasferito al convento di San Giovanni Rotondo. Padre Pio lascio' Foggia il 4 settembre 1916 e ando' a San Giovanni Rotondo, dove sarebbe rimasto per 52 anni fino alla morte. (Convento, 11 conventi, 151-2)

Rachelina Russo


Il convento di San Giovanni Rotondo ai tempi quando vi si trasferi' Padre Pio.



Lucia Fiorentino

Lucia Fiorentino, di San Giovanni Rotondo, incontro' Padre Pio al convento nel 1916, e divenne sua figlia spirituale.

Per anni Lucia aveva tenuto un diario scritto su tanti quaderni.

Dieci anni prima nel 1906 aveva scritto di aver visto un albero immenso nel convento dei cappuccini, e di aver sentito udire una voce dirle che l'ombra di quell'albero avrebbe coperto tutto il mondo. (Epistolario III, 469-71) 

 

  Lucia Fiorentino

 

 

 


 
Ospedale Militare della Trinità in Napoli
Dopo soli 3 mesi dal suo arrivo a San Giovanni Rotondo, stava per scadere l’anno di convalescenza che il 18 dicembre 1915 gli era stato concesso perché affetto da «infiltrazione ai polmoni».
Il 28 novembre 1916 Padre Pio si recò a Pietrelcina e lì aspettò il giorno della partenza per Napoli. Agitato, scrisse ai suoi direttori spirituali. Ma, sperando di essere esonerato, nel post scriptum di una lettera dell’11 dicembre inviata alle sorelle Ventrella chiese anche un’autorevole raccomandazione: «Avrei sommamente a cuore che mi inviaste un biglietto di raccomandazione da poterlo presentare, se Gesù vorrà, quando andrò a Napoli, al professore Mauro Serrano da voi indicatomi». (Epistolario III,  552-3)

Infatti il 16 dicembre 1916, giunto a Napoli, si recò subito dal prof. Serrano, che lo accolse «con affetto più che paterno». Allegri, 144-5)
A Napoli prese alloggio per due giorni in una pensione di una sua compaesana, Carolina Montanile. La pensione era situata al numero 30 di Via SS. Cosma e Damiano.

  
Targa ricordo sull'ingresso del palazzo sl numero 30 di Via ss. Cosma e Damiano

Il 18 dicembre si presentò presso il Corpo Militare di appartenenza. Sottoposto ad una prima visita medica, fu confermata la diagnosi dell’anno precedente ed inviato al Reparto di osservazione.

Qui, il 21 dicembre, sottoposto ad una seconda visita medica, venne trasferito presso l’Ospedale militare della Trinità, dove trascorse un Natale mai dimenticato.

Il 26 dicembre così scrisse a Vittorina Ventrella: «Due visite ho passato in questi giorni e tutte e due le volte sono stato riconosciuto ammalato. Sto in attesa di una terza visita e a dirvi il vero dubito in questa di esservi riconosciuto. Mi sento malissimo. Sia fatta la volontà di Dio». (Epistolario III, 597)

Il 30 dicembre, dopo una terza ed ultima visita medica, nonostante la gravità della malattia diagnosticata, gli accordarono solo sei mesi di convalescenza, con l'istruzione di attendere ulteriori ordini

Venne dimesso la sera del 2 gennaio 1917.


                L
'Ospedale Militare della Trinità in Napoli ai tempi di Padre Pio
   L'altare dopo Padre Pio celebrò la Messa il giorno di Natale 1916

 

 

 

 

1917

 

 



Il 2 gennaio 1917 Padre Pio, da Napoli, scrisse a padre Benedetto: «Deo gratias! Stamane ho passato la visita ed hanno scritto sulla base: “Infiltrazione polmonare ad ambo gli apici e catarro bronchiale cronico diffusissimo”. Quindi si limitano ad accordarmi sei mesi di convalescenza. Pazienza! meglio questo che nulla. Stasera si spera che mi metteranno in uscita e domattina, a Dio piacendo, andrò a visitare la Madonna a Pompei e, dopo una breve apparizione a Pietrelcina, ritornerò subito in residenza».
(Epistolario I, 853)

Venne dimesso la sera del 2 gennaio 1917.

