Il 2 gennaio 1917 Padre Pio, da Napoli, scrisse a padre Benedetto: «Deo 
		gratias! Stamane ho passato la visita ed hanno scritto sulla base: “Infiltrazione 
		polmonare ad ambo gli apici e catarro bronchiale cronico diffusissimo”. 
		Quindi si limitano ad accordarmi sei mesi di convalescenza. Pazienza! 
		meglio questo che nulla. Stasera si spera che mi metteranno in uscita e 
		domattina, a Dio piacendo, andrò a visitare la Madonna a Pompei e, dopo 
		una breve apparizione a Pietrelcina, ritornerò subito in residenza». 
		(Epistolario 
		I, 853) 
		 
		Venne dimesso la sera del 2 gennaio 1917.  
		 
		I medici militari, al momento delle dimissioni, gli dissero che presto 
		gli avrebbero spedito nel comune di residenza la «licenza illimitata in 
		attesa di congedo». Invece, su un foglio consegnatogli prima di uscire 
		dall’ospedale (trattasi forse della «base» di uscita dall’ospedale) era 
		scritto: «licenza di convalescenza di sei mesi. Successivamente 
		attendere ordini». Una situazione equivoca. Padre Pio era «in licenza 
		illimitata», cioè riformato, oppure in «licenza di convalescenza di sei 
		mesi»? E, in quest’ultimo caso, cosa significa «successivamente 
		attendere ordini»? 
		 
		 
		
   
		
		  
		La Stazione Centrale di Napoli in 
		Piazza Garibaldi, ai tempi di Padre Pio 
		 
		 
		Uscito dall’ospedale, Padre Pio si avviò subito verso la stazione, prese 
		il treno e si recò direttamente a Pietrelcina, dove rimase un paio di 
		giorni. Per la precarietà del suo stato di salute, non passò per Pompei, 
		come aveva scritto a padre Benedetto. Venerdì mattina, 5 gennaio, partì 
		per Foggia. Il giorno successivo, 6 gennaio, tornò a San Giovanni 
		Rotondo. Lo stesso giorno inviò una lettera a padre Benedetto facendo 
		presente le proprie perplessità sulla sua posizione: «Ignoro poi se mi 
		abbiano riformato oppure mi abbiano rimandato in licenza di 
		convalescenza. Mi fu detto che mi mandavano in licenza di convalescenza 
		per sei mesi, ma sulla licenza che mi hanno dato non si determina niente 
		e né viene assegnato il tempo quando dovrò ripresentarmi. Si legge, sul 
		foglio che mi venne dato, che mi mandavano in questo comune in licenza 
		straordinaria illimitata, in attesa di foglio di rassegna». (Epistolario 
		I, 857-8) 
		 
		 
		 
		 
		 
		Viaggio a Roma per la sorella 
		Graziella 
		Il viaggio più lungo fatto da Padre Pio nella sua vita fu quando, il 16 maggio 
		1917, Padre Pio, assieme al Provinciale padre Benedetto, si recò 
		a Roma per accompagnare la sorella Grazia, di 22 anni, che, nel 
		monastero delle Brigidine, prese il nome di Suor Pia dell’Addolorata. 
		 
		 
		Il viaggio fino a Roma venne preordinato da padre Benedetto con 
		disposizioni di stile militare impartite a Padre Pio e trascritte in 
		una breve lettera del 10 maggio: «Caro padre Pio, la mattina del 16 
		dovete partire da Benevento con la corsa delle 9,05 e a Caserta scendere 
		prendendo là l’accelerato che parte per Roma alle 10,45. C’incontreremo 
		a Caianello alle 12,45. È l’unico orario possibile per arrivare di 
		giorno a Roma. Attenetevi ad esso impreteribilmente. Conviene che 
		passiate per Foggia dovendo forse rilevare qualche cosa di questo 
		guardiano. Il 14 venite qui; il 15 mattina alle 6,30 (unico treno 
		antimeridiano) ripartirete per Pietrelcina e il 16 scendete a Benevento 
		per proseguire l’itinerario suaccennato». (Epistolario I, 894-5) 
		 
		Roma fu la città più distante raggiunta da Padre Pio durante la sua vita. A 
		Roma si trattenne fino al 23 maggio e ne approfittò per ammirare palazzi 
		e monumenti e per visitare soprattutto le Catacombe, e sostando a lungo in 
		preghiera sulla tomba di San Pietro. 
		 