I medici militari, al momento delle dimissioni, gli dissero che presto gli avrebbero spedito nel comune di residenza la «licenza illimitata in attesa di congedo». Invece, su un foglio consegnatogli prima di uscire dall’ospedale (trattasi forse della «base» di uscita dall’ospedale) era scritto: «licenza di convalescenza di sei mesi. Successivamente attendere ordini». Una situazione equivoca. Padre Pio era «in licenza illimitata», cioè riformato, oppure in «licenza di convalescenza di sei mesi»? E, in quest’ultimo caso, cosa significa «successivamente attendere ordini»?


    
La Stazione Centrale di Napoli in Piazza Garibaldi, ai tempi di Padre Pio


Uscito dall’ospedale, Padre Pio si avviò subito verso la stazione, prese il treno e si recò direttamente a Pietrelcina, dove rimase un paio di giorni. Per la precarietà del suo stato di salute, non passò per Pompei, come aveva scritto a padre Benedetto. Venerdì mattina, 5 gennaio, partì per Foggia. Il giorno successivo, 6 gennaio, tornò a San Giovanni Rotondo. Lo stesso giorno inviò una lettera a padre Benedetto facendo presente le proprie perplessità sulla sua posizione: «Ignoro poi se mi abbiano riformato oppure mi abbiano rimandato in licenza di convalescenza. Mi fu detto che mi mandavano in licenza di convalescenza per sei mesi, ma sulla licenza che mi hanno dato non si determina niente e né viene assegnato il tempo quando dovrò ripresentarmi. Si legge, sul foglio che mi venne dato, che mi mandavano in questo comune in licenza straordinaria illimitata, in attesa di foglio di rassegna». (Epistolario I, 857-8)





Viaggio a Roma per la sorella Graziella
Il viaggio più lungo fatto da Padre Pio nella sua vita fu quando, il 16 maggio 1917, Padre Pio, assieme al Provinciale padre Benedetto, si recò a Roma per accompagnare la sorella Grazia, di 22 anni, che, nel monastero delle Brigidine, prese il nome di Suor Pia dell’Addolorata.

Il viaggio fino a Roma venne preordinato da padre Benedetto con disposizioni di stile militare impartite a Padre Pio e trascritte in una breve lettera del 10 maggio: «Caro padre Pio, la mattina del 16 dovete partire da Benevento con la corsa delle 9,05 e a Caserta scendere prendendo là l’accelerato che parte per Roma alle 10,45. C’incontreremo a Caianello alle 12,45. È l’unico orario possibile per arrivare di giorno a Roma. Attenetevi ad esso impreteribilmente. Conviene che passiate per Foggia dovendo forse rilevare qualche cosa di questo guardiano. Il 14 venite qui; il 15 mattina alle 6,30 (unico treno antimeridiano) ripartirete per Pietrelcina e il 16 scendete a Benevento per proseguire l’itinerario suaccennato». (Epistolario I, 894-5)

Roma fu la città più distante raggiunta da Padre Pio durante la sua vita. A Roma si trattenne fino al 23 maggio e ne approfittò per ammirare palazzi e monumenti e per visitare soprattutto le Catacombe, e sostando a lungo in preghiera sulla tomba di San Pietro.


  
Convento delle <brigidine in Roma, in Piazza Farnese
  Suor Pia dell'Addolorata, delle suore brigidine, al secolo Graziella Forgione, sorella di Padre Pio   
  Suor Pia, in visita al padre, Grazio Forgione, a casa di Mary Pyle, dove lui passò gli ultimi anni della sua vita.



Pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo
Scaduti i 6 mesi di licenza, il 30 giugno 1917 Padre Pio partì per Napoli e rientrò al Corpo. In quella data, nel foglio matricolare trovasi scritto: «Rientrato al Corpo». Ma, non si sa perché, non venne trattenuto. E Padre Pio rientrò a San Giovanni Rotondo «in attesa di ordini».
Il primo luglio si recò in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo, nel Santuario di San Michele, per venerare l’Arcangelo nella Grotta dell’apparizione. Vi si recò sopra un carretto scoperto secondo le usanze del tempo. Il carretto fu messo a disposizione da Nicola Perrotti. La comitiva, oltre che da Padre Pio, era composta da padre Paolino e da quattordici fratini. Era anche presente Rachelina Russo. Si erano avviati alle ore tre e dovevano affrontare un percorso di 26 chilometri. Padre Pio fece il primo tratto di strada a piedi, ma poi, stanco e sofferente, salì sul carretto. La notte, nonostante il periodo estivo, vi fu un freddo intenso e il Padre ne soffrì molto. Si riebbe al mattino, solo quando spuntò il sole. Celebrò la Messa all’altare del Santuario, nella Grotta dell’apparizione. Il pellegrinaggio si concluse dopo la celebrazione della Santa Messa, un ultimo saluto all’Arcangelo e una visita ad una benefattrice (Peroni, Padre Pio, 210-1) (Preziuso, 106-10)

             
 
Il Tempio di San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo


"Disertore"
Il 18 agosto 1917, Padre Pio, avendo ricevuto l’ordine di rientrare al Corpo di appartenenza per il servizio militare, scrisse a padre Benedetto che sarebbe partito il giorno dopo per Napoli perché era «stato richiamato per la milizia telegraficamente». (Epistolario I, 930)

Quel giorno stesso, il maresciallo dei carabinieri di San Giovanni Rotondo era alla ricerca di un soldato di nome Francesco Forgione, sul quale pendeva la minaccia di una condanna per diserzione non essendosi presentato al Corpo allo scadere della licenza. E Padre Pio gli disse: «Ma Francesco Forgione sono io». Il maresciallo, stupito, chiese il motivo del suo comportamento. E Padre Pio rispose: «Sul foglio c’è scritto “attendere ordini” e l’ordine solo oggi è arrivato!».

La mattina del giorno seguente, 19 agosto, Padre Pio partì per Napoli e si presentò al Corpo, dove venne scagionato da ogni imputazione avendo mostrato il foglio di licenza nel quale era scritto che era «in licenza straordinaria illimitata, in attesa di foglio di rassegna».
Il giorno dopo, 20 agosto, presso l’Ospedale militare della Trinità venne sottoposto a visita medica. (Peroni, Padre Pio, 217-8)


Ospedale Militare di Napoli
Il 26 agosto 1917 Padre Pio scrisse a padre Benedetto: «Ieri mattina sono stato visitato due volte, da un capitano e da un maggiore e tutti e due confermano la diagnosi fatta dagli altri.hanno qualificato la malattia per quella che a voi è nota, cioè per infiltrazione degli apici polmonari. Tutti e due mi mandano in osservazione per visita superiore». (Epistolario I, 931)


Prima Clinica Medica dell'Università di Napoli
Cinque giorni dopo, il 26 agosto, scrisse un’altra lettera a padre Benedetto: «Ieri mattina sono stato visitato due volte, da un capitano e da un maggiore, e tutti e due confermarono la diagnosi fatta dagli altri. Mi fecero la base e mi mandarono per altre osservazioni nella prima clinica medica, dove vi passai ieri sera. Qui se ne passeranno almeno un’altra decina di giorni... Spero che tutto finirà bene». Durante il ricovero nella Clinica medica, ciò che gli provocava maggior sconforto era il fatto di non potere celebrare Messa, come si legge nella stessa lettera: «Sono estremamente sconfortato per l’unica ragione che qui non si può celebrare, perché manca la cap-pella, e fuori non ci è permesso di uscire. Che desolazione! Piaccia a Dio cavarmi presto da questo tenebroso carcere». (Epistolario I, 931-2)
 