		 
		
		   Convento 
		delle <brigidine in Roma, in Piazza Farnese 
   Suor 
		Pia dell'Addolorata, delle suore brigidine, al secolo Graziella Forgione, 
		sorella di Padre Pio    
   
		Suor Pia, in visita al padre, Grazio Forgione, a casa di Mary Pyle, dove 
		lui passò gli ultimi anni della sua vita.
		  
		 
		 
		 
		Pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo 
		Scaduti i 6 mesi di licenza, il 30 giugno 1917 Padre Pio partì per Napoli e 
		rientrò al Corpo. In quella data, nel foglio matricolare trovasi 
		scritto: «Rientrato al Corpo». Ma, non si sa perché, non venne 
		trattenuto. E Padre Pio rientrò a San Giovanni Rotondo «in attesa di 
		ordini».  
		Il primo luglio si recò in pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo, nel 
		Santuario di San Michele, per venerare l’Arcangelo nella Grotta 
		dell’apparizione. Vi si recò sopra un carretto scoperto secondo le usanze del tempo. Il carretto fu messo a disposizione da Nicola Perrotti. 
		La comitiva, oltre che da Padre Pio, era composta da padre Paolino e da 
		quattordici fratini. Era anche presente Rachelina Russo. Si erano 
		avviati alle ore tre e dovevano affrontare un percorso di 26 chilometri. 
		Padre Pio fece il primo tratto di strada a piedi, ma poi, stanco e 
		sofferente, salì sul carretto. La notte, nonostante il periodo estivo, 
		vi fu un freddo intenso e il Padre ne soffrì molto. Si riebbe al mattino, 
		solo quando spuntò il sole. Celebrò la Messa all’altare del Santuario, 
		nella Grotta dell’apparizione. Il pellegrinaggio si concluse dopo la 
		celebrazione della Santa Messa, un ultimo saluto all’Arcangelo e una 
		visita ad una benefattrice (Peroni, Padre Pio, 210-1) (Preziuso, 
		106-10) 
		 
		
		    
		
		    
		
		  
		
		  
		
		    
 Il Tempio di San Michele Arcangelo a 
		Monte Sant'Angelo 
		 
		 
		"Disertore" 
		Il 18 agosto 1917, Padre Pio, avendo ricevuto l’ordine di rientrare al Corpo 
		di appartenenza per il servizio militare, scrisse a padre Benedetto che 
		sarebbe partito il giorno dopo per Napoli perché era «stato richiamato 
		per la milizia telegraficamente». (Epistolario I, 930) 
		 
		Quel giorno stesso, il maresciallo dei 
		carabinieri di San Giovanni Rotondo era alla ricerca di un soldato di 
		nome Francesco Forgione, sul quale pendeva la minaccia di una condanna 
		per diserzione non essendosi presentato al Corpo allo scadere della 
		licenza. E Padre Pio gli disse: «Ma Francesco Forgione sono io». Il maresciallo, stupito, chiese il motivo del suo comportamento. 
		E Padre 
		Pio rispose: «Sul foglio c’è scritto “attendere ordini” e l’ordine solo oggi è arrivato!».
		 
		 
		La mattina del giorno seguente, 19 agosto, Padre Pio partì per 
		Napoli e si presentò al Corpo, dove venne scagionato da ogni 
		imputazione avendo mostrato il foglio di licenza nel quale era scritto 
		che era «in licenza straordinaria illimitata, in attesa di foglio di 
		rassegna».  
		Il giorno dopo, 20 agosto, presso l’Ospedale militare della 
		Trinità venne sottoposto a visita medica. (Peroni, Padre Pio, 217-8) 
		 
		 
		Ospedale Militare di Napoli 
		Il 26 agosto 1917 Padre Pio scrisse a 
		padre Benedetto: «Ieri mattina sono stato visitato due volte, da un 
		capitano e da un maggiore e tutti e due 
		confermano la diagnosi fatta dagli altri.hanno qualificato la malattia per quella che a voi è nota, cioè per 
		infiltrazione degli apici polmonari. Tutti e due mi mandano in 
		osservazione per visita superiore». (Epistolario I, 931) 
		 