Prima Clinica Medica dell'Università di Napoli
Nella Clinica medica Padre Pio rimase ricoverato fino al 4 settembre, giorno in cui, dopo una visita medica molto superficiale, fu giudicato «idoneo ai servizi interni». Essendo l’idoneità limitata ai servizi sedentari, il Padre venne assegnato alla decima Compagnia di Sanità e aggregato al quarto plotone, di stanza nella Caserma Sales di Napoli. Quello stesso giorno del 4 settembre Padre Pio, deluso e amareggiato, scrisse a padre Benedetto: «Tutto è andato bene pel passato..., ma non così l’ultima visita subita questa mattina dal colonnello, la quale visita si è ridotta ad un semplice sguardo, molto stanco, che ha gettato sul mio volto, senza altra osservazione. Egli dunque sentenzia col condannarmi “idoneo ai servizi interni”... Eppure avrei voluto farvi sentire la diagnosi uscitami dall’osservazione della Prima Clinica. Tutto il mio corpo è un corpo patologico. Catarro bronchiale diffuso, aspetto scheletrito, nutrizione meschina e tutto il resto. Mio Dio! quante ingiustizie che si commettono». Un’altra lettera, con la stessa data e dal contenuto identico, venne inviata da Padre Pio anche a padre Agostino.


In divisa militare nella Caserma Sales
Trasferito immediatamente nella Caserma Sales, dovette, lacrimando, togliersi il saio per indossare, per la prima volta, la divisa militare. In quella caserma il Padre provò tanto disgusto per le oscenità cui dovette assistere. Faceva da tappabuchi, il piantone, il facchino, lo spazzino. Un giorno, mentre puliva le latrine, gli ridevano dietro, deriso e umiliato.
Padre Pio quindi non poté evitare il servizio militare, ma non aveva mai smesso di chiedere raccomandazioni per evitare almeno di finire al fronte. Aveva da poco indossato la divisa militare e proprio in quei giorni la Commissione Medica Militare lo aveva incluso nel contingente sanitario da inviare al fronte. Ma, grazie all’interessamento di autorevoli amici, fu sottoposto ad una nuova visita medica, riuscendo così a far commutare da provvisoria a definitiva la sua posizione di idoneità ai servizi sedentari. (Peroni, Padre Pio, 219)

Il suo stato di salute continuava a peggiorare e il suo aspetto appariva sempre più sofferente. Un giorno fu mandato alla stazione per prelevare dei soldati malati. Giunti in caserma, il capitano, nel fare la rassegna, disse di averne contati tredici. E Padre Pio: «Signor capitano, sono dodici». E il capitano: «E voi, che siete? Sano o malato? Non siete forse il più malato di tutti?». (Renzo Allegri, 150)

Padre Pio, sempre più depresso nel morale, era ormai convinto che non si poteva ottenere niente senza raccomandazioni. Il 10 settembre scrisse a padre Agostino pregandolo di rivolgersi a donna Giovina «affinché mi facesse raccomandare presso questi carnefici di superiori da un loro parente residente qui in Napoli e che deve coprire una carica altissima». (Epistolario I, 941)
Qualche giorno dopo, il 14 settembre, scrisse anche alle sorelle Ventrella, informandole fra l’altro di essersi già rivolto al professore che loro gli avevano consigliato: «Speriamo che la venuta del professore faccia diradare queste dense nuvole che circondano il cielo dell’anima mia. Io, appena ebbi la vostra lettera, in cui mi consigliavate di scrivere anch’io al professore per raccomandargli la mia causa, gli scrissi subito esponendogli a nudo i miei bisogni». (Epistolario III, 560)

In quei giorni Padre Pio scrisse anche ad un’altra figlia spirituale, Assunta Di Tomaso: «Questa prova è affatto superiore alle mie forze e sento che la vita mi si è arrestata. Supplica, scongiura ed importuna pure il divin Cuore e la Vergine benedetta, affinché allontanino presto questa prova da me, oppure me la mutino in un’altra, anche raddoppiata, ma là all’ombra del sacro chiostro». (Epistolario III, 425-6)

Sono lettere con le quali Padre Pio mostra una acuta sofferenza fisica e uno stato d’animo pieno d’angoscia. Particolarmente drammatica la lettera da lui inviata, sempre nello stesso mese di settembre, a padre Benedetto: «È inutile dirvi come mi sento nel fisico, mi sento molto accasciato e, se Gesù non mi sosterrà e non mi verrà in aiuto, dovrò soccombere certissimamente. Mi dispiacerebbe oltremodo uscire da questo mondo non dal chiostro ma per la caserma, con questi stracci maledetti. Il solo pensarci mi fa rabbrividire e mi gitta in una mortale tristezza». (Epistolario I, 942)

         

Padre Pio in uniforme militare è l'ultimo in basso a destra nella foto ufficiale



Ospedale della Trinità
Peggiorando lo stato di salute del Padre, il capitano medico Giannattasio, ai primi di ottobre, dopo averlo visitato, dispose di inviarlo presso l’Ospedale militare della Trinità, dove fu ricoverato nel reparto misto (letto n. 53), diretto dal capitano Pizzini. Padre Pio ne diede notizia a padre Benedetto e a padre Agostino. A padre Agostino scrisse: «Da tre giorni mi trovo in questo Ospedale della Trinità, mandatovi dal capitano medico del mio plotone per essere curato. La mia malattia era giunta al punto di non plus ultra e per questo decise finalmente di mandarmi qui». (Epistolario I, 951)

E qui ricevette la visita di papà Grazio e di molti suoi confratelli militari. Qui gli venne concesso di uscire dall’Ospedale per celebrare la Messa. E fu qui che ricevette, il 24 e il 25 ottobre, la visita di padre Benedetto. Così Padre Pio ne dette notizia a padre Agostino con lettera del 29 ottobre: «Mercoledì e Giovedì fui allietato dalla presenza del Padre provinciale. Oh quanto è buono Gesù! che anche nel dolore non lascia i suoi figli senza conforto». Ma vi fu anche qualche episodio increscioso, come quello di una suora in servizio che pretese che Padre Pio, nonostante la febbre, spaccasse legna. Ne fu dispensato grazie all’intervento di un ufficiale.
Finalmente, il 3 novembre 1917, dopo la visita di un colonnello medico, gli fu accordata una licenza di 4 mesi. Lo stesso giorno, scrivendo a padre Agostino, commentò: «È poco, è vero, per le mie condizioni, ma, per i tempi che corrono, possiamo e dobbiamo contentarci e magnificare il Signore». (Epistolario I, 958)

Prima di lasciare l’ospedale, Padre Pio firmò una dichiarazione con la quale si impegnava a rientrare a San Giovanni Rotondo entro 8 giorni dal 6 novembre, giorno di inizio della licenza, e a consegnare ai carabinieri di quel Comune la divisa militare. Infine, ritirato presso la Caserma Sales una lira di trasferta e il biglietto ferroviario Napoli - Benevento, si avviò alla stazione.


L'ombrellino di carta.
Lungo il tragitto verso la stazione, Padre Pio fece un’esperienza che egli stesso poi racconterà così ad un gruppo di confratelli e di figli spirituali:
 «Uscito dall’Ospedale, attraversai una piazza in cui si teneva un mercato... Chi suona, chi canta, chi vende... Incuriosito, ma anche per distrarmi un poco, mi soffermai ad osservare ciò che vendevano. Quando ripresi la strada che portava alla stazione, mi si avvicinò un uomo che vendeva ombrellini di carta. Prezzo base lira 1, ma poi finiva col cederli per 40 o 50 centesimi. Io subito pensai: “Andando a casa vorrei portare qualcosa ai nipotini”. Decisi di prendere dei ricordini, ma, poiché ero possessore di una sola lira, dissi tra me: “Se la spendo, come faccio ad arrivare a Pietrelcina?”. Mi rimisi in cammino... Giunto allo sportello della biglietteria, feci vidimare lo scontrino da viaggio. Mentre mi avviavo al lato partenze, un altro uomo che vendeva ombrellini cominciò a dirmi: “Capura’, capurà, accattateve i ‘mbrellini”... Io non gli davo retta, ma lui continuava a camminare a fianco a me... Visto che quel povero uomo si affannava a seguirmi, mi girai e dissi: “Oh! Uagliò, nun voglio niente...”. Testardo e pedante come tanti venditori ambulanti, ricominciò: “Capurà’, tengo e figli, fatemi guadagnà qualche cosa. Pigliatevi ‘o ‘mbrellino” e, porgendomelo, disse: “Per carità, prendetelo, portate un ricordo ai vostri cari”. A tali parole io proposi: “A cinquanta centesimi mo vulite da’?”. Intanto veniva fischiata la partenza. Pronto, salii sul treno. Affacciato al finestrino e guardando quel poveretto che aveva sprecato tanto fiato per vendere un ombrellino e portare il pane ai figli suoi, presi 50 centesimi e l’ombrellino che per forza m’aveva messo tra le mani e dissi: “Va’, prendi tutto e che Iddio ti benedica”. Felicissimo, mi salutò e andò via." (Giannuzzo, Padre Pio, 117)