		 
		Prima Clinica Medica dell'Università di 
		Napoli 
		Cinque giorni dopo, il 26 agosto, 
		scrisse un’altra lettera a padre Benedetto: «Ieri mattina sono stato 
		visitato due volte, da un capitano e da un maggiore, e tutti e due 
		confermarono la diagnosi fatta dagli altri. Mi fecero la base e mi 
		mandarono per altre osservazioni nella prima clinica medica, dove vi 
		passai ieri sera. Qui se ne passeranno almeno un’altra decina di giorni... 
		Spero che tutto finirà bene». Durante il ricovero nella Clinica medica, 
		ciò che gli provocava maggior sconforto era il fatto di non potere 
		celebrare Messa, come si legge nella stessa lettera: «Sono estremamente 
		sconfortato per l’unica ragione che qui non si può celebrare, perché 
		manca la cap-pella, e fuori non ci è permesso di uscire. Che desolazione! 
		Piaccia a Dio cavarmi presto da questo tenebroso carcere». (Epistolario 
		I, 931-2) 
   
		Prima Clinica Medica dell'Università 
		di Napoli 
		Nella Clinica medica Padre Pio rimase ricoverato fino al 4 settembre, 
		giorno in cui, dopo una visita medica molto superficiale, fu giudicato «idoneo 
		ai servizi interni». Essendo l’idoneità limitata ai servizi sedentari, 
		il Padre venne assegnato alla decima Compagnia di Sanità e aggregato al 
		quarto plotone, di stanza nella Caserma Sales di Napoli. Quello stesso 
		giorno del 4 settembre Padre Pio, deluso e amareggiato, scrisse a padre 
		Benedetto: «Tutto è andato bene pel passato..., ma non così l’ultima 
		visita subita questa mattina dal colonnello, la quale visita si è 
		ridotta ad un semplice sguardo, molto stanco, che ha gettato sul mio 
		volto, senza altra osservazione. Egli dunque sentenzia col condannarmi 
		“idoneo ai servizi interni”... Eppure avrei voluto farvi sentire la 
		diagnosi uscitami dall’osservazione della Prima Clinica. Tutto il mio 
		corpo è un corpo patologico. Catarro bronchiale diffuso, aspetto 
		scheletrito, nutrizione meschina e tutto il resto. Mio Dio! quante 
		ingiustizie che si commettono». Un’altra lettera, con la stessa data 
		e dal contenuto identico, venne inviata da Padre Pio anche a padre 
		Agostino.  
		 
		 
		In divisa militare nella Caserma Sales 
		Trasferito immediatamente nella Caserma Sales, dovette, 
		lacrimando, togliersi il saio per indossare, per la prima volta, la 
		divisa militare. In quella caserma il Padre provò tanto disgusto per le 
		oscenità cui dovette assistere. Faceva da tappabuchi, il piantone, il 
		facchino, lo spazzino. Un giorno, mentre puliva le latrine, gli ridevano 
		dietro, deriso e umiliato.  
		Padre Pio quindi non poté evitare il servizio militare, ma non aveva mai 
		smesso di chiedere raccomandazioni per evitare almeno di finire al 
		fronte. Aveva da poco indossato la divisa militare e proprio in quei 
		giorni la Commissione Medica Militare lo aveva incluso nel contingente 
		sanitario da inviare al fronte. Ma, grazie all’interessamento di 
		autorevoli amici, fu sottoposto ad una nuova visita medica, riuscendo 
		così a far commutare da provvisoria a definitiva la sua posizione di 
		idoneità ai servizi sedentari. (Peroni, Padre Pio, 219) 
		 
		Il suo stato di salute continuava a peggiorare e il suo aspetto 
		appariva sempre più sofferente. Un giorno fu mandato alla stazione per prelevare dei soldati malati. Giunti in caserma, il capitano, nel fare 
		la rassegna, disse di averne contati tredici. E Padre Pio: «Signor 
		capitano, sono dodici». E il capitano: «E voi, che siete? Sano o malato? 
		Non siete forse il più malato di tutti?». (Renzo Allegri, 150) 
		 