Il caffè nella stazione di Benevento
Ero stanco e febbricitante... Il treno giunse a Benevento con molto ritardo. Appena sceso, mi precipitai fuori dalla stazione, ma la corriera per Pietrelcina era già partita. Dovetti purtroppo pernottare a Benevento... Cercai un posto nella sala d’aspetto, ma, ahimè, era affollatissima. Intanto la febbre aumentava ed io non avevo la forza di stare in piedi... Non potendone più, mi decisi ad entrare nel buffet. I tavoli erano tutti occupati. Attesi con ansia che qualcuno si alzasse per andar via... Grazie a Dio, in un angolo del buffet si resero liberi due tavolini. Mi accomodai in un cantuccio nella speranza di non essere notato dal cameriere. Ero seduto da qualche minuto quando entrarono un ufficiale e due sottufficiali, prendendo posto proprio al tavolino vicino al mio. Subito si avvicinò il cameriere... Fui costretto a chiedere un caffè... Subito dopo l’ufficiale e i due sottufficiali pagarono e andarono via... Finalmente giunse orario della corriera. Mi alzai, presi il coraggio a due mani e mi avvicinai al banco per pagare. Il cameriere gentilmente mi rispose: “Grazie, militare, tutto è pagato”. Siccome il cameriere era anziano pensai: “Forse mi conosce e vuole usarmi questa cortesia”. Un altro pensiero mi diceva invece: “L’avrà pagato l’ufficiale”....  (Gennaro Preziuso, 106-110) (Giannuzzo, Padre Pio, 117)


Il biglietto dell'autobus per Pietrelcina
Trovai al solito posto la corriera in partenza per Pietrelcina... Il prezzo era di lire 1,80. Come avrei fatto con soli cinquanta centesimi? Affidan-domi alla volontà di Dio, salii sulla corriera e presi posto in uno degli ultimi sedili per avere l’opportunità di parlare con il fattorino e pagargli l’importo del biglietto all’arrivo... A fianco a me prese posto un uomo piuttosto grande, di bell’aspetto... L’autobus, intanto, era partito ed il fattorino... man mano si avvicinava a me... Non avevo ancora aperto bocca quando mi sentii dire: “Militare, il vostro biglietto per Pietrelcina è già stato pagato”. Era il fattorino che me lo porgeva....   A Pietrelcina, parecchi viaggiatori scesero e, prima di me, scese l’uomo che mi stava vicino. Appresso a lui scesi anch’io e, giratomi per salutarlo e ringraziarlo, non lo vidi più. Era sparito come per incanto!..  I miei non erano alla corriera perché non sapevano del mio arrivo».  (Gennaro Preziuso, 106-110) (Giannuzzo, Padre Pio, 117-8)
 