		Padre Pio, sempre più depresso nel morale, era ormai convinto che non si 
		poteva ottenere niente senza raccomandazioni. Il 10 settembre scrisse a 
		padre Agostino pregandolo di rivolgersi a donna Giovina «affinché mi 
		facesse raccomandare presso questi carnefici di superiori da un loro 
		parente residente qui in Napoli e che deve coprire una carica 
		altissima». (Epistolario I, 941) 
		Qualche giorno dopo, il 14 settembre, scrisse anche alle 
		sorelle Ventrella, informandole fra l’altro di essersi già rivolto al 
		professore che loro gli avevano consigliato: «Speriamo che la venuta del 
		professore faccia diradare queste dense nuvole che circondano il cielo 
		dell’anima mia. Io, appena ebbi la vostra lettera, in cui mi 
		consigliavate di scrivere anch’io al professore per raccomandargli la 
		mia causa, gli scrissi subito esponendogli a nudo i miei bisogni». (Epistolario 
		III, 560) 
		 
		In quei giorni Padre Pio scrisse anche ad un’altra figlia spirituale, Assunta Di 
		Tomaso: «Questa prova è affatto superiore alle mie forze e sento che la 
		vita mi si è arrestata. Supplica, scongiura ed importuna pure il divin 
		Cuore e la Vergine benedetta, affinché allontanino presto questa prova 
		da me, oppure me la mutino in un’altra, anche raddoppiata, ma là 
		all’ombra del sacro chiostro». (Epistolario III, 425-6) 
		 
		Sono lettere con le quali Padre Pio 
		mostra una acuta sofferenza fisica e uno stato d’animo pieno d’angoscia. 
		Particolarmente drammatica la lettera da lui inviata, sempre nello 
		stesso mese di settembre, a padre Benedetto: «È inutile dirvi come mi sento nel fisico, mi sento molto accasciato e, se Gesù non mi sosterrà e 
		non mi verrà in aiuto, dovrò soccombere certissimamente. Mi 
		dispiacerebbe oltremodo uscire da questo mondo non dal chiostro ma per 
		la caserma, con questi stracci maledetti. Il solo pensarci mi fa 
		rabbrividire e mi gitta in una mortale tristezza». (Epistolario I, 942) 
		 
		
  
		
		
		
		 
		
 
		
		
		  
		     
		  
		
		
		 
		Padre Pio in uniforme militare è l'ultimo in basso a destra nella foto 
		ufficiale 
		 
		 
		Ospedale della Trinità 
		Peggiorando lo stato di salute del Padre, il capitano medico 
		Giannattasio, ai primi di ottobre, dopo averlo visitato, dispose di 
		inviarlo presso l’Ospedale militare della Trinità, dove fu ricoverato 
		nel reparto misto (letto n. 53), diretto dal capitano Pizzini. Padre Pio 
		ne diede notizia a padre Benedetto e a padre Agostino. A padre Agostino 
		scrisse: «Da tre giorni mi trovo in questo Ospedale della Trinità, 
		mandatovi dal capitano medico del mio plotone per essere curato. La mia 
		malattia era giunta al punto di non plus ultra e per questo decise 
		finalmente di mandarmi qui». (Epistolario I, 951) 
		 
		E qui ricevette la visita di papà Grazio 
		e di molti suoi confratelli militari. Qui gli venne concesso di uscire 
		dall’Ospedale per celebrare la Messa. E fu qui che ricevette, il 24 e 
		il 25 ottobre, la visita di padre Benedetto. Così Padre Pio ne dette notizia 
		a padre Agostino con lettera del 29 ottobre: «Mercoledì e Giovedì fui 
		allietato dalla presenza del Padre provinciale. Oh quanto è buono Gesù! 
		che anche nel dolore non lascia i suoi figli senza conforto». Ma vi fu 
		anche qualche episodio increscioso, come quello di una suora in 
		servizio che pretese che Padre Pio, nonostante la febbre, spaccasse 
		legna. Ne fu dispensato grazie all’intervento di un ufficiale.  
		Finalmente, il 3 novembre 1917, dopo la visita di un colonnello medico, gli 
		fu accordata una licenza di 4 mesi. Lo stesso giorno, scrivendo a padre 
		Agostino, commentò: «È poco, è vero, per le mie condizioni, ma, per i 
		tempi che corrono, possiamo e dobbiamo contentarci e magnificare il 
		Signore». (Epistolario I, 958) 
		 