A casa in Pietrelcina
A Pietrelcina, ricevette la visita di parenti ed amici, che vollero vederlo vestito da militare. Padre Pio, per farli contenti, indossò l’uniforme dicendo: «Ora avete visto il pagliaccio!». L’11 novembre partì da Pietrelcina col primo treno. Arrivato a Foggia, prese la coincidenza per Lucera con l’intento di recarsi a San Marco la Catola e fare una visita a padre Benedetto. Però a Lucera non trovò posto nella corriera per San Marco la Catola. Saputo che neanche il giorno dopo avrebbe trovato posto, attese alcune ore l’ultimo treno per Foggia. Da Foggia partì per San Giovanni Rotondo, dove giunse il 12 novembre e dove provvide subito a consegnare ai carabinieri la divisa militare. Trovò il convento quasi vuoto, essendo molti religiosi sotto le armi. (Gennaro Preziuso, 110) (Giannuzzo, Padre Pio 118)
 

Il Generale Cadorna
Qualche giorno prima che arrivasse a San Giovanni Rotondo, accadde un episodio straordinario. Padre Pio, in bilocazione, «volò» al fronte per salvare una vita, quella del generale Luigi Cadorna. Questi, dopo la sconfitta di Caporetto, la sera del 9 novembre 1917, in un momento di ansia e di sconforto, stava per spararsi nella sede del Comando, a Treviso. Ma gli apparve un Frate dallo sguardo dolce, che gli parlò a nome di Dio, gli diede coraggio e poi svanì. L’apparizione del Frate era stata preceduta da un acuto profumo di rose e di viole. Cadorna, dopo la guerra, vide su un giornale l’immagine di Padre Pio e in lui riconobbe il Frate che l’aveva salvato. Nel 1920 andò a San Giovanni Rotondo. Quando, confuso in mezzo alla folla, vide Padre Pio, lo riconobbe, ma non si mosse. Allora il Padre si fece largo, gli si avvicinò e gli disse: «Generale, l’abbiamo passata brutta quella notte». (Luigi Peroni, Padre Pio, 222)


 

 

Mestieri a Napoli al tempo di Padre Pio soldato

  Fruttivendolo con ceste sul marciapiede

  Altro fruttivendolo che vende sulla scalinata

Parrucchiera all'aperto, a Santa Lucia

Pescivendolo in strada, con banco protetto da tendone

  Pescivendolo scalzo ambulante, con paniere e cesta di frutti di mare

Il pescatore ambulante facendo una pennichella

  Pescivendolo con merce su banco in bacinelle, con molti clienti

  Famiglia che vende latte nel cortile, direttamente dal produttore al consumatore

Padre e figlio vendono latte fresco (caldo) e non adulterato a clienti in fila

Famiglia in piazza con vendita su larga scala di ortaggi cotti e crudi

  Venditrice di acqua zuffregna con mummarelle su carretto mobile

Venditore ambulante di merce varia, gridando la qualità della sua mercanzia

  Venditore mobile di ortaggi caricati su un asino

  Maccheronai produttori di pasta di farina integrale, posta ad asciugare sul marciapiede

  Maccheronai produttori di pasta di farina bianca posta ad asciugare

  Proprietari e operai artigiani della pasta

   Artigiani produttori di spaghettoni che mostrano il prodotto finito cucinato e degustato senza forchetta.

                          

 

 

 

 

1918

 

Ti mandiamo a morire a casa: 16 marzo 1918, congedo definitivo
Il 5 marzo 1918, Padre Pio, finita la licenza,  si ripresentò all’Ospedale militare di Napoli. Colto da febbre, fu ricoverato nella Prima Clinica Medica. La febbre arrivava fino a 48 gradi. Sottoposto a visita collegiale, il collegio medico, visto anche l’esito dell’esame dell’espettorato, fece diagnosi di tisi. Gli diedero non più di 15 giorni di vita, e, brutalmente, gli dissero: «Ti rimandiamo a morire a casa».

Il 16 marzo venne esonerato, riformato per broncoalveolite doppia.