		Prima di lasciare l’ospedale, Padre Pio firmò una dichiarazione con la 
		quale si impegnava a rientrare a San Giovanni Rotondo entro 8 giorni dal 
		6 novembre, giorno di inizio della licenza, e a consegnare ai 
		carabinieri di quel Comune la divisa militare. Infine, ritirato presso 
		la Caserma Sales una lira di trasferta e il biglietto ferroviario 
		Napoli - Benevento, si avviò alla stazione.  
		 
		 
		L'ombrellino di carta. 
		Lungo il tragitto verso la stazione, Padre Pio fece 
		un’esperienza che egli stesso poi racconterà così ad un gruppo di 
		confratelli e di figli spirituali:  
		 «Uscito dall’Ospedale, attraversai una piazza in cui si teneva un 
		mercato... Chi suona, chi canta, chi vende... Incuriosito, ma anche per 
		distrarmi un poco, mi soffermai ad osservare ciò che vendevano. Quando 
		ripresi la strada che portava alla stazione, mi si avvicinò un uomo che 
		vendeva ombrellini di carta. Prezzo base lira 1, ma poi finiva col 
		cederli per 40 o 50 centesimi. Io subito pensai: “Andando a casa vorrei 
		portare qualcosa ai nipotini”. Decisi di prendere dei ricordini, ma, 
		poiché ero possessore di una sola lira, dissi tra me: “Se la spendo, 
		come faccio ad arrivare a Pietrelcina?”. Mi rimisi in cammino... Giunto 
		allo sportello della biglietteria, feci vidimare lo scontrino da 
		viaggio. Mentre mi avviavo al lato partenze, un altro uomo che vendeva 
		ombrellini cominciò a dirmi: “Capura’, capurà, accattateve i ‘mbrellini”... 
		Io non gli davo retta, ma lui continuava a camminare a fianco a me... 
		Visto che quel povero uomo si affannava a seguirmi, mi girai e dissi: 
		“Oh! Uagliò, nun voglio niente...”. Testardo e pedante come tanti 
		venditori ambulanti, ricominciò: “Capurà’, tengo e figli, fatemi 
		guadagnà qualche cosa. Pigliatevi ‘o ‘mbrellino” e, porgendomelo, disse: 
		“Per carità, prendetelo, portate un ricordo ai vostri cari”. A tali 
		parole io proposi: “A cinquanta centesimi mo vulite da’?”. Intanto 
		veniva fischiata la partenza. Pronto, salii sul treno. Affacciato al 
		finestrino e guardando quel poveretto che aveva sprecato tanto fiato 
		per vendere un ombrellino e portare il pane ai figli suoi, presi 50 
		centesimi e l’ombrellino che per forza m’aveva messo tra le mani e dissi: 
		“Va’, prendi tutto e che Iddio ti benedica”. Felicissimo, mi salutò e 
		andò via." (Giannuzzo, Padre Pio, 117) 
		 
		Il caffè nella stazione di Benevento 
		Ero stanco e febbricitante... Il treno giunse a Benevento con molto 
		ritardo. Appena sceso, mi precipitai fuori dalla stazione, ma la 
		corriera per Pietrelcina era già partita. Dovetti purtroppo pernottare a 
		Benevento... Cercai un posto nella sala d’aspetto, ma, ahimè, era 
		affollatissima. Intanto la febbre aumentava ed io non avevo la forza di 
		stare in piedi... Non potendone più, mi decisi ad entrare nel buffet. I 
		tavoli erano tutti occupati. Attesi con ansia che qualcuno si alzasse 
		per andar via... Grazie a Dio, in un angolo del buffet si resero liberi 
		due tavolini. Mi accomodai in un cantuccio nella speranza di non essere 
		notato dal cameriere. Ero seduto da qualche minuto quando entrarono un 
		ufficiale e due sottufficiali, prendendo posto proprio al tavolino 
		vicino al mio. Subito si avvicinò il cameriere... Fui costretto a 
		chiedere un caffè... Subito dopo l’ufficiale e i due sottufficiali 
		pagarono e andarono via... Finalmente giunse orario della corriera. Mi 
		alzai, presi il coraggio a due mani e mi avvicinai al banco per pagare. 
		Il cameriere gentilmente mi rispose: “Grazie, militare, tutto è pagato”. 
		Siccome il cameriere era anziano pensai: “Forse mi conosce e vuole 
		usarmi questa cortesia”. Un altro pensiero mi diceva invece: “L’avrà 
		pagato l’ufficiale”....  (Gennaro Preziuso, 106-110) (Giannuzzo, 
		Padre Pio, 117) 
		 