Lo stesso giorno scrisse a padre Agostino: «Sono lietissimo della grazia divina che Gesù mi ha accordata col liberarmi dalla milizia completamente. Io partirò questa sera stessa e mi preme di arrivare presto, perché sono pieno di insetti fino ai capelli». (Epistolario I, 1006)

Si recò prima a Pietrelcina, dove, pieno di parassiti, poté finalmente liberarsene. Dopo due giorni, tornò a San Giovanni Rotondo.


San Marco la Catola a metà aprile 1918
Padre Pio uscì ancora una volta da San Giovanni Rotondo, e fu questa l’ultima volta.
A metà di aprile, si doveva riunire il definitorio provinciale a San Marco la Catola, dove padre Benedetto aveva dislocato la sede della Curia.
In quella occasione, padre Benedetto, con lettera datata 8 aprile 1918, lo aveva invitato a venire, desiderando avere con lui un colloquio a quattr’occhi. Nella lettera fra l’altro era scritto: «Checché dica e faccia il tentatore, Dio va attuando in te il suo mirabile fine, che è di completare la tua piena trasfigurazione in Lui. Non credere ai sussurri e alle ombre avverse del nemico e tieni ferma la verità contenuta in questa dichiarazione che fo’ in piena autorità e sicurezza di coscienza». (Epistolario I, 1018)

Si rompe l'autobus il 16 maggio 1918
Padre Pio ubbidì e si recò a San Marco la Catola, dove incontrò anche padre Agostino, cappellano militare che, nella circostanza, ottenne una breve licenza.
Padre Pio si trattenne a San Marco la Catola un mese e rientrò a San Giovanni Rotondo la notte tra il 15 e il 16 maggio.
Durante il viaggio di ritorno, a metà strada tra Foggia e San Giovanni Rotondo, si ruppe una ruota della corriera e il Padre, con tutti gli altri passeggeri, fu costretto a trascorrere la notte in una baracca, in aperta campagna.
Non mancò di scrivere a padre Benedetto per informarlo dell’incidente d’auto: «Mio dovere era di scrivervi e ringraziarvi di tutto appena fui qui di ritorno e se nol feci fu perché rimasi scosso pel doloroso incidente avvenutomi lungo il viaggio da Foggia a qui. A metà strada si guastò l’automobile e per l’impressione provata in sul momento e per il pernottare di tutta l’intera notte in aperta campagna, rimase così alterato il sistema nervoso, che appena adesso comincia a sistemarsi». (Epistolario I, 1025)

Questo fu l’ultimo viaggio di Padre Pio, poiché, arrivato a San Giovanni Rotondo, vi rimase definitivamente fino al giorno della sua morte.
 
Fine del servizio militare
Il servizio militare di Padre Pio, specie quello svolto indossando la divisa militare, fu breve. Trattasi però di una dolorosa esperienza che ci mostra un uomo come tanti altri, avendo fatto di tutto per evitare il fronte.

I periodi di servizio militare da lui prestati comprendono un totale di 147 giorni:
dal 6 novembre al 18 dicembre 1915,
dal 18 dicembre 1916 al 2 gennaio 1917,
dal 19 agosto al 5 novembre 1917 e
dal 6 marzo al 15 marzo 1918.

Se non vengono contati i 43 giorni del primo periodo, durante il quale Padre Pio normalmente alloggiava presso una pensione senza mai indossare la divisa militare, rimangono 104 giorni.
Padre Pio, parlando del suo servizio militare, scherzosamente diceva : «I miei cento giorni».

(Luigi Peroni, Padre Pio, nota 1 di p. 182) (Il dr. Emanuele Giannuzzo, nel sesto capitolo del suo libro "Padre Pio", ha fatto la minuziosa appassionata ricerca di tutto il materiale riguardo al servizio militare di Padre Pio. Pagg. 90-121)

 

Congedo definitivo
      Foglio Matricolare di Francesco Forgione divenuto Padre Pio, incorniciato e consegnato nelle mani di Padre Marciano Morra, dei  Frati Cappuccini di San Giovanni Rotondo il 22 febbraio 2012 dal colonnello Luciano Iannetta, Comandante dell' ex Distretto militare di Caserta.

 

 

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