		 
		Il biglietto dell'autobus per 
		Pietrelcina 
		Trovai al solito posto la corriera in partenza per Pietrelcina... Il 
		prezzo era di lire 1,80. Come avrei fatto con soli cinquanta centesimi? 
		Affidan-domi alla volontà di Dio, salii sulla corriera e presi posto in 
		uno degli ultimi sedili per avere l’opportunità di parlare con il 
		fattorino e pagargli l’importo del biglietto all’arrivo... A fianco a me 
		prese posto un uomo piuttosto grande, di bell’aspetto... L’autobus, 
		intanto, era partito ed il fattorino... man mano si avvicinava a me... 
		Non avevo ancora aperto bocca quando mi sentii dire: “Militare, il 
		vostro biglietto per Pietrelcina è già stato pagato”. Era il fattorino 
		che me lo porgeva....  
		A Pietrelcina, parecchi viaggiatori scesero e, prima di me, scese l’uomo 
		che mi stava vicino. Appresso a lui scesi anch’io e, giratomi per 
		salutarlo e ringraziarlo, non lo vidi più. Era sparito come per incanto!.. 
		I miei non erano alla corriera perché non sapevano del mio arrivo».  
		(Gennaro Preziuso, 106-110) (Giannuzzo, Padre Pio, 117-8) 
		  
		A casa in Pietrelcina 
		A Pietrelcina, ricevette la visita di parenti ed amici, che vollero 
		vederlo vestito da militare. Padre Pio, per farli contenti, indossò 
		l’uniforme dicendo: «Ora avete visto il pagliaccio!». L’11 novembre 
		partì da Pietrelcina col primo treno. Arrivato a Foggia, prese la 
		coincidenza per Lucera con l’intento di recarsi a San Marco la Catola e 
		fare una visita a padre Benedetto. Però a Lucera non trovò posto nella 
		corriera per San Marco la Catola. Saputo che neanche il giorno dopo 
		avrebbe trovato posto, attese alcune ore l’ultimo treno per Foggia. Da 
		Foggia partì per San Giovanni Rotondo, dove giunse il 12 novembre e dove 
		provvide subito a consegnare ai carabinieri la divisa militare. Trovò il 
		convento quasi vuoto, essendo molti religiosi sotto le armi. (Gennaro 
		Preziuso, 110) (Giannuzzo, Padre Pio 118) 
		  
		 
		Il Generale Cadorna 
		Qualche giorno prima che arrivasse a San Giovanni Rotondo, accadde un 
		episodio straordinario. Padre Pio, in bilocazione, «volò» al fronte per salvare una 
		vita, quella del generale Luigi Cadorna. Questi, dopo la sconfitta di 
		Caporetto, la sera del 9 novembre 1917, in un momento di ansia e di 
		sconforto, stava per spararsi nella sede del Comando, a Treviso. Ma gli 
		apparve un Frate dallo sguardo dolce, che gli parlò a nome di Dio, gli 
		diede coraggio e poi svanì. L’apparizione del Frate era stata preceduta 
		da un acuto profumo di rose e di viole. Cadorna, dopo la guerra, vide su 
		un giornale l’immagine di Padre Pio e in lui riconobbe il Frate che 
		l’aveva salvato. Nel 1920 andò a San Giovanni Rotondo. Quando, confuso 
		in mezzo alla folla, vide Padre Pio, lo riconobbe, ma non si mosse. 
		Allora il Padre si fece largo, gli si avvicinò e gli disse: «Generale, 
		l’abbiamo passata brutta quella notte». (Luigi Peroni, Padre Pio, 222) 
		 
		 
